Il fallimento di Israele a Gaza

MEMO. Di Sayid Marcos Tenório. Lo Stato terrorista di Israele ha completato 60 giorni di guerra genocida contro i palestinesi, con l’obiettivo di conquistare la Striscia di Gaza assediata per espandere gli insediamenti ebraici illegali. Il numero dei martiri supera i 16.000 – di cui 7.118 bambini e 4.895 donne – con quasi 50.000 feriti e 10.000 dispersi sotto le macerie. Anche nella Cisgiordania occupata il numero dei martiri, dei feriti e degli imprigionati continua a crescere ogni giorno.

Il criminale di guerra sionista e primo ministro Benjamin Netanyahu ripete tutti i giorni che Israele “userà tutte le sue forze per distruggere Hamas”, un mantra che i sionisti usano dal 1987, quando il Movimento di Resistenza Islamica fu fondato e iniziò a confrontarsi con l’occupazione nella Prima Intifada.

Da allora Israele ha fallito in tutti i tentativi di distruggere Hamas. In ogni occasione, sono state le forze della resistenza palestinesi ad emergere più forti, più radicate nel popolo, meglio preparate militarmente e con un importante sostegno popolare a Gaza, in Cisgiordania e nei Territori occupati da Israele dal 1948.

Nel frattempo, cresce nell’opinione pubblica israeliana la sensazione che la deterrenza militare di Israele si stia indebolendo, che non ci siano vittorie e che sia evidente l’incapacità di sconfiggere Hamas e gli altri gruppi della resistenza palestinesi. Questa sensazione è aumentata dopo l’umiliante sconfitta dell’esercito sionista in Libano nel 2006, quando i suoi soldati sono stati cacciati da Hezbollah con la coda tra le gambe.

La forza militare dell’esercito sionista sta nel fatto che attacca Gaza dall’aria e con artiglieria pesante e carri armati, ben sapendo che i palestinesi dell’enclave non hanno sistemi di difesa antiaerei. In breve, le Forze di Difesa israeliane sono brave ad attaccare civili, in gran parte indifesi.

Tuttavia, affinché Israele possa conquistare e sottomettere il territorio, per quanto grande sia la distruzione e quante persone possano uccidere i suoi bombardamenti, è necessario che la sua fanteria sia sul terreno e combatta faccia a faccia con i combattenti della resistenza. Le truppe israeliane non sconfiggeranno Gaza passando la giornata in veicoli blindati raffreddati ad aria. Devono entrare nel territorio di Hamas. Ed è qui che le cose cambiano.

Israele non ha informazioni sul numero di combattenti della resistenza, sul loro addestramento al combattimento e sulle loro difese, compresi i tunnel. Questo costringe i sionisti a prendere precauzioni per le quali non sono abituati, ma non impedisce che si verifichino perdite tra le truppe israeliane, la cui stanchezza e sfiducia nei confronti dei loro comandanti sta crescendo. A ciò si aggiunge il numero di vittime del cosiddetto fuoco amico.

I soldati sionisti non solo sono spaventati, ma non sono neppure in grado di affrontare un conflitto a distanza ravvicinata contro i combattenti palestinesi se non aumentano il consumo di alcol e droghe. Questo è stato riportato dalle IDF stesse, così come l’aumento dell’autolesionismo e dei suicidi, oltre allo stress mentale e alla paura di morire in combattimento. La fiducia nella superiorità della potenza della propria tecnologia militare non è sufficiente, perché non fornisce sicurezza quando si avanza all’interno di Gaza.

I combattenti delle Brigate Al-Qassam (Hamas) e delle Brigate Al-Quds (Jihad islamico) sono ben addestrati alle operazioni di guerriglia in territori come Gaza. È un tipo di confronto in cui il supporto aereo e l’artiglieria israeliana perdono a un certo punto la loro efficacia, perché non possono essere utilizzati senza mettere in pericolo i propri soldati.

E più di ogni altra cosa, e fatto fondamentale, i combattenti della resistenza palestinese hanno coraggio e sono felici di cercare il martirio. Questo permette loro di mantenere sempre il vantaggio come combattenti in questa guerra.

I successi militari della resistenza dal 7 ottobre hanno sorpreso Israele e il mondo, così come i progressi tecnologici dei gruppi combattenti. Missili sofisticati con gittate fino a 400 km sono prodotti a Gaza con il supporto tecnico e materiale degli alleati dell’Asse della Resistenza. I missili possono aggirare il famoso sistema di difesa missilistica Iron Dome di Israele e raggiungere città come Haifa e la capitale Tel Aviv.

Israele ha già perso la battaglia davanti all’opinione pubblica con la sua offensiva genocida contro i civili palestinesi. Nelle strade delle principali città del mondo si sono svolte manifestazioni di massa a sostegno della Palestina e contro lo Stato terrorista di Israele. Tra i partecipanti vi sono molti ebrei anti-sionisti – anche all’interno dello stesso Israele – che ripudiano i crimini di Israele con lo slogan “Non in nostro nome”.

La tregua di sei giorni per i soccorsi umanitari e lo scambio di ostaggi ha costretto Israele a legittimare Hamas come forza belligerante e a testimoniare che lo Stato dell’apartheid non aveva raggiunto nessuno dei suoi obiettivi cioè distruggere il movimento di resistenza e riportare a casa gli ostaggi.

I negoziati hanno dimostrato che Hamas non è un nemico sconfitto, ma un avversario resistente, che detta le condizioni nei negoziati con chi ha giurato di distruggerlo. Questa situazione ha causato una grande spaccatura nel comando sionista, che non è ben coordinato e si indebolisce di fronte alle pressioni militari di Hamas e alle pressioni interne per la fine della guerra, lo scambio urgente degli ostaggi e la sostituzione di Netanyahu.

Anche di fronte all’alto prezzo pagato in vite e distruzione, i gruppi della resistenza palestinese hanno distrutto il mito dell’invincibilità delle forze armate sioniste. Risulta sempre più chiaro l’impossibilità per Israele di riuscire a battere la resistenza su qualsiasi terreno. I prigionieri liberati sono un simbolo efficace della capacità di Hamas di ottenere risultati tangibili e della sua volontà di combattere per la liberazione della Palestina. È riemersa come la più importante forza politica e militare palestinese a Gaza, in Cisgiordania e nei Territori occupati da Israele dal 1948.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi