Israele non è mai stata una democrazia: perché allora l’occidente si lamenta della fine di uno stato “liberale”?

MEMO. Di Ramzy Baroud. La scorsa settimana, prima ancora che il nuovo governo di coalizione israeliano prestasse ufficialmente giuramento, sono comparse reazioni di sdegno, non solo tra i Palestinesi e negli altri governi del Medio Oriente, ma anche tra gli alleati di Israele in occidente. Già il 2 novembre, alti funzionari statunitensi avevano dichiarato ad Axios che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden “difficilmente si sarebbe impegnata con il politico suprematista ebreo Itamar Ben-Gvir”.

In realtà, i timori del governo statunitense hanno tralasciato la presenza di Ben-Gvir nel nuovo governo, che nel 2007 era stato condannato dai tribunali israeliani per aver fornito sostegno ad un’organizzazione terroristica e incitato al razzismo. Infatti, il segretario di stato americano Tony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan avrebbero soltanto “accennato” alla notizia secondo la quale Washington boicotterà anche “altri estremisti di destra” del governo di Netanyahu.

Pare inoltre che tali preoccupazioni non siano nemmeno state citate nella dichiarazione rilasciata dall’ambasciatore statunitense in Israele, Tom Nides, il giorno successivo. Nides ha spiegato di essersi “congratulato [con Netanyahu] per la sua vittoria e gli ho detto che non vedo l’ora di lavorare insieme per mantenere il legame indissolubile” tra i due Paesi. In altre parole, questo “legame indissolubile” è più forte di qualsiasi preoccupazione degli Stati Uniti nei riguardi del terrorismo, dell’estremismo, del fascismo e di ogni altra attività criminale.

Ben-Gvir non è l’unico criminale condannato presente nel governo di Netanyahu. Aryeh Deri, leader del partito ultra-ortodosso Shas, è stato condannato per frode fiscale all’inizio del 2022 e, nel 2000, aveva scontato una pena detentiva per aver accettato tangenti quando era ministro degli Interni. Bezalel Smotrich è un altro personaggio controverso. Il razzismo anti-palestinese ha dominato la sua politica per molti anni. Mentre a Ben-Gvir è stata assegnata la carica di ministro della Sicurezza Nazionale, a Deri è stato affidato il ministero degli Interni e a Smotrich il ministero delle Finanze.

I Palestinesi e i Paesi arabi sono furiosi, e a ragione. Si rendono conto che il nuovo governo potrebbe seminare altra violenza e caos. Con una simile concentrazione di inquietanti e minacciosi politici israeliani in un governo, gli arabi sanno che l’annessione illegale di ampie zone dei Territori Palestinesi Occupati da parte di Israele è di nuovo all’ordine del giorno e che l’incitamento contro i Palestinesi di Gerusalemme Est occupata, assieme alle incursioni nella Moschea di Al-Aqsa, aumenteranno in modo esponenziale nelle prossime settimane e mesi. Inoltre, si prevede che anche la spinta alla costruzione e all’espansione degli insediamenti illegali sia destinata a crescere.

Questi timori non sono infondati. A parte le dichiarazioni e le politiche estremamente razziste e violente di Netanyahu e dei suoi alleati negli ultimi anni, il nuovo governo ha già dichiarato che il popolo ebraico ha “diritti esclusivi e inalienabili su tutte le parti della Terra di Israele”. Promette di espandere gli insediamenti, mentre prende le distanze da qualsiasi impegno sottoscritto per la creazione di uno Stato palestinese, o anche solo per impegnarsi in un “processo di pace”.

I Palestinesi e i loro alleati arabi sono stati in gran parte coerenti nel riconoscere, legislatura dopo legislatura, l’estremismo dei governi israeliani che si sono succeduti. Ma quali scuse hanno gli Stati Uniti e l’occidente per non riconoscere – o anche solo ammettere – che l’ultimo governo guidato da Netanyahu non è solo l’amministrazione più estremista di sempre dello Stato di occupazione, ma anche il risultato più logico del cieco sostegno fornito dall’occidente a Israele nel corso degli anni?

Nel marzo 2019, Politico ha additato Netanyahu come il creatore del “governo più di destra della storia di Israele”, un’affermazione che è stata ripetuta un’infinità di volte anche da altri media occidentali. Ma questo cambiamento ideologico era stato riconosciuto dai media israeliani già alcuni anni prima. Nel maggio 2016, il popolare quotidiano israeliano Maariv aveva descritto il governo israeliano di allora come il “più di destra ed estremista” nella storia del paese. Ciò era dovuto, in parte, al fatto che il politico di estrema destra Avigdor Lieberman era stato nominato ministro della Difesa.

Anche l’Occidente aveva espresso preoccupazione, mettendo in guardia contro il declino della presunta democrazia liberale di Israele e aveva chiesto di continuare l’impegno nel processo di pace e nella soluzione dei due stati. Nulla di tutto ciò si è però visto nella pratica. Al contrario, negli anni successivi le figure terrificanti di quel governo sono state ribattezzate come conservatori, centristi o addirittura liberali.

È probabile che lo stesso accada ora. Infatti, sono già visibili i segni della volontà degli Stati Uniti di assecondare qualsiasi tipo di politica estremista che verrà prodotta da Israele. Nella sua dichiarazione di benvenuto al nuovo governo israeliano, la settimana scorsa Biden non ha detto nulla sulla minaccia della politica di estrema destra di Tel Aviv per il Medio Oriente. Ha invece scelto di sottolineare le “sfide e le minacce” poste nella regione contro Israele. In altre parole, Ben-Gvir o non Ben-Gvir, il sostegno incondizionato degli Stati Uniti a Israele rimarrà intatto.

Se la storia ci insegna qualcosa, anche le future violenze e istigazioni in Palestina saranno imputati principalmente, se non totalmente, ai Palestinesi. Questo prevedibile atteggiamento a favore di Israele ha sempre caratterizzato le relazioni dello stato dell’apartheid con gli Stati Uniti, indipendentemente dal fatto che i governi israeliani fossero guidati da estremisti o da presunti liberali. In ogni caso, Israele mantiene il suo falso status di “unica democrazia del Medio Oriente”.

Se siamo costretti a credere che la “democrazia” esclusivista e razzista di Israele sia in qualche modo una democrazia, allora siamo giustificati anche a credere che il nuovo governo di Netanyahu non sia né meno né più democratico dei precedenti governi dello stato. Eppure, politici e commentatori occidentali, e persino leader e organizzazioni ebraiche pro-Israele negli Stati Uniti, hanno messo in guardia contro il presunto pericolo che incombe sulla “democrazia liberale” di Israele ancora prima che il nuovo governo di Netanyahu venisse formato.

Si tratta di una forma indiretta di whitewashing poiché queste opinioni accettano la narrazione secondo la quale quel che Israele ha praticato dalla sua creazione, nel 1948, fino ad oggi sia una sorta di vera democrazia, e che Israele sia rimasta una democrazia anche dopo l’approvazione della controversa Legge sullo Stato-Nazione del 2018 che lo definisce come uno stato ebraico, ignorando completamente i diritti del 20% dei cittadini del paese che si dà il caso siano non ebrei.

È solo una questione di tempo prima che anche l’ultimo governo israeliano di estrema destra venga whitewashed come prova del fatto che Israele può trovare un equilibrio tra l’essere esclusivamente ebraico e anche democratico allo stesso tempo.

Questo è già accaduto nel 2016 quando gli allarmi lanciati a proposito dell’ascesa dell’estremismo di estrema destra in Israele, a seguito del patto Netanyahu-Lieberman, sono rapidamente scomparsi, per poi svanire del tutto. Invece di boicottare quel governo, nel settembre 2016 l’amministrazione statunitense ha approvato il più grande pacchetto di aiuti militari mai concesso ad Israele, pari a 38 miliardi di dollari.

In realtà, dal 1948 Israele non è cambiato quasi per niente, né per quel che riguarda la sua auto-definizione né nel trattamento riservato ai Palestinesi. Non capire ciò significa approvare tacitamente tutte le politiche razziste, violente e coloniali di Israele nella Palestina occupata degli ultimi 75 anni. Allora perché l’occidente si lamenta della fine di uno stato “liberale” che in realtà non è mai esistito?

(Foto: Palestinesi con striscioni e bandiere palestinesi si riuniscono durante una protesta contro il sostegno del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a Israele presso il Parco commemorativo del Milite Ignoto a Gaza, il 14 luglio 2022 [Ali Jadallah/Anadolu Agency]).

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi