Genocidio a Gaza, la denuncia del Sud Africa e il diritto a resistere

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Il genocidio in atto a Gaza attraversa tutti noi sebbene l’indifferenza e il silenzio dei governi occidentali siano ormai diventati assordanti. Solo il Sud Africa, Paese che vive sull’eredità culturale e politica di Nelson Mandela e che ha vissuto l’apartheid razzista e suprematista bianca dei bantustan e delle pass law, il 29 dicembre 2023 ha presentato un’istanza di 84 pagine denunciando Israele alla corte di Giustizia Internazionale (ICJ) accusandola di genocidio.

È la prima volta nella storia che una nazione è accusata di genocidio. Secondo il Sud Africa, i tre mesi di guerra a Gaza starebbero violando l’articolo 9 della Convenzione di Ginevra per la prevenzione del genocidio, ratificata dalla Knesset nel 1950, oltre che lo Statuto di Roma che per primo (1948) definì il reato di genocidio, ovvero ogni atto che abbia «l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo identificato su base etnica, religiosa, razziale o nazionale». «Gli atti e le omissioni d’Israele – si legge nell’esposto sudafricano – rivestono carattere di genocidio perché accompagnano l’intento specifico richiesto di distruggere i palestinesi di Gaza, in quanto parte del gruppo nazionale, razziale ed etnico più ampio dei palestinesi».

Il team dell’accusa è guidato dal ministro della Giustizia di Pretoria, Ronald Lamola, dalla giurista sudafricana Adila Hassim, da diplomatici ed esperti politici come Jeremy Corbyn, l’ex leader laburista britannico, investito dalle polemiche per aver espresso la sua solidarietà al popolo palestinese, ricevendo accuse di antisemitismo anche all’interno del suo partito. L’11 gennaio il Sud Africa si è rivolto alla massima Corte delle Nazioni Unite nel tentativo di porre fine all’uccisione di massa di civili a Gaza, accusando Israele di aver compiuto un genocidio contro i palestinesi, chiamandolo a rispondere delle sue azioni e degli obblighi che ha infranto di fronte alla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948. Il team legale sudafricano ha dichiarato alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’Aja che Israele ha dimostrato un “modello di condotta genocida” da quando ha lanciato la guerra su larga scala a Gaza, la striscia di terra di 365 chilometri quadrati occupata dal 1967. “Queste uccisioni non sono altro che la distruzione della vita dei palestinesi. Sono inflitte deliberatamente, non risparmiano nessuno, nemmeno i neonati”, ha asserito il Sud Africa. Le azioni di Israele hanno sottoposto i 2,3 milioni di abitanti di Gaza a un livello senza precedenti di attacchi dall’aria, dalla terra e dal mare, con la morte di migliaia di civili e la distruzione di case e infrastrutture pubbliche essenziali, ha insistito l’avvocato sudafricano Adila Hassim. Israele ha anche impedito che sufficienti aiuti umanitari raggiungessero i bisognosi e ha creato il rischio di morte per fame e malattie a causa dell’impossibilità di fornire assistenza “mentre le bombe cadono”, ha affermato l’avvocato sudafricano.

“I palestinesi di Gaza sono soggetti a bombardamenti incessanti ovunque vadano”, ha dichiarato Hassim, aggiungendo che sono state uccise così tante persone che spesso sono state sepolte, senza essere identificate, in fosse comuni. Altri 60.000 palestinesi sono stati feriti e mutilati, ha osservato Hassim. “Sono stati uccisi nelle loro case, nei luoghi in cui cercavano rifugio, negli ospedali, nelle scuole, nelle moschee, nelle chiese e mentre cercavano di trovare cibo e acqua per le loro famiglie. Sono stati uccisi quando non sono riusciti ad evacuare i luoghi in cui sono fuggiti e anche se hanno tentato di fuggire lungo percorsi sicuri dichiarati da Israele”.

Il Sud Africa sostiene che 6.000 bombe hanno colpito Gaza nella prima settimana di risposta israeliana agli attacchi guidati da Hamas, incluso l’uso di bombe da 2.000 libbre almeno 200 volte “nelle aree meridionali della Striscia che erano state designate come sicure”, e nel nord, dove si trovavano i campi profughi, ha detto Hassim. Queste armi erano “alcune delle bombe più grandi e più distruttive disponibili”, ha sostenuto, aggiungendo che i genocidi “non vengono mai dichiarati in anticipo, ma questa Corte ha il beneficio delle ultime 13 settimane di prove che mostrano in modo incontrovertibile un modello di condotta e la relativa intenzione che giustifica una plausibile rivendicazione di atti di genocidio”.

