“Il principe Bandar e la lobby israeliana vogliono costringere Obama a una prolungata guerra contro la Siria”

Counterpunch.  Di Franklin Lamb. La collaborazione Bandar-Lobby israeliana, al momento al centro delle chiacchiere da salotto di molti a Washington, non è un caso di strani compagni di letto date le tre decadi di reciproca cooperazione, iniziata durante il lungo periodo che il principe Bandar trascorse a Washington come ambasciatore saudita.

Con base a Washington, ma con un palazzo a ovest e su a nord, Bandar ha sviluppato relazioni quasi di famiglia con cinque presidenti e con i loro consiglieri chiave. La sua era una delle voci più insistenti nell’incalzare gli Stati Uniti a invadere l’Iraq nel 2003. Negli anni ’80, il principe Bandar era strettamente coinvolto nell’Irangate in Nicaragua e fu la sua Agenzia di spionaggio la prima ad allertare gli alleati occidentali del presunto uso del gas sarin da parte del regime siriano a febbraio. Da quel che si dice, Bandar per mesi si è occupato esclusivamente di accumulare sostegno internazionale, comprese armi e formazione, per le fazioni ribelli siriane alla ricerca del rovesciamento finale del presidente Bashar al-Assad.

A quanto si dice, lo sforzo discretamente coordinato dai sionisti sauditi, confermato dai membri dello staff del Congresso che lavorano per il Comitato per gli Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti e per il Comitato per gli Affari Esteri del Senato USA, è guidato dal protetto di Bandar, Adel A. al-Jubeir, l’attuale ambasciatore saudita, e agevolato dall’ambasciatrice del Bahrein Houda Ezra Ebrahimis Nonoo, che è la prima persona di religione ebraica e la terza donna a ricoprire il ruolo di ambasciatore del Bahrein. Come si sa da tempo, in quanto ha miriadi di contatti al quartier generale dell’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) e in quanto fervente sionista, Houda Nonoo ha presenziato a eventi della lobby mentre informava gli associati che “gli arabi devono dimenticarsi della cosiddetta Liberazione della Palestina. Non accadrà mai”.

Il progetto ha intenzione di raggiungere il coinvolgimento americano durante la sua terza guerra in questa regione in appena una decina d’anni, e si spera anche durante la quarta (la Repubblica Islamica). Ribattezzato “il progetto attacco chirurgico”, secondo un membro dello staff del Congresso, gli organizzatori (al 26/08/2013) stavano sottoponendo a incursioni gli uffici del Congresso USA con dei “documenti” riportando le seguenti argomentazioni a favore di un immediato assalto aereo sostenuto. Hanno il supporto delle sempre più tormentate bande di nuovi conservatori del Congresso quali John McCain, Lindsey Graham e altri di quel genere.

La missiva della lobby espone minuziosamente i calcoli per cui il progetto avrà successo e risulterà essere un aspetto politico positivo per Obama, che viene sempre più accusato, dal proprio stesso team, di esitare. Bandar sostiene che le minacce siriane di rendere pan per focaccia a Israele sono solo sbruffonate politiche, perché la Siria non ha mai lanciato una guerra contro Israele, né mai lo farà, non ha la capacità militare per farlo, in quanto Israele potrebbe radere al suolo Damasco e il regime Ba’th lo sa bene.

Inoltre, il principe e i suoi partner insistono che l’Iran non farà altro che lamentarsi perché ha troppo da perdere. L’Iran risponderà solo a parole, non ha mai attaccato gli Stati Uniti o Israele e non rischierebbe le imprevedibili conseguenze di una risposta militare della Guardia Repubblicana Irachena o anche solo di alcuni delle milizie appoggiate dal governo in Iraq o Siria. Fonti a Teheran hanno riferito diversamente a questo osservatore.

Hezbollah, si dice, non agirà senza un ordine da Teheran che le ha dato istruzioni di tenere la propria artiglieria pesante nella naftalina fino all’imminente “grande guerra” con Israele. In molti concordano che se Israele attaccherà l’Iran, la regione andrà a fuoco con Hezbollah che ricoprirà un ruolo importante.

McCain, un ex-pilota in Vietnam, sta persino facendo pressioni per una lista di “armi da utilizzare”, che comprende dare consigli alla Casa Bianca e al generale Martin Dempsey, capo dello stato maggiore congiunto (Joint Chief of Staff), su come svolgere il proprio lavoro. Fonti del Congresso riferiscono che c’è tensione tra McCain e il Pentagono, perché il Senatore sta insinuando che il Pentagono non conosca il proprio lavoro o di quali risorse dispone e come usarle.

Il funzionario saudita riconosce che un attacco militare cambierebbe le carte in tavola, soprattutto per la Russia, e che stroncherebbe qualsiasi iniziativa diplomatica (compresa Ginevra II), il che significa che la Russia risulterà considerevolmente svantaggiata rispetto alla Siria. Significa anche che la Russia perderà le monete di scambio che avrebbero potuto portare loro il consenso di cui hanno bisogno, che sia politico o economico. Ma non significa che la Russia si opporrà militarmente agli USA, in quanto le perdite in questo caso sarebbero più gravi. A quanto si dice, tutto ciò è accettabile per il Principe e la lobby.

Il tempismo di un simile attacco, secondo le fonti bene informate a Damasco e Washington, probabilmente non durerebbe più di due giorni e coinvolgerebbe missili Cruise SLCM (lanciati dal mare) e bombardieri a lungo raggio.

A quanto si dice, colpire obiettivi militari non direttamente legati all’arsenale delle armi chimiche della Siria dipende da tre fattori: completamento di un rapporto dei servizi segreti (intelligence report) che valuti la colpevolezza del governo siriano per l’attacco chimico; continuare la consultazione con gli alleati e il Congresso; e che l’Ufficio per la Legge Internazionale del Dipartimento di Stato prepari la giustificazione sotto la legge internazionale.

Una delle frasi più comuni pronunciate dall’AIPAC ai funzionari del Congresso è: “uso massiccio delle armi chimiche di Assad”.

A quanto si dice, Bandar è d’accordo sul fatto che Israele può prendere le decisioni ma che l’attacco aereo sarà guidato dagli Stati Uniti e coinvolgerà grosso modo due dozzine di alleati americani, tra cui la Turchia, il Regno Unito e la Francia. Il settimanale tedesco ‘Focus’ il 26/08/2013 ha riportato che l’8200 Unità delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) ha intercettato la leadership siriana durante l’attacco chimico della settimana precedente e che Israele abbia “venduto” le informazioni incriminanti alla Casa Bianca.

Un gruppo da Israele è arrivato a Washington il 26 agosto scorso. Comprendeva il capo dell’autorità politica e di sicurezza presso il ministero della Difesa di Israele, il maggiore generale Amos Gilad, il capo del Consiglio Pianificazione, il maggiore generale Nimrod Sheffer, e il capo del Dipartimento Ricerca dei Servizi Segreti , il brigadier generale Ital Brun. Dopo alcune accese discussioni, hanno condiviso alcuni dei loro nastri con i funzionari americani.

Le argomentazioni di Bandar e dell’AIPAC, esposte dalla delegazione al Congresso come parte della “condivisione di Israele delle proprie informazioni di prima qualità”, posso essere riassunte come segue:

Gli Stati Uniti devono evitare mezze misure per perseguire una risposta punitiva limitata per l’uso delle armi chimiche. Ciò che serve è una sostenuta campagna di bombardamenti in stile Bosnia finché Bashar al-Assad sarà destituito. Cedere alla tentazione sarebbe un errore.

L’uso delle armi chimiche offre al presidente Obama un’opportunità immeritata per correggere le proprie errate politiche mediorientali. In qualità di rappresentante d’Israele, Robert Satloff del Washington Institute for Near East Policy (WINEP) dice a chiunque abbia voglia di ascoltare che “la profonda riluttanza di Obama di impegnarsi in Siria è chiara a tutti. Questa esitazione è parte della sua politica di diminuire il coinvolgimento americano in Iraq e Afghanistan e del suo patrocinare l’idea del “costruire la nazione a casa”. Non è comprensibile e per i milioni di americani che vedono la Siria come una lotta donata dal cielo tra radicali sciiti e radicali sunniti, è imprudente e inappropriato”.

Secondo i sauditi, “ora l’amministrazione di Obama fronteggia il regime di Bashar al-Assad e i suoi finanziatori iraniani che credono di poter colpire nel vivo il potere e del prestigio americani nella regione testando i paletti del presidente sull’uso delle armi chimiche”. WINEP dimostra in una comunicazione appena rilasciata: “Per Assad, l’uso su larga scala delle armi chimiche serve a molteplici scopi: demoralizza i ribelli, sottolinea l’impotenza dei loro finanziatori e fornitori esterni, e conferma ai protettori di Assad stessi che continuerà a combattere fino alla fine. Per gli iraniani, l’uso delle armi chimiche da parte di Assad rende la Siria – che non è una centrale nucleare iraniana – il campo di battaglia per testare la determinazione americana”.

Per Bander e i suoi collaboratori sionisti, la questione fondamentale non è se Obama autorizzerà o meno l’uso delle forze americane come risposta all’uso delle armi chimiche da parte della Siria. Piuttosto, l’imperativo principale è che gli Stati Uniti usino qualsiasi forza necessaria per riuscire a cambiare il regime e scegliere il prossimo assicurandosi che sarà favorevole a Israele.

WINEP e AIPAC sostengono che se l’azione militare americana ha il solo scopo di punire Assad per aver violato le norme internazionali sulle armi chimiche, “avrà puramente l’effetto di definire per Assad gli strumenti accettabili per le uccisioni di massa – forse solo le quantità accettabili di armi chimiche da usare in qualsiasi momento – e influenzerà poco il risultato del conflitto siriano; infatti, potrebbe solo incoraggiare Assad e i suoi alleati”.

Bandar ha detto agli amici del Congresso, che conosce da decenni, che se l’azione militare americana deve essere ideata per alterare l’equilibrio di potere tra i vari gruppi ribelli e l’alleanza Siria/Iran/Hezbollah ci sarà bisogno di un cambiamento su vasta scala nella strategia sul campo americana per fornire e addestrare delle milizie avverse esaminate con cura.

Per Israele e i suoi agenti, la cosa peggiore di tutte è la vittoria dell’asse Assad/Iran/Hezbollah, determinata da una breve ma impetuosa serie continua di missili cruise. Un potere mondiale a migliaia di chilometri di distanza non può soppesare lo stallo per garantire che nessuna delle due parti vincerà; dobbiamo dare la priorità ai risultati più negativi e usare le nostre risorse per prevenirli.

Il progetto Bandar-sionista non è ancora irreversibile. Il Pentagono e soprattutto il Segretario della Difesa, Chuck Hagel, e il capo dello stato maggiore congiunto, Martin Dempsey, sono molto preoccupati e hanno minacciato di dimettersi in segno di protesta. Perché loro si rendono conto che c’è un forte rischio che la risposta siriana porterà a uno scontro con uno dei suoi vicini, un alleato americano. Qualsiasi scenario è possibile dal momento in cui il primo missile lascerà le navi americane nel Mediterraneo orientale.

Fonti in Iran e in Siria avevano informato questi osservatori di aspettarsi che il bombardamento da parte degli Stati Uniti cominciasse entro fine agosto.

Traduzione per InfoPal a cura di Roberta Toppetta