Germania, Die Linke difende Israele

Germania, Die Linke difende Israele

InfoPal. Traduzione di L.P. Dopo le spaccature che il nuovo conflitto tra Israele e Hamas ha creato nella sinistra socialista in Svezia, oggi anche Die Linke – in modo inaspettato – si esprime in favore delle politiche colonialiste e militariste di Israele. Già con le dimissioni dei vertici più a sinistra come Sahra Wagenknecht, il partito ha sfiorato più volte la scissione e la sua sopravvivenza. Die Linke, che da tempo perde voti a favore dell’estrema destra, da forza considerata di sinistra radicale si sta spingendo sempre più verso il centro-sinistra e il centro appiattendosi su posizioni storiche della destra europea. Questo articolo di DiarioRed – di cui riportiamo la traduzione – è un’ottima analisi sulla posizione governativa di Scholz, dei socialdemocratici e sulla confusione presente nella Linke sul tema.

Il cancelliere socialdemocratico tedesco Olaf Scholz sostiene Israele con le armi, taglia gli aiuti umanitari alla Palestina, vieta le proteste pro-Palestina e aumenta il budget del Consiglio Ebraico Centrale.

Giovedì scorso il cancelliere tedesco Olaf Scholz, del partito socialdemocratico SPD, ha tenuto un discorso al Bundestag sul conflitto tra Israele e Palestina e ha espresso una serie di idee con le quali, a quanto pare, tutti i partiti presenti in Aula concordano: “Israele ha il diritto, sostenuto dal diritto internazionale, di difendersi da questi attacchi barbari”. Nel corso del dibattito anche il partito di sinistra Die Linke ha difeso Israele al riguardo, senza discutere delle violazioni del diritto internazionale compiute anche dallo stesso Stato di Israele in risposta agli attacchi del gruppo armato Hamas. L’ambasciatore israeliano, Ron Prosor, ha assistito al discorso e al successivo dibattito, ricevendo gli applausi di tutti i presenti, che si sono alzati per salutarlo.

Scholz ha assicurato che il suo governo esaminerà gli aiuti umanitari che il Paese invia a Gaza, per garantire che questi finanziamenti non vadano a beneficio di Hamas. Il cancelliere ha criticato il fatto che l’Autorità palestinese e il suo presidente, Mahmud Abbas, non abbiano condannato gli attacchi. Ha aggiunto: “Il loro silenzio è vergognoso”. D’altra parte, il governo semaforo ha ricordato che in aprile aveva promesso al Consiglio Ebraico Centrale di aumentare la sua dotazione statale annuale da 13 a 22 milioni di euro per garantire la sicurezza degli ebrei che vivono nel Paese, a causa dell’aumento degli attacchi contro questa Comunità. Il Consiglio Centrale, a sua volta, ha rilasciato un comunicato in cui avverte che “da ieri, sui social network e attraverso le applicazioni di messaggistica circolano appelli alla violenza contro le istituzioni ebraiche per venerdì prossimo”. A livello nazionale, le autorità tedesche hanno intensificato le misure di sicurezza attorno alle istituzioni ebraiche, in particolare alle scuole.

Dopo il dibattito, il Bundestag ha approvato una risoluzione dei partiti SPD, Unione, Die Grüne e FDP, in cui chiedono all’Unione Europea di classificare la Guardia Rivoluzionaria Iraniana come organizzazione terrorista. È stato, inoltre, annunciato che, secondo il ministro degli Esteri, le organizzazioni che promuovono le attività di Hamas o giustificano le azioni di tale organizzazione saranno bandite e perseguitate. Questa stessa settimana sono state vietate diverse manifestazioni di solidarietà con la Palestina e centinaia di persone sono state arrestate. La giustificazione era che in alcune di queste manifestazioni gruppi di persone apparentemente gridavano slogan antisemiti in arabo.

La Germania e il suo nuovo ruolo bellicoso di “Zeitenwende”.

Scholz ha sottolineato che la Germania ha una responsabilità speciale nei confronti di Israele derivante dalla Shoah, affermando: “In questo momento la Germania può stare solo in un posto: dalla parte di Israele”. Ha anche sottolineato che la sicurezza di Israele è una “ragione di Stato tedesca”. Il ministro degli Esteri ha spiegato che è fondamentale ripristinare la sicurezza in Israele e nei suoi dintorni. Martedì aveva già firmato una dichiarazione congiunta con i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia in cui dichiaravano il loro sostegno “incrollabile e congiunto” allo Stato di Israele “nei suoi sforzi di autodifesa e di difesa del suo popolo contro tali atrocità.

Questo sostegno si è tradotto in sostegno militare da parte della Germania: a quanto pare, Israele aveva chiesto alla Germania di fornire droni da combattimento di tipo Heron, e mercoledì il ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha dato il via libera al loro utilizzo. Scholz ha sottolineato che la solidarietà non si limita alle parole e ha ricordato di aver chiesto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di informare in qualsiasi momento la Germania sulla necessità di aiuto, sia nel trattamento dei feriti che nella fornitura di armi. Israele ha richiesto munizioni per le navi da guerra, ha spiegato giovedì da Bruxelles il ministro della Difesa Pistorius, “di cui si discuterà in dettaglio”, ha assicurato.

