Riceviamo e pubblichiamo
Un illustre personaggio della politica americana, allineato con la visione del mondo tanto cara a una certa parte di quel popolo, che ha detenuto le chiavi del potere e che pochi potrebbero identificare con un uomo legato ad esso, ha pubblicato un libro, leggendo il quale, afferma che la politica che ha caratterizzato gli ultimi cinquant’anni della questione palestinese, è sempre stata determinata da una accettazione generalizzata e quasi fatalista dei soprusi a danno del popolo palestinese.
La continua discriminazione nei suoi confronti e la disponibilità alquanto teorica ad appoggiare le ragioni del suddetto popolo nel tentare di risolvere questo annoso problema, auspicherebbe interventi diplomatici assai più determinanti.
Questo personaggio afferma anche che i soprusi perpetrati a danno dei palestinesi da parte dei governi israeliani, sono sempre stati tollerarti, come se facessero parte di una consuetudine accettata dai più, una situazione quasi naturale e inevitabile, per motivi vari, ma principalmente di interesse.
L’uomo di cui stiamo parlando è l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter.
Egli ha scritto un libro in cui tutte queste affermazioni sono contenute, soprusi, ingiustizie, razzismo, intolleranza e stragi compiute dallo stato di Israele invasore.
Un lettore poco attento potrebbe domandarsi cosa di eccezionale si celi dietro a queste affermazioni ormai note a tutti, ascoltate e riascoltate, quasi noiose perché si ripetono sempre le stesse cose.
Ebbene, l’eccezionalità risiede nel fatto che tutto ciò è stato scritto non dall’ennesimo cronista, politologo o storico, ma da un presidente degli Stati Uniti.
Questo ci fa ritenere che forse finalmente qualcosa si stia muovendo nelle coscienze del potere americano.
Coscienza di pochi illuminanti, intellettuali e non, gente che è stufa delle guerre e della pretesa americana di essere il tutore del mondo, come se il mondo avesse bisogno della tutela di una nazione prepotente, capace di intervenire solo se vengono minacciati i suoi interessi nazionali ed internazionali.
Tra questa massa eterogenea spicca la figura di un presidente, un uomo che sicuramente ha vissuto in prima persona gli eventi più significativi di una parte del XX secolo.
Cosa porta un uomo simile a rivoluzionare in modo catartico il suo pensiero al punto di ottenere il premio Nobel per la pace?
Non penso che sia l’interesse, ma solo un’attenta analisi della situazione rivisitata senza preconcetti e ”prerssioni”.
Carter si rivolge agli americani dicendo loro ”Svegliativi”: non tutto quello che vi propinano i mezzi d’informazione corrisponde a verità.
La disinformazione regna sovrana perché ciò importa al potere.
Quello che conta è che l’opinione pubblica venga informata in modo distorto e incompleto per far sì che gli americani che pagano le tasse, con le quali il loro governo sovvenziona Israele, siano convinti che questa la cosa è giusta.
L’interesse alla difesa ad oltranza di Israele è dovuto al fatto che negli Stati Uniti le lobby sioniste detengono una larga parte del potere economico e, quindi, l’impopolarità ai loro occhi, determinerebbe danni incalcolabili all’economia americana.
Ecco che ritorna il discorso del popolo americano, tutore della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia di tutto il mondo.
Questo atteggiamento fa comprendere il motivo per cui dietro a una faccia buonista si cela ben altro.
Non è forse una limitazione della libertà di un popolo che ha fatto strage di donne e bambini innocenti, consentire che venga condannato a livello internazionale, magari con pesanti sanzioni e l’isolamento politico?
Proprio per questo motivo la ”democraticissima” America pone il veto a tali inconcepibili ”soprusi”.
Il presidente Carter conclude affermando che la volontà di risolvere la questione palestinese risiede nella semplice determinazione nell’affrontarla realmente, senza falsi pudori né interessi economici, con il dialogo, nell’intento più puro di ritrovare uno spirito di tolleranza, libertà e fraternità che dovrebbe essere prerogativa di tutti popoli della terra.