Due israeliani accusati dell’incendio doloso contro la famiglia Dawabsha

341710CGerusalemme-Ma’an. Sono due gli israeliani accusati del mortale incendio che ha ucciso tre membri della famiglia palestinese Dawabsha, la scorsa estate nella Cisgiordania occupata.

Il portavoce della polizia israeliana Luba al-Samri ha annunciato in una dichiarazione che le indagini congiunte della polizia, dello Shin Bet e dell’ufficio del procuratore distrettuale sono giunte ad una conclusione, portando alla formulazione di un’accusa contro Amiram Ben-Uliel e un minore.

Ben-Uliel, 21enne di Gerusalemme, è accusato del triplice omicidio, mentre il minorenne di complicità, come riporta il quotidiano israeliano Haaretz.

Al-Samri ha dichiarato che decine di sospettati, inclusi minorenni, sono stati arrestati durante le indagini. Le informazioni raccolte dagli interrogatori sono state utilizzate come prova per ricollegare i numerosi sospetti della polizia ai cosiddetti attacchi “price tag” degli ultimi anni.

Yinon Reuvien è accusato, insieme a numerosi minorenni, di aver incendiato la Basilica della Dormizione di Maria, a Gerusalemme, un taxi palestinese nel villaggio di Yasuf a sud di Nablus, così come di un negozio di mangimi ad Aqraba, sempre a sud di Nablus.

Numerosi minorenni israeliani sono stati incriminati per aver incendiato automobili a Beit Safafa, in due attacchi separati, e di aver colpito un pastore palestinese vicino all’insediamento abusivo di Kochav Shahar, ha dichiarato il portavoce della polizia.

“Tutte le accuse includono una motivazione razziale” ha detto.

Al-Samri ha aggiunto che tutti gli atti d’accusa, inclusa la cancellazione di un’ordinanza-bavaglio ancora in vigore per quanto riguarda i dettagli del caso, sono stati presentati alla corte centrale a Lod.

Il portavoce ha confermato che una simulazione dell’incendio doloso è stata fatta sulla scena del crimine, nel villaggio palestinese di Duma, come parte delle indagini.

Al-Samri ha anche detto che alcuni sospettati sono stati interrogati nel dubbio che abbiano “ostacolato il corso delle indagini e nascosto informazioni”.

Le accuse contro l’organizzazione terroristica israeliana arrivano dopo circa cinque mesi dall’incendio che ha distrutto la casa della famiglia Dawabsha, uccidendo all’istante Ali Saad, 18 mesi.

I genitori del bambino, Riham e Saad, sono morti in seguito per le numerose ustioni riportate, lasciando il figlio Ahmad di 4 anni, l’unico sopravvissuto della famiglia.

Molti sospettati nella vicenda sono stati incarcerati in novembre, nonostante la maggioranza delle informazioni su di loro rimanga sotto segretezza, come richiesto dalla polizia israeliana.

L’agenzia per la sicurezza interna israeliana Shin Bet è finita sotto tiro lo scorso mese dopo che gruppi di estrema destra l’avevano accusata di utilizzare torture durante gli interrogatori.

La leadership israeliana ha ampiamente difeso l’agenzia, che sulla scia delle accuse ha rilasciato una dichiarazione di avvertimento contro la crescente influenza dei gruppi estremisti ebraici sull’amministrazione israeliana.

In seguito all’attacco contro la famiglia Dawabsha l’amministrazione israeliana ha promesso giustizia in relazione agli autori, etichettati come “terroristi” dai funzionari di tutto lo spettro politico.

La promessa è stata criticata dai leader palestinesi e dai gruppi per i diritti, secondo i quali la politica di impunità di Israele nei confronti dei coloni ha come primo effetto quello di rendere possibile questi attentati.

Le Nazioni Unite hanno riferito, a settembre, che le denunce presentate dai palestinesi contro gli attentati dei coloni hanno il 91% di possibilità di venire congedate senza misure effettive, contrariamente al 95% delle lamentele dei coloni contro i palestinesi che invece  finiscono in tribunale.

Traduzione di Marta Bettenzoli