Scholz ha anche criticato l’Iran e accusato il governo dei mullah di condividere la responsabilità dell’attuale guerra. “Sebbene non abbiamo ancora prove che l’Iran abbia sostenuto concretamente e operativamente questo vile attacco di Hamas, sappiamo tutti che senza il sostegno iraniano negli ultimi anni, Hamas non sarebbe stata in grado di effettuare questi attacchi senza precedenti sul territorio israeliano”. Scholz ha dimostrato giovedì che la Germania sta assumendo il ruolo belligerante che aveva chiesto di assumere con il suo famoso discorso di quello che lui stesso ha chiamato “Zeitenwende” (cambio di tempi, in tedesco) nel febbraio 2022, che ha dato il via ad un riarmo senza precedenti dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Guerra Mondiale della Repubblica Federale.

Mentre il cancelliere Scholz incontrava l’emiro del Qatar, che si è recato in visita ufficiale a Berlino, il ministro delle Finanze liberale della FDP Christian Lindner ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede la fine dell’accordo sul gas con il Qatar e l’inizio dell’estrazione nel Mare del Nord. “In occasione della visita dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani a Berlino, la FDP chiede al cancelliere federale Olaf Scholz (SPD) di porre fine all’importazione tedesca di gas da questo Paese”, scrive la FDP. “Il blocco verde sulla produzione di gas e petrolio in Germania ci rende ancora più dipendenti dagli stati che combattono contro i nostri amici in Israele”, ha scritto il partito pro-fracking. Nessuno si sorprenderebbe se un governo verde finisse per approvarlo.

A questa situazione di schieramento serrato dietro Israele, che dopo gli attentati terroristici sta attualmente commettendo un’altra carneficina a Gaza, non è stata data risposta né smentita in parlamento se non da un deputato, che non ha fatto riferimento neanche a questo, ma ha voluto mettere in guardia da una guerra più ampia. L’unico a chiedere di “non inviare armi in nessun territorio in conflitto armato” è stato Robert Farle, politico che fino agli anni ’80 faceva parte del partito comunista DKP e dal 2015 è entrato a far parte dell’estrema destra AfD. Nel 2022 ha lasciato il partito, quasi piangendo, e ha chiesto alla cancelliera “di parlare con tutte le forze possibili per evitare una nuova guerra in quella regione, che potrebbe propagarsi come un incendio” e di “fermare le spedizioni di armi anche all’Ucraina”.

Die Linke, in sintonia con il resto e senza alternative.

Il presidente del gruppo parlamentare Die Linke, Dietmar Bartsch, ha partecipato al dibattito dopo la dichiarazione istituzionale di Scholz con un discorso in difesa dello Stato israeliano. “Il 7 ottobre segna un nuovo e preoccupante cambiamento qualitativo nel terrorismo contro Israele”, ha spiegato. “L’unica persona responsabile di quello che è successo, e voglio che sia molto chiaro, è, senza dubbio, Hamas”, ha detto. “Non erano stati assassinati così tanti ebrei dai tempi dell’Olocausto”, ha detto Bartsch, che ha attribuito esclusivamente al gruppo la responsabilità della situazione in Israele. Bartsch ha sottolineato che uccidere donne e minori “non è una lotta di liberazione, ma semplicemente una barbarie”. Inoltre, secondo lui, “ai terroristi non importa se siano di destra, laici o ortodossi, Hamas cerca semplicemente di uccidere gli ebrei. Questa è barbarie”, ha sottolineato.

Die Linke fa di peggio: «Condanniamo con la più grande fermezza i terribili attacchi terroristi di Hamas contro Israele (…) L’obiettivo di Hamas è la distruzione d’Israele (…) In ragione della storia della Shoah e dell’antisemitismo, lo Stato d’Israele è una necessità storica che non deve mai essere messa in discussione». Una dichiarazione che addirittura fa propria l’assimilazione di antisionismo e antisemitismo, fiore all’occhiello di tutta la propaganda reazionaria, legittimando i 75 anni di oppressione sui palestinesi.

“Non possiamo farci illusioni, questo conflitto non può essere separato dal peggiore antisemitismo”, ha avvertito, assicurando che “il fatto che gli ebrei in tutto il mondo debbano ora temere di essere attaccati dimostra che non si tratta solo di un conflitto tra israeliani e palestinesi. L’odio verso gli ebrei sarebbe diffuso in Stati come il Qatar, la Tunisia e altri paesi, ma anche nella stessa Germania. “Ci sarà un governo di eccezione e leggi di emergenza, nonché un’offensiva di terra”, ha detto senza menzionare i numerosi bombardamenti sulla Striscia. “Non possiamo dimenticare che Hamas non solo ha ucciso 1.200 ebrei, ma sta anche reprimendo la popolazione nella Striscia di Gaza”, ha detto. La popolazione sarebbe stata “usata come scudo umano” e ha chiesto al resto dei paesi arabi di consentire “alle persone di lasciare la Striscia di Gaza”.

