Dal nostro corrispondente.
Mohammad Dahlan, membro del Consiglio legislativo, responsabile dellapparato di sicurezza, ex ministro dellinterno, ha dichiarato che il referendum proposto dal presidente Mahmoud Abbas è lunica strada per evitare una guerra civile, conflitti allinterno della Palestina e per uscire dalla crisi politica che sta colpendo il popolo.
Ha sottolineato che nessun movimento può permettersi di criticare liniziativa dei prigionieri senza offrire in cambio unalternativa praticabile e reale per uscire dalla crisi politica.
In un incontro con i giornalist, avvenuto lunedì 29 maggio, a Gaza, ha dichiarato che Al-Fatah non permetterà a nessuno di incutere paura ai palestinesi attraverso i gruppi armati.
La forza di sostegno
Dahlan ha sottolineato che il ministro dellInterno non aveva bisogno di formare una nuova forza di sicurezza avendo a disposizione lapparato di polizia di cui è responsabile e su cui il presidente Abu Mazen gli ha conferito lincarico.Il nuovo corpo non sarà mai accettato da Al-Fatah.
Dahlan ha chiesto il ritiro della forza di sostegno dalle strade della Striscia di Gaza, affermando che non è possibile curare il disordine aumentandolo, perché il dialogo deve essere intrapreso con la forza della ragione e non con la logica della forza – che porterà solo disgrazie al popolo palestinese. E ha aggiunto che il ministro dellInterno ha sbagliato a cercare di risolvere la crisi prodotta dal caos e dalla mancanza di sicurezza attraverso il dispiegamento di quelle forze per le strade, perché il clima è peggiorato, ma che lui stesso e i membri di Al-Fatah appoggeranno il ministro se applicherà la legge e metterà in pratica le sue competenze. E nel caso in cui qualcuno disobbedisca ai suoi ordini, aiuteranno il ministro ad allontanarlo o a licenziarlo, in accordo con il presidente Abu Mazen.
Secondo Dahlan, il ministro dellInterno deve sedersi al tavolo degli organi di sicurezza e discutere con loro delle necessità e dei problemi, prima di chiedere loro di fare il proprio dovere. Il governo prende 30 milioni di dollari dalle tasse ed è suo dovere spiegare in che modo vengono spesi.
Il dialogo nazionale
Dahlan ha dichiarato che i dirigenti nelle prigioni che hanno firmato il documento hanno dimostrato una maggiore maturità rispetto agli attuali leader.
E ha sottolineato la necessità di arrivare a un accordo che garantisca un programma politico unitario e una linea che sostenga il punto di vista palestinese ma che, allo stesso tempo, faccia breccia allinterno della comunità regionale e internazionale, e che permetta di formare un governo di unità nazionale con un programma congiunto.
E ha precisato che linvito di Abu Mazen è molto serio: il presidente ha dato ordini ai comitati di dialogo di Al-Fatah di essere aperti ai loro omologhi per arrivare a un accordo entro il termine stabilito, perché non è possibile continuareallinfinito.
Al-Fatah e Hamas
Dahlan ha chiesto al governo palestinese di inventare nuove strategie e soluzioni per la crisi che sta colpendo il popolo palestinese, invece di limitarsi a rifiutare tutto. E ha aggiunto che la situazione interna versa in un grave pericolo se non si arriva a una visione unitaria tra Hamas e Al-Fatah, e che è necessario sforzarsi per sanare il fronte interno e formare un programma unitario.
Hamas e Fatah, ha sottolineato Dahlan, devono dar vita a una base comune diretta a costruire una nuova unità: solo allora sarà possibile discutere della formazione di un organismo di sicurezza per tutta la Palestina un organismo che non appartiene a un movimento solo ma alla patria.
Ha poi concluso che la carta politica palestinese richiede la convivenza tra Al-Fatah e Hamas ed è necessaria per le regole della piazza palestinese e la convivenza comune.
Ha attirato lattenzione che linizio di qualsiasi trattative con Israele richiede prima di tutto di rimettere ordine nelle file interne e far riuscire il dialogo che si possa realizzare i risultati attesi.
Non crede Dahlan che lincontro Mubarak Olmert la domenica prossima a Sharm Al-Shaikh dia risultati positivi, considerando perché noi internamente non siamo pronti per iniziare il dialogo con la parte israeliana.