Corsa contro il tempo: attivisti lanciano campagna con l’hashtag #AirDropAidForGaza per salvare il nord di Gaza

Amman – Quds News. Quando il tempo stringe per salvare la vita di 600 mila – 800 mila civili palestinesi innocenti alle prese con una crescente carestia nel nord di Gaza, una delegazione di operatori umanitari britannici è arrivata in Giordania per promuovere una petizione cruciale: #AirDropAidForGaza.

L’urgenza della loro missione deriva dalla situazione catastrofica che si sta verificando nel nord di Gaza, dove un rigido assedio militare israeliano ha portato a una carestia in atto, spingendo la popolazione rimanente della regione devastata dalla guerra sull’orlo della fame.

Sarah Wilkinson, un’attivista di base britannica che guida la delegazione, ha dichiarato che si sono recati nel Regno giordano con una missione unica: mobilitare il sostegno per una petizione che chiede ai Paesi vicini alla Palestina, tra cui la Giordania, di inviare alla regione le forniture alimentari disperatamente necessarie.

In un’intervista esclusiva con Quds News, Wilkinson ha espresso la natura critica della loro causa, affermando: “Stiamo chiedendo di salvare le vite dei circa 700 mila palestinesi bloccati nel nord di Gaza che stanno morendo di fame. Non abbiamo più tempo e chiediamo una consegna di cibo nel nord di Gaza”.

La delegazione sostiene che il tempo è essenziale, sottolineando che anche un cessate il fuoco permanente non sarà sufficiente a scongiurare la catastrofe incombente. Le notizie provenienti dalla regione indicano che la gente sta ricorrendo all’acqua di mare e all’acqua salata, con conseguente diffusione di malattie ed epidemie.

Wilkinson ha sottolineato: “Anche se ci sarà un cessate il fuoco e non ci saranno più bombardamenti, la gente morirà a causa di queste malattie. Non ci sono medicine e non c’è nessuno che le somministri”.

Il principale ostacolo alla consegna degli aiuti è l’assedio militare israeliano, aggravato dalla distruzione delle infrastrutture, comprese le strade principali, da parte degli attacchi aerei israeliani. I camion che trasportano le forniture essenziali non possono raggiungere il nord di Gaza, lasciando la popolazione senza accesso a cibo e assistenza medica.

“Non ci sono strade, né infrastrutture, e l’unico modo per inviare cibo è il lancio aereo”, ha spiegato Wilkinson.

La campagna #AirDropAidForGaza non cerca donazioni in denaro ma firme sulla petizione, ritenendo che la forza della loro causa risieda nella volontà collettiva della gente.

Wilkinson ha dichiarato: “Non chiediamo soldi, non chiediamo donazioni, chiediamo solo alle persone di firmare la petizione. E per il potere della gente, più nomi aggiungiamo alla campagna #AirDropAidForGaza, più potente è la dimostrazione che questo è ciò che la gente vuole”.

Durante la loro permanenza in Giordania, gli attivisti hanno trovato un notevole sostegno, ma sottolineano la necessità di un movimento globale. Wilkinson ha esortato: “Tutti devono arrivare al confine, non solo le persone in Giordania. La Giordania ha preso l’iniziativa, ma tutti dovrebbero andare al confine [di Gaza] da ogni Paese, molto velocemente […]”.

Leila Hatoum, una giornalista libanese che si è unita alla delegazione britannica in Giordania, ha spiegato: “Abbiamo iniziato in Giordania non solo perché era il Paese più vicino [alla Palestina], ma perché la Giordania è stato il primo Paese a consegnare cibo a Gaza. Finora la Giordania ha effettuato nove lanci umanitari su Gaza, di cui due nel nord e sette nel sud. Questi lanci comprendevano anche aiuti medici”.

Sottolineando i vantaggi logistici dei lanci aerei, Hatoum ha spiegato: “I lanci aerei sono migliori e molto più facili rispetto all’invio di aiuti attraverso i valichi di frontiera di Rafah e Karm Abu Salem, poiché i camion che trasportano gli aiuti di solito impiegano mesi per entrare a Gaza attraverso questi mezzi ordinari”.

Shameem Suleiman, un attivista britannico anch’egli parte della delegazione, ha fatto luce sulla mancanza di consapevolezza nel Regno Unito riguardo alla terribile situazione di Gaza.

“La gente nel Regno Unito non è consapevole di questo [la carestia a Gaza]. I mass media come Sky News, BBC, non ne parlano”, ha lamentato.

Suleiman ha sottolineato la complessità della distribuzione degli aiuti, rivelando che i mezzi tradizionali sono ostacolati dalle restrizioni israeliane, affermando: “Nei mezzi tradizionali, sono gli israeliani che controllano tutto prima di poter entrare a Gaza, e sono loro a decidere cosa permettere e cosa non permettere. Pertanto, il lancio aereo è ora l’opzione più praticabile e fattibile”.

A quasi 4 mesi dall’inizio dell’implacabile guerra di genocidio israeliana contro la Striscia di Gaza, i residenti della regione settentrionale sono sull’orlo di una vera e propria carestia. Coloro che sono sopravvissuti all’indiscriminato bombardamento israeliano ora affrontano la minaccia di morte non per le bombe ma per la fame, come affermato da Ismail Thawabteh, direttore generale dell’Ufficio governativo per i media a Gaza.

I segni della carestia sono emersi quando i prodotti in scatola, su cui i gazesi facevano affidamento per il sostentamento dall’inizio dell’aggressione, sono scomparsi dai mercati. In seguito è sparita anche la farina di grano, spingendo i palestinesi a ricorrere alla macinazione di mais e orzo destinati all’alimentazione animale.