La rete mondiale delle basi Usa.

LA RETE MONDIALE DELLE BASI USA

JULES DUFOUR, Mondialisation.ca, traduzione Comedonchisciotte

24 giugno 2007

Le basi del terrore dei popoli o le maglie di una rete che imprigiona
l’umanità

Il controllo delle attività umane, economiche, sociali e politiche mondiali
è assicurato sempre più dagli Stati Uniti d’America (USA) la cui volontà di
dominio si esprime in una strategia di interventi diretti ed indiretti
continui per orientare le norme degli affari mondiali in funzione dei loro
interessi. Il Rapporto Globale 2000, pubblicato nel 1980, presentava lo
stato del mondo evidenziando le minacce che avrebbero potuto pesare su
questi interessi. Venti anni più tardi, gli Statunitensi, per giustificare,
nel contesto della loro sicurezza, gli interventi compiuti ad ogni
latitudine, costruiscono la più grande montatura che si possa immaginare:
"una guerra mondiale contro il terrorismo" o, in altri termini, una guerra
contro quelli/e che osano non voler diventare i loro schiavi.

I quattro elementi maggiori della strategia di conquista e di dominio del
mondo da parte degli Statunitensi sono

1) controllo dell’economia mondiale e dei mercati finanziari;

2) saccheggio di tutte le risorse naturali (materie prime e risorse
energetiche) nevralgiche per la crescita delle loro ricchezze e del loro
potere attraverso le attività delle corporazioni multinazionali;

3) controllo dei 191 governi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite
ed infine

4) la conquista, l’occupazione e la sorveglianza di questi elementi grazie
ad una rete di basi o di installazioni militari che coprono l’intero Pianeta
(continenti, oceani e spazio extra-atmosferico). Si tratta di un Impero di
cui è ben difficile determinare la giusta ampiezza.

È tuttavia possibile descriverne la configurazione globale a partire dalle
informazioni rese pubbliche nei rapporti annuali presentati al Congresso
statunitense sulle spese militari nazionali e la rete delle basi militari
dislocate all’estero ed anche in una serie di analisi della configurazione
di questo insieme in numerose regioni del mondo.

Questo articolo ha per obiettivo di presentare un breve prospetto della rete
mondiale delle basi militari possedute o controllate dagli Statunitensi, gli
effettivi, le aree della divisione spaziale di queste installazioni, i costi
annui del loro impiego, gli elementi da esse sorvegliati ed i progetti
attuali di espansione di questa rete.

Esamineremo, in una seconda parte, il movimento mondiale di resistenza
popolare a questi progetti. Analizzeremo, in un altro articolo, le reti di
altre potenze nucleari come quelle del Regno Unito, della Francia e della
Russia.

I. Le basi militari.

Le basi militari sono i luoghi di addestramento, di preparazione e di
stoccaggio degli equipaggiamenti di guerra degli eserciti nazionali nel
mondo. Sono poco conosciute, perché visitarle è di fatto proibito per il
grande pubblico. Benché esse presentino numerose configurazioni secondo le
specifiche funzioni che sono chiamate a svolgere, possono essere
classificate in quattro grandi categorie: le basi aeree (Air Force), foto 1
e 2, le basi terrestri (Army), le basi navali (Navy) e le basi di
comunicazioni e di sorveglianza (Spy).

Foto 1. Base aerea di Diego Garcia situata nell’Oceano Indiano:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25.

Foto 2. Diego Garcia. Vista di due B-52 e di sei Kc-135:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25.

II. Più di 1000 basi o installazioni militari

La maggior parte delle fonti di informazioni su questa questione
(soprattutto C. Johnson, il Comitato di Sorveglianza della Nato,
l’International Network for the Abolition of Foreign Military Bases, ecc.)
rivelano che gli Statunitensi posseggono o occupano tra 700 e 800 basi
militari nel mondo.

Concepita da Hugh d’Andrade e realizzata da Bob Wing, la carta 1 intitolata:
"U.S. Military Troops and Bases around the World", The Costs of ‘Permanent
War’, pubblicata nel 2002, permette di costatare la presenza di militari
statunitensi in 156 paesi, della loro presenza su basi statunitensi in 63
paesi, di basi recentemente costruite (dopo l’11 settembre 2001) in sette
paesi ed un totale di 255.065 effettivi militari. Questa presenza che si
traduce in un totale di 845.441 installazioni diverse copre, nei fatti, dei
terreni per una superficie di 30 milioni di acri. Secondo Gelman, basandosi
sui dati ufficiali del Pentagono del 2005, gli USA possiederebbero 737 basi
all’estero. Con quelle del territorio metropolitano e dei loro propri
territori, le basi coprirebbero una superficie totale di 2.202.735 ettari,
cosa che farebbe del Pentagono uno dei più grandi proprietari terrieri del
pianeta (Gelman, J., 2007).

Mappa 1. I militari statunitensi nel mondo. I costi della ‘guerra continua’
e alcuni dati comparativi:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

I dati di Peace Pledge Information 2003, indicano che tra il 2001 e il 2003
la rete statunitense comprendeva 730 installazioni e basi in più di 50 paesi
e si appoggiava su di un personale militare americano in dozzine di altri
paesi (mappa 2). Altre fonti menzionano che gli USA possedevano nel 2004 più
di 750 basi suddivise in 130 paesi su tutti i continenti. Un grande numero
di esse erano situate su isole. Secondo C. Johnson, l’Impero americano ne
possiederebbe o affitterebbe più di 1000 in totale all’estero (Johnson,
2007). In breve, le basi e le truppe statunitensi occupano e controllano la
quasi totalità degli spazi terrestri e marini del pianeta. Alcuni paesi
sembrano ