Considerazioni dopo la sentenza del Tpj.

Riceviamo e pubblichiamo.

DOPO MILAN MARTIC ?

 

Un Tribunale Internazionale di Giustizia può avere ancora credibilità? Le sentenze che esso emette sono espressione massima del Diritto o divengono un semplice strumento di vendetta partigiana?

 

All’Aja, il Tribunale Internazionale per la Jugoslavia (Tpj) ha condannato di recente Milan Martic a 35 anni di reclusione.

Come presidente della repubblica secessionista della Krajina, egli ordinò, nel 1995, per ritorsione, il bombardamento di Zagabria, nel quale vi morirono sette civili croati.

 

Nell’immediata reazione di Zagabria furono uccisi migliaia di civili serbi, travolti dall’operazione “Tempesta”. Nessuno è stato condannato per questo crimine, che passa addirittura per “atto eroico di liberazione nazionale”.

 

Un anno dopo, nel 1996, sempre per ritorsione, il premio Nobel per la pace ed attuale Presidente dello Stato d’Israele, Shimon Peres, ordinò il bombardamento del villaggio libanese di Qana. Sotto le bombe israeliane al fosforo, morirono trucidati più di cento civili libanesi che avevano cercato scampo nella sede dell’ONU, oltre a quattro militari ghanesi dell’UNIFIL.

 

Il mondo cancellò subito dalla propria memoria l’immagine della prima strage di Qana. Nessuno venne inquisito e ancor meno giudicato colpevole di crimini contro l’umanità.

 

Saddam Hussein, di recente, è stato condannato alla forca e “giustiziato” da un tribunale iracheno, fortemente voluto e sostenuto dagli Stati uniti, perché ritenuto responsabile della strage di più di mille kurdi iracheni, morti nel 1988 a seguito dei bombardamenti con armi chimiche dei villaggi della provincia di Suleymania.

 

Ma nel 1990, all’inizio della prima invasione dell’Iraq, più di 10.000 civili iracheni, in fuga disperata verso il Kuwait per scampare alla “Tempesta” scatenata da Bush “senior”, rimasero carbonizzati nelle carcasse delle loro auto, tra  camion ed ogni altro tipo di mezzo di trasporto, colpiti dalle bombe incendiarie sganciate dagli aerei statunitensi.

 

Nessun Tribunale di Giustizia Internazionale mise sotto processo il presidente americano per crimini nei confronti dell’umanità.

 

Lo stesso si è ripetuto con il presidente Bush “junior”, al quale si devono centinaia di migliaia di civili afghani e iracheni assassinati, torturati, illegalmente detenuti; la violazione sistematica di qualsiasi Diritto, nella pretesa assurda di un’impunità assoluta.

 

Che dire poi di Sharon e, prima di lui, di Pinochet?

 

Nel loro caso, gli organi di giustizia di alcuni paesi europei vennero addirittura beffati o umiliati da minacce e ricatti. Si giunse perfino alla modifica della legge costituzionale per impedire ogni possibilità di una loro incriminazione e di una loro condanna per i gravissimi crimini dei quali si erano macchiati.

 

Nell’estate dello scorso anno, 2006, i bombardamenti israeliani delle città e dei villaggi del Libano causarono circa 1.500 morti tra la popolazione civile, diverse decine di migliaia di feriti e di invalidi, centinaia di migliaia di senzatetto. Venne distrutta l’infrastruttura economica-produttiva del paese dei cedri, devastato il territorio, disperdendo in esso centinaia di migliaia di pericolosissime bombe cluster.

 

Contemporaneamente alle operazioni in Libano “per una giusta ricompensa”, nella Strisca di Gaza la macchina militare israeliana portò avanti l’operazione “pioggia estiva”, massacrando una popolazione palestinese già prigioniera, impoverita e priva di appoggio internazionale e usando in via sperimentale nuove armi a drammatici effetti letali.

 

Orbene, se Milan Martic è stato condannato a 35 anni di reclusione, quale pena dovrebbero scontare i responsabili israeliani per gli innumerevoli crimini compiuti contro l’umanità?

 

Di contro, possiamo constatare che, invece di sottoporre al giudizio di una corte di giustizia internazionale l’operato criminale dei vari Olmert, Peretz, Halun, Mofaz, ecc…, le istituzioni delle Nazioni Unite si sono impegnate con tutte le loro forze ad espropriare il Libano della propria autonomia giudiziaria, imponendo l’applicazione dell’Articolo 7, il cui compito non sarà quello di individuare le reali responsabilità nell’uccisione di Rafik Hariri, bensì servirà ad estendere a tutto il Medio Oriente la logica del “Caos assoluto”, strumento della politica statunitense per il domino incontrastato dell’area.

 

Come già nell’estate del 2006, anche ora sia il Libano che la Striscia di Gaza stanno venendo trascinate a forza in una sanguinosa ed assurda guerra interna per procura, ove la lista delle distruzioni e delle vittime si sta allungando drammaticamente di giorno in giorno.

 

Mentre i vari Abu Mazen, Dahlan, Seniora, Geagea, Hariri, Jumblat si muovono come marionette protette dall’immunità garantita dai potenti della terra, questi continuano ad operare nell’ombra, in attesa di veder realizzati i loro progetti da lungo preparati.

 

Alla fine, se ad essa si giungerà, solo gli sconfitti saranno portati davanti al banco degli imputati, mai lo saranno i criminali vincenti!

 

 

mariano mingarelli

firenze

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