Il supplizio di Sisifo.

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Il supplizio di Sisifo
di Jahara Baker per MIFTAH, 11 Aprile 2007

Un vecchio proverbio arabo descrive la frustrante situazione di mancare per poco un obiettivo che si riteneva certo "come un boccone, che quasi arriva in bocca". Per i prigionieri palestinesi che, nell’ultimo anno, hanno ripetutamente sentito voci che davano per imminente uno scambio di prigionieri e che sempre è andato storto all’ultimo minuto, questo è come probabilmente si sentono.

Dalla cattura del caporale israeliano Gilad Shalit nel Giugno 2006 ad opera di un commando della resistenza palestinese composto da agenti di Hamas, i Palestinesi ed Israeliani hanno ingaggiato una danza del cigno su quanti e quali prigionieri palestinesi rilasciare in cambio del soldato israeliano. Comunque, una volta dopo l’altra, proprio come Sisifo, il personaggio della mitologia greca, che continua a spingere un macigno su per la collina, solo per vederlo poi rotolare di nuovo giù, ogni quasi-accordo fallisce esattamente alla fine.

Negli ultimi giorni, ci sono stati molti resoconti di stampa circa un ulteriore accordo che veniva rifinito tra Hamas ed il governo israeliano su uno scambio di prigionieri.

Con l’aiuto della mediazione egiziana, il quasi accordo si è arrestato con stridore di freni la scorsa notte, quando il governo israeliano ha annunciato che aveva rifiutato la lista dei prigionieri presentanta dai Palestinesi in cambio del rilascio si Shalit. Israele non assentirà mai, in nessuna circistanza, a liberare Palestinesi che hanno "sangue ebraico sulle loro mani".

Sembrerebbe che tra le centinaria di prigionieri di cui i Palestinesi vogliono il rilascio ci sarebbero dirigenti operativi di Hamas accusati da Israele di aver orchestrato e partecipato ad operazioni militari risultate in morte di Israeliani, insieme al segretario di Fatah nella West Bank, Marwan Barghouti, che sconta cinque condanne a vita, ed il segretario generale del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina, Ahmad Saadat, che secondo Israele pianificò l’uccisione dell’allora ministro del turismo Rehavam Zeevi.

Ciò che è stupefacente è che nulla è cambiato. Questa non è la prima volta che i Palestinesi hanno insistito sul rilascio di Barghouti e Saadat, e non è certo la prima volta che Israele ha mandato all’aria uno scambio di prigionieri per via della lista palestinese. Nè è la prima volta che l’Egitto è risultato coinvolto nei negoziati. Dunque perché dovremmo credere che stavolta sarà diverso?

L’aspetto veramente tragico di questa giostra negoziale è quante speranze sono svanite dopo il ripetuto fallimento nel raggiungere un accordo finale. Sebbene il massimo numero di prigionieri menzionato per ogni possibili rilascio è attorno ai 1.400 per un totale approssimativo di 10.000 prigionieri politici palestinesi attualmente nelle prigioni palestinesi, non c’è dubbio che ogni singolo prigioniero, le loro famiglie e la gente rimangono profondamente delusi ogni volta che un accordo fallisce.

Mentre i Palestinesi comprendono che Israele in fondo ha il potere di accettare o porre il veto ad ogni nome sulla loro lista di prigionieri, ciò che continua a mancare è lo spostamento dell’accento dalle accuse di "prigionieri terroristi" alle atrocità commesse da israele, comprese quelle che potrebbe aver commesso Shalit stesso.

Israele è molto abile nell’evocare una immagine barbara dei Palestinesi, convincendo il mondo che quelli che stanno dietro le sbarre sono lì per via dei loro atroci crimini contri civili israeliani. Israele capisce fin troppo bene che più propina al mondo al sua propaganda e diffama la causa palestinese e la sua resistenza, meno comprensione la comunità internazionale avrà per questi prigionieri e meno pressione eserciterà su Israele per accettare ogni scambio di prigionieri se non ai loro termini.

Quello che i Palestinesi devono fare è mostrare al mondo che le mani di Israele certmente non sono nette di "sangue palestinese". Sebbene la storia personale di Shalit non può essere pubblicamente divulgata, è un fatto che lui era un caporale dell’esercito israeliano ed era in missione nella Striscia di Gaza durante una delle sue più aggressive invasioni militari da anni. L’esercito israeliano è noto per uccidere, devastare case e demolire interi quartieri nei Territori Palestinesi, la Striscia di Gaza in particolare. Quindi, anche se Shalit non ha mai premuto personalmente un grilletto che ha ucciso o ferito un Palestinese, era parte di un sistema che sosteneva, incoraggiava, e compiva queste azioni, rendendolo tutt’uno coni crimini di Israele contro i Palestinesi.

Con ciò non intendo dire che attraverso le uccisioni, la morte o la distruzione non si possa arrivare comunque ad accordi di pace. Ma ad Israele non dovrebbe essere permesso di salire su un piedistallo quando si tratta dei criteri della lista dei prigionieri palestinesi. Per cominciare, i Palestinesi e gli Israeliani non sono combattenti allo stesso livello in questo conflitto. Come popolo occupato, i Palestinesi hanno ogni diritto a resistere contro i loro occupanti.

In secondo luogo, Israele ha di gran lunga superato i Palestinesi nel computo delle atrocità. Se le cifre sono a posto, allora i Palestinesi hanno il dovere di ricordare al mondo tutti gli uomini, le donne e i bambini che sono stati uccisi nelle loro case, di bambini trovati morti nei loro letti dopo che le loro case venivano demolite su di loro. Le statistiche provano quanto veramente squilibrato sia il conflitto. Secondo il National Information Center con sede a Gaza, oltre 5.000 Palestinesi sono stati uccisi dagli Israeliani dall’inizio dell’Intifada, tra questi 939 bambini. Il Middle East Policy Council di Washington pone le vittime israeliane dello stesso periodo a solo oltre 1.000.

Pertanto, è forse tempo di cambiare la dinamica della posizione palestinese. Invece di accettare di essere sempre messi sulla difensiva, i Palestinesi devono prendere l’iniziativa ed imporre la propria agenda. Israele deve capire che se anche ha il potere di stracciare la lista dei prigionieri palestinesi, non può costringere i detenuti a rilasciare Shalit, una cosa che l’esercito ha tentato di fare, fallendo. Una volta che il governo Olmert capisce che i Palestinesi non parteciperanno più a questa assurda danza, allora forse la musica cambierà.

Il Sisifo Palestinese ha spinto abbastanza il suo macigno. Per una volta dichiariamo vittoria e mettiamolo sulla cima.

 Traduzione Gianluca Bifolchi

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