Economista di professione e rappresentante del partito più a sinistra dell’arco parlamentare, che sta attraversando i suoi momenti peggiori dalla sua fondazione, Bartsch ha assicurato che lo Stato tedesco deve ripensare la sua “politica rispetto all’Iran”. L’esportazione di “conoscenza e tecnologia verso l’Iran” è in parte responsabile delle bombe di Hamas, ha detto. “Il rapporto tra l’Occidente e il fascismo islamico, come dobbiamo chiamarlo, è ambivalente da decenni”, ha affermato. “Se vogliamo mostrare solidarietà a Israele, dobbiamo smettere di utilizzare, in caso di dubbio, gruppi e governi islamici basati sugli interessi geopolitici occidentali”. Bartsch vede una contraddizione in questo modo di agire: “Non possiamo proclamare solidarietà e poi esportare tecnologia ai più grandi nemici di Israele”. Ha ricordato come esempio che questo è anche il caso del conflitto tra Azerbaigian e Armenia, così come “nel nord della Siria, dove la Turchia agisce brutalmente contro i curdi”. E ha concluso il suo discorso con una frase lapidaria: “Perché Israele non ha alternative”.

La “sinistra antitedesca”, una corrente politica segnata dal senso di colpa storico

Il sito trotskista World Socialist Web Site ha scritto che “il 12 ottobre sarà ricordato come il giorno in cui tutti i partiti, da Die Linke all’AfD, serrarono i ranghi per portare avanti una politica militarista senza tabù e repressione politica”. L’idea di identificare lo Stato di Israele solo con l’ebraismo e di intendere la sua ragion d’essere come la “ragione di Stato” della Germania è qualcosa che, all’interno della sinistra, finora è stata difesa dalla cosiddetta “sinistra antitedesca”, una corrente politica segnata dalla colpa storica. Questi si oppongono al nazionalismo tedesco e lo collegano al passato nazista del paese. Allo stesso tempo, vedono il sionismo come legittimo e lo considerano il movimento di autodeterminazione del popolo ebraico che ha portato alla creazione dello Stato di Israele. All’interno di Die Linke in passato ci sono state numerose discussioni su questo tema. È quindi molto sorprendente che sia stato proprio Dietmar Bartsch a fare questa dichiarazione in un momento così importante per la Germania, poiché in agosto aveva assicurato che non si ricandiderà alla rielezione a capo del gruppo parlamentare. Perché non tutti condividono questa visione, nemmeno nel consiglio direttivo di Die Linke.

Nonostante il discorso di Bartsch e il voto parlamentare, in una risoluzione dell’11 ottobre il consiglio direttivo di Die Linke, ha parlato di “predominio di Hamas e del suo sostegno tra la popolazione palestinese in larga misura basati sulle condizioni precarie create dalla politica di occupazione”. E accusa Israele di “costruzione di insediamenti e privazione di diritti, infrastrutture inadeguate e mancanza di prospettive, insieme a molestie e violenze non autorizzate da parte delle autorità di sicurezza”, che “contribuiscono a far sì che Hamas si presenti come liberatore, mentre i suoi attori si arricchiscono a spese della popolazione palestinese”. Inoltre, hanno sottolineato che “l’attuale governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu ha promosso questa evoluzione, promuovendo la costruzione di insediamenti e promettendo la completa annessione della Cisgiordania”. Una cosa che il capo del gruppo parlamentare uscente non ha menzionato, ma che è registrata, è che “l’annuncio da parte di Israele di un blocco totale, che comprende la fornitura di acqua, energia e cibo, per più di due milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza, costituisce una chiara violazione del diritto umanitario internazionale”.

Successivamente il documento è ancora più chiaro: “DIE LINKE difende il diritto di Israele all’esistenza e una soluzione pacifica a due Stati ai confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, un Israele sovrano e sicuro accanto a una Palestina sovrana e un’assicurazione, compresa la possibilità di uno scambio territoriale concordato sulla base delle risoluzioni delle Nazioni Unite”. Un altro tema in disaccordo, o almeno che Bartsch non ha menzionato e che è diametralmente opposto a quanto deciso dal Bundestag: “Respingiamo la riduzione degli aiuti umanitari e dell’aiuto allo sviluppo nelle aree palestinesi”, hanno scritto. “Questi fondi sono destinati principalmente a garantire le infrastrutture più basilari e gli elementi essenziali per la vita”, prosegue il testo. “L’assegnazione viene rivista e effettuata sulla base di progetti specifici.” Pertanto, conclude che “l’eliminazione di questi fondi colpirebbe principalmente la popolazione civile e non indebolirebbe Hamas”.