La giurista ed accademica italiana Chantal Meloni sta seguendo con alcuni colleghi le udienze e, in una intervista del 13 gennaio a La Repubblica ha affermato: “La squadra di avvocati del Sud Africa ha presentato un caso convincente e ben strutturato. Il parere non solo mio ma di numerosi altri esperti con cui ho parlato è che gli avvocati hanno ben delineato sia i fatti che costituiscono gli elementi oggettivi del crimine di genocidio, sia il suo elemento soggettivo, ossia l’intenzione di distruggere i palestinesi di Gaza”

Il Sud Africa post-apartheid ha sempre sostenuto la causa palestinese. Un rapporto che si è consolidato fin da quando il movimento di Nelson Mandela si batteva contro la discriminazione razziale. «Mio nonno ha sempre considerato la lotta palestinese come la più grande questione morale del nostro tempo», ha ricordato Mandla Mandela, nipote del defunto presidente sudafricano.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha commentato l’operato del gruppo legale del suo Paese davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja: “Nelson Mandela ci ha insegnato che la nostra libertà non sarà mai completa finché non sarà raggiunta anche la libertà dei palestinesi. Non sono mai stato così orgoglioso come oggi”

Molti osservatori sostengono che la risposta israeliana all’udienza non è stata convincente e soprattutto non è entrata nel merito delle accuse avanzate dalla delegazione sudafricana, se non con una retorica sprezzante. Israele infatti si sta difendendo con argomentazioni deboli e infantili, affermando per esempio che: 

  • le armi statunitensi in dotazione all’esercito israeliano sono talmente scarse da poter affermare che la maggior parte della distruzione di Gaza sia colpa dei razzi di Hamas (stiamo parlando di razzi artigianali di fronte alla potenza tecno-militare innovativa israeliana che è dotata dello scudo spaziale Iron-Dome in grado di intercettare e distruggere in volo tutti i razzi proveniente dalla Gaza); 
  • la deportazione di massa di palestinesi gazawi verso Sud sarebbe un’attenzione alla salvezza della popolazione palestinese (anche se il Piano Weitman afferma altro, tracciando le basi per nuove geografie e architetture coloniali su Gaza); 
  • un popolo – quello ebraico – che ha subito un genocidio, come la Shoah, non può commetterne altri (eppure le pulizie etniche degli anni Quaranta ad opera di movimenti terroristi sionisti verso i palestinesi sono fatti storici accertati, esattamente come la Nakba del 1948); 
  • le autorità di Gerusalemme stanno facendo «tutto il possibile» per alleviare le sofferenze umanitarie (nonostante la morte di 30.000 palestinesi in 100 giorni di conflitto); e che le terribili sofferenze dei civili israeliani e palestinesi – stando a quanto affermato dal consulente legale del ministero degli Esteri israeliano Tal Becker – sono nient’altro che «il risultato della strategia di Hamas», dichiarando che «se ci sono stati atti di genocidio – ha aggiunto davanti alla corte – sono stati perpetrati contro Israele» (dimenticando l’enorme sbilanciamento delle vittime palestinesi contro quelle israeliane). 

Israele, tramite il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, al termine delle arringhe del team di difesa all’Aja, ha fatto appello alla Corte Internazionale di Giustizia perché bocci il caso per “genocidio” come infondato, e respinga la richiesta del Sud Africa di ordinargli di fermare l’offensiva. 

Apologia di genocidio.

Eppure, nei decenni, sono molte le dichiarazioni di autorità politiche ed istituzionali israeliane che inneggiano al genocidio e all’apartheid razzista contro il popolo palestinese cisgiordano e gazawi: “Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto” (nel 1937 David Ben Gurion, ex-primo ministro israeliano); “I Palestinesi sono bestie che camminano su due piedi” (nel 1982 Menachem Begin, ex-primo ministro, ex-ministro della Difesa, fondatore del Likud); “Le vite israeliane valgono più di quelle palestinesi” (nel 2006 Ehud Olmert, politico, avvocato ed ex-primo ministro); “L’obiettivo dell’operazione è riportare Gaza nel Medioevo. Solo allora Israele sarà tranquillo per quarant’anni” (nel 2012 Eli Yishai, politico israeliano ed ex-ministro dell’Interno); “Ho ucciso un sacco di arabi nella mia vita e non c’è alcun problema a riguardo” (nel 2013 Naftali Bennett, primo ministro di Israele dal 13 giugno 2021 al 1º luglio 2022); “Cosa c’è di tanto terrificante nel comprendere che l’intero popolo palestinese è un nemico” (Ayelet Shakid, ex-ministra dell’interno nel governo Bennett-Lapid, dal 13 giugno 2021 al 29 dicembre 2022); “Dobbiamo eliminare i palestinesi dalle nostre vite. Ciò che dobbiamo fare è costruire un muro alto e toglierli dalla nostra vista” (Yair Lapid, politico d’opposizione israeliano); “Chi è contro di noi merita di avere la propria testa recisa con l’ascia” (Avigdor Lieberman, politico israeliano più volte ministro); “Dovrebbero andarsene, così come le case fisiche in cui hanno allevato i serpenti. Altrimenti verranno allevati altri piccoli serpenti” (Ayelet Shakid nel 2015);“6231 bersagli sono stati distrutti… parti di Gaza sono state rispedite all’Età della Pietra” (pronunciata nel 2019 da Benny Gantz, capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane dal 14 febbraio 2011 al 16 febbraio 2015 ed ex-vicepremier, ex-ministro della Difesa, ex-presidente della Knesset); “Israele non è lo stato di tutti i suoi cittadini… Israele è lo Stato-Nazione del popolo ebraico e solo di esso” (Benjamin Netanyahu, premier israeliano in carica). Queste sono solo alcune delle dichiarazioni più inquietanti fatte in passato. 

La Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, promulgata sulla scia dell’uccisione di massa degli ebrei durante la Shoah, definisce “genocidio” come quegli «atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Se stiamo alle dichiarazioni dei politici e militari israeliani, pronunciate nel 2023, ne emerge qualcosa di ancora più inquietante: “Spazzate via le loro famiglie, le loro madri e i loro figli. A questi animali non deve più essere permesso di vivere” (Ezra Yachin, veterano di guerra e generale israeliano); “Ora c’è un solo obiettivo: la Nakba (catastrofe). Una Nakba che farebbe impallidire la Nakba del 1948” (Ariel Kallner, politico israeliano membro della Knesset); “L’unica cosa che deve entrare a Gaza sono centinaia di tonnellate di esplosivo dall’aeronautica militare, non un grammo di aiuti umanitari” (Itamar Ben Gvir, leader israeliano di estrema destra); “Non ci sono civili innocenti a Gaza” (Issac Herzog, presidente di Israele); “Gli animali umani verranno trattati di conseguenza, avete voluto l’inferno e lo avrete” (Ghassan Alian, comandante israeliano e capo del Coordinamento del Governo nei Territori COGAT); “Stiamo lanciando centinaia di tonnellate di bombe su Gaza. L’obiettivo è la distruzione, non la precisione” (Daniel Hagari, comandante in capo e portavoce dell’IDF); “Lanciare potenti razzi senza limiti, Gaza dev’essere distrutta e rasa al suolo. Senza pietà!” (Tally Gotliv, avvocata e politica israeliana); “Trasformeremo Gaza in un’isola di rovine” (Benjamin Netanyahu).

Si tratta di dichiarazioni che sono avvenute o durante l’Operazione Spade di Ferro che ha dato inizio al genocidio in atto contro la popolazione gazawi o in passato. Non bisogna dimenticare che Netanyahu, dopo la vittoria alle elezioni politiche israeliane nel 2020, aveva promesso che il suo governo avrebbe imposto la sovranità israeliana sulle terre occupate della Cisgiordania e la Valle del Giordano, e che avrebbe normalizzato le relazioni con i Paesi arabi e islamici, oltre a “firmare un’alleanza di difesa con gli Stati Uniti ed eliminare la minaccia iraniana”. Netanyahu vinse promettendo la colonizzazione totale della Palestina, compresa la Striscia di Gaza. 

Nonostante ciò, il genocidio, de facto, in Palestina è in atto da decenni, ancor prima dell’attuale escalation israeliana, con progetti ben precisi di violenza militare, di insediamenti illegali e di colonialismo sionista ai danni del diritto internazionale, della popolazione palestinese e del suo diritto ad autodeterminarsi e a vivere in pace. Un “Paese occupante” che permette tutto questo, come Israele, può essere veramente definito la “più grande democrazia del Medioriente”, tanto da avere avallo e sostegno da tutti i governi occidentali?

Diritto alla resistenza.

Da oltre 40 anni le Nazioni Unite hanno ufficialmente riconosciuto il diritto dei popoli sotto occupazione straniera a lottare per la liberazione della propria terra con qualunque mezzo, sia esso la lotta nonviolenta sia esso la lotta armata. Ad affermarlo è la Risoluzione 37/43 dell’Assemblea Generale dell’ONU adottata nella 90ª Plenaria del 3 dicembre 1982:

“2. riafferma la legittimità della lotta dei popoli per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dal dominio e dall’occupazione coloniale e straniera con tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata.

3. Riafferma il diritto inalienabile del popolo della Namibia, del popolo della Palestina e di tutti i popoli sotto dominio straniero o coloniale all’autodeterminazione, all’indipendenza nazionale, all’integrità territoriale, all’unità nazionale e alla sovranità senza alcuna interferenza esterna.

Inoltre, al punto 21, l’Assemblea Generale “condanna fortemente le attività espansionistiche di Israele in Medio Oriente e i ripetuti bombardamenti dei civili palestinesi, cosa che costituisce un serio ostacolo alla realizzazione dell’autodeterminazione e dell’indipendenza del popolo palestinese”. Questa condanna si sta concretizzando solo ora con la denuncia del Sud Africa.