“Il procuratore della Corte Penale Internazionale ha tradito la sua etica professionale ed è una vergogna per il sistema legale britannico”

MEMO. Di Muhammad Jamil. Da quando è diventato Procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) nel giugno 2021, Karim Khan non ha risposto a nessuna richiesta di incontro con le organizzazioni per i diritti umani e avvocati per discutere la loro situazione e capire come intende completare le indagini avviate dal suo predecessore, Fatou Bensouda. Né ha mai chiesto un incontro con le migliaia di vittime per esprimere loro solidarietà.

“Il Procuratore è convinto che ci sia una base ragionevole per avviare un’indagine sulla situazione in Palestina”, aveva annunciato Bensouda il 20 dicembre 2019. Aveva quindi chiesto alla I Camera Preliminare di pronunciarsi in merito alla portata della giurisdizione territoriale della Corte sulla situazione in Palestina.

Il 5 febbraio 2021 la Camera aveva deciso all’unanimità che la CPI può esercitare la sua giurisdizione sulla situazione in Palestina e che l’ambito territoriale di tale giurisdizione si estende a Gaza e alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Un mese dopo, Bensouda ha annunciato l’avvio di un’indagine ufficiale sulla situazione in Palestina, riguardante i crimini che rientrano nella giurisdizione della CPI e commessi dal 13 giugno 2014.

Il predecessore della Khan ha emesso la decisione per l’apertura di un’inchiesta ufficiale dopo sette anni di indagini preliminari. Si tratta di un periodo relativamente lungo rispetto ad altri casi che sono stati lasciati a Khan perché prendesse le misure necessarie per perseguire gli autori dei crimini presentati davanti a lui.

Tuttavia, l’avvocato britannico e della Corona ha completamente ignorato tutti i crimini presentati davanti a lui che rientrano in quelli previsti dalla Convenzione di Roma, tra cui gli insediamenti illegali di Israele, gli omicidi, gli arresti, le torture, gli attacchi contro i luoghi sacri, l’assedio della Striscia di Gaza e le guerre lanciate dallo Stato di occupazione sulla Striscia di Gaza, oltre ad altri casi sia correlati che separati.

La rapida azione messa in atto da Khan sulla situazione in Ucraina, che ha seguito la richiesta dei Paesi occidentali non aderenti alla Convenzione di Roma, guidati dagli Stati Uniti, ha messo in luce il suo palese disinteresse nei confronti del dossier sulla Palestina. In pochi mesi, ha completato sia le indagini iniziali che quelle ufficiali e la CPI ha emesso un mandato di arresto contro il presidente russo Vladimir Putin.

Il Procuratore è stato ampiamente criticato anche quando è stato fatto un paragone tra la risposta della CPI per la Palestina e per l’Ucraina. Infatti, nonostante la decisione di aprire un’indagine ufficiale, il fascicolo sulla Palestina è stato occultato, mentre il caso dell’Ucraina si è mosso alla massima velocità. Ciò è stata una vergogna per Khan a livello personale e professionale e solleva interrogativi sull’imparzialità e la politicizzazione della CPI, soprattutto perché le indagini del tribunale hanno riguardato solo la Russia e non l’Ucraina.

Ciononostante, c’era ancora la speranza che Khan agisse, finché si sono verificati gli eventi del 7 ottobre. Ancora una volta, è rimasto in silenzio nonostante i massacri commessi. Non ha rilasciato alcuna dichiarazione fino a quando, 22 giorni dopo, si è presentato al valico di frontiera di Rafah e ha parlato della necessità di aiuti umanitari e delle inchieste che il suo ufficio stava conducendo sulla guerra del 2014.

“Le dichiarazioni di Khan hanno messo a nudo la sua totale impotenza e hanno rafforzato l’impunità di Israele”.

Sarebbe stato meglio per lui rimanere in silenzio. Le sue dichiarazioni di quel giorno hanno messo in luce la sua totale impotenza e hanno rafforzato l’impunità di Israele. A ciò ha fatto seguito un articolo sul The Guardian in cui condannava fermamente gli avvenimenti del 7 ottobre e promuoveva persino la propaganda israeliana su stupri e incendi dolosi.

Ha poi descritto i crimini israeliani come una risposta professionale, compresi i massacri, la distruzione e lo sfollamento nella Striscia di Gaza. Il suo messaggio allo Stato di occupazione era che poteva continuare la sua aggressione finché avesse dimostrato che le sue azioni erano conformi al diritto umanitario internazionale.

La pericolosa svolta nella posizione di Khan è stata la sua presenza a Gerusalemme il 30 novembre, un giorno prima della fine della tregua e dell’annuncio di Israele di voler procedere con le operazioni militari. La CPI ha annunciato su X che Khan era in visita in Israele su richiesta dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime per esprimere la sua solidarietà e che si sarebbe recato a Ramallah per incontrare i funzionari dell’Autorità Palestinese.

Secondo il Jerusalem Post, la visita di Khan è stata “a sorpresa”. L’annuncio è stato in qualche modo improvvisato, con una foto di Khan che sembrava un turista a Gerusalemme. Il giornale ha rivelato che il procuratore della CPI aveva incontrato alcune famiglie delle vittime israeliane all’Aia prima della sua visita in Palestina.

Yonah Bob del Jerusalem Post ha dichiarato che Khan aveva promesso un’intervista esclusiva mesi fa, ma si è tirato indietro. Invece, durante la sua visita di tre giorni, ha rilasciato un’intervista ad Haaretz in cui ha affermato che quanto accaduto il 7 ottobre costituisce un crimine di guerra, mentre quando si è riferito alle azioni di Israele ha usato la parola “presunto” crimine, con estrema cautela, e ha cercato di non dire nulla di estremo quando ha descritto i crimini israeliani.

Il lavoro del Procuratore non prevede di percorrere lunghe distanze per visitare uno Stato non membro della Convenzione di Roma per esprimere la propria solidarietà alle vittime, soprattutto in un momento in cui le vittime di uno Stato membro della CPI attendono da anni di incontrare il Procuratore o di fargli prendere provvedimenti seri sui fascicoli che gli sono stati sottoposti.

Il post su X non rivelava alcuna intenzione di incontrare i sopravvissuti palestinesi o le famiglie delle vittime dell’aggressione israeliana. Indicava solo la sua intenzione di incontrare funzionari palestinesi a Ramallah. Se Khan avesse fatto un giro a Ramallah o in qualsiasi altra città o campo profughi, sarebbe stato testimone delle violazioni commesse contro i palestinesi per mano delle forze di occupazione israeliane.

Inoltre, Khan non ha espresso alcuna intenzione di visitare Gaza, che sta affrontando un genocidio per mano dell’occupazione israeliana che ha ripreso i bombardamenti il giorno dopo la sua visita. Dato che Gaza è un luogo molto pericoloso al momento, Khan avrebbe potuto visitare i feriti negli ospedali in Turchia, Egitto, Giordania e altri paesi arabi per ascoltare le loro testimonianze su ciò che è accaduto a Gaza.

Questa immoralità va oltre ogni immaginazione. Khan ha trascorso il suo tempo visitando lo stato occupante, che sta commettendo atrocità genocide testimoniate in tempo reale su tutti i social media. Avrebbe dovuto cogliere l’occasione della tregua per visitare la Striscia di Gaza, ma ha scelto di rivelare la sua predisposizione ideologica nei confronti dell’aggressore. I dettagli della visita non sono stati rivelati, ma fonti affermano che ha visitato il Gaza Envelope insieme ad alcuni leader militari, così come Elon Musk. Le autorità israeliane probabilmente lo smaschereranno presto e condivideranno le foto della sua visita.

Non è più possibile tacere e accettare che Khan rimanga al suo posto. Tra il 4 e il 14 dicembre, l’Assemblea Generale degli Stati membri della Corte Penale Internazionale, l’organo legislativo della Corte, terrà la sua 22esima sessione. Occorre compiere ogni sforzo per convincere l’Assemblea Generale a destituire il Pubblico Ministero; è l’unico organismo che può farlo, dato il sistema imperfetto della Corte Penale Internazionale e la mancanza di qualsiasi monitoraggio del lavoro del pubblico ministero.

Khan ha infranto il suo giuramento, ha tradito l’etica della sua professione e ha disonorato uno dei sistemi legali e giudiziari più antichi da cui proveniva. Ha distrutto i principi su cui è stata creata la Corte Penale Internazionale, politicizzandone e danneggiandone l’integrità e l’imparzialità. È ora che se ne vada.

Inoltre, la Corte Penale Internazionale non è più l’organismo appropriato per indagare sui crimini di Israele. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite dovrebbe istituire un tribunale speciale, come è stato fatto per indagare sui crimini commessi in Ruanda e nell’ex Jugoslavia. Non si deve permettere a Israele di agire impunemente. Deve essere ben chiaro che ne verrà tenuto conto.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi