Il fotografo che ha ripreso il massacro della famiglia Ghalia: "Quando una passeggiata lungo il mare si trasforma in un massacro".

Una bimba coraggiosa e un bravo fotografo hanno aperto gli occhi al mondo sui crimini dei militari israeliani.

Quando, questa mattina, abbiamo sfogliato alcuni giornali italiani notando con stupore ampi (e in taluni casi, ottimi) servizi sul massacro della famiglia Ghalia, ci siamo chiesti che cosa avesse convinto i media a mettere da parte le consuete versioni “made in Israel” e a dare voce ai palestinesi, in particolare, alla testimonianza della coraggiosa piccola Huda. Poi, abbiamo capito ciò che era ormai un’evidenza: ancora una volta, il potere schiacciante delle immagini trasmesse in mondo-visione aveva costretto alla verità i tanti “don Abbondio” della comunicazione giornalistica.

 

Quando una passeggiata lungo il mare si trasforma in un massacro

 

Dal nostro corrispondente.

10 giugno.

Siamo stati nella casa della bimba rimasta sola al mondo, dopo la strage sulla spiaggia di Gaza.

Dov’è il rifugio?

I martiri sono: il capo famiglia, Ali Ghalia, 45 anni, la sua seconda moglie Raissa, 27 anni, i suoi cinque figli – Sabri, 3 anni, Haitham, 4 mesi, Hanady, 2 anni, Ilham, 14 anni, Alia, 25 anni. Inoltre, sono rimasti feriti la sua prima moglie e i suoi altri 4 figli: Amani, che ha subito l’amputazione della mano, Adham, che è stato trasferito in un ospadale israeliano insieme a Hadil, mentre Huda e suo fratello Ayham son rimasti illesi.

Huda, malgrado il dolore profondo, ha dimostrato di avere una forte personalità volendo raccontare nel dettaglio la tragedia: “Dopo che avevamo finito di mangiare,le navi israeliane hanno iniziato a lanciare missili, mentre tutta la gente fuggiva noi siamo rimasti soli. Sono andata verso mio padre per farlo soccorrere dai miei fratelli, ma l’ho trovato morto, e allora ho iniziato a urlare”.

Huda assicura che non potrà perdonare l’occupazione per aver distrutto la sua vita, e ha invitato “tutti quelli che hanno la coscienza a essere solidali con lei”.

Le lacrime della macchina da ripresa

 Zakaria  Abu Herbed, fotografo dell’agenzia Ramtan, è stato il primo a fotografare Huda e i suoi familiari: “Sono arrivato sulla scena, insieme alle squadre mediche delle ambulanze, dopo alcuni minuti del lancio dei missili. Gli israeliani avevano puntato i missili verso la gente. Quando ho girato l’obiettivo della macchina fotografica ho trovato pezzi di corpi sparsi nella zona dove Huda era scampata per miracolo alla morte”.

Huda le aveva detto: “Fotografa la scena…. fotografa la scena”. Il fotografo racconta: “Mi sento addolorato per questa bimba. L’unica cosa in cui ho potuto aiutarla è stato di riprendere tutta la scena per documentare i massacri dell’occupazione, per renderli pubblici”.

Abu Herbed ha confessato che quella è stata la scena più tragica da quando esercita la professione di fotografo. Ha potuto vedere le immagini che riprendeva in tv. Si è augurato che le immagini di questa strage provochino un movimento nelle strade arabe, specialmente ora che le organizzazioni mondiali hanno condannato questo crimine.

In casa di Huda     

La sorella di Ali Ghalia piangendo racconta: “Ho visto mio fratello per l’ultima volta due giorni fa. Gli ho chiesto notizie sulla sua salute dopo il suo rientro dall’Egitto, dov’era andato perché ammalato alla prostata. I miei figli mi hanno chiesto di andare con lo zio al mare, ma ho rifiutato per scaramanzia”.

Quando ho sentito la notizia dell’attacco israeliano alla gente sulla spiaggia, sono corsa ad accendere la tv. Non immaginavo che la famiglia di mio fratello era tra di loro. Quando ho visto mia nipote che urlava il nome di suo padre, mi sono sentita morire”.

Il mare era il premio per la promozione

La suocera con gli occhi arrossati racconta: “Mia figlia Raissa era sposata da 14 anni. Aveva avuto da poco il figlio Haitham, che è morto con lei. L’ho vista ultima volta due mesi fa. Era demoralizzata, come tutto il resto del nostro popolo che soffre nell’indifferenza internazionale”.

La mamma di Raissa non credeva alla notizia della morte della giovane donna, finché gli altri suoi figli non sono andati all’ospedale. La mamma si è rivolta alla comunità intenazionale: “Qual era il motivo di colpire una famiglia che aveva portato i suoi figli in gita al mare come premio per la promozione? Chi li ha uccisi pensava di uccidere delle galline e non degli esseri umani?”.

La donna ha poi ribadito il suo rifiuto al referendum, spiegando che il popolo non vuole compromessi: “Non ci sarà alcun accordo finché non riavremo la nostra terra e tutti  i prigionieri, e finché rimarranno i soldati israeliani nel nostro territorio”.

Di quale referendum si parla?

Una delle vicine ha ricordato la famiglia Ghalia e Ali e ha raccontato che alla figlia più grande mancava un semestre alla laurea, che lavorava per aiutare i suoi familiari. “Era la prima volta di quest’anno che questa famiglia aveva deciso di andare al mare: volevano far divertire i figli”.

Questa famiglia non ha niente a che fare con la resistenaza

Uno dei parenti della  famiglia ha detto in tono arrabiato: “Mi è sembrato di impazzire quando ho visto con i miei occhi, in tv, che stavano raccogliendo i resti dei corpi della famiglia Ghalia. Sarebbero dovuti andare al mare giovedì, ma hanno rimandato a venerdì. E’ stato il loro destino morire da martiri.

E’ questo il nostro destino: essere  perseguitati nelle nostre case e nelle nostre terre e perfino nel nostro unico luogo di respiro: la spiaggia. Dio vede e provvede”.

Con un sorriso ironico ha aggiunto: “Questa famiglia non apparteneva ad alcuna organizzazione di resistenza. Possedeva un pezzo di terra dove lavorava e vendeva i propri raccolti”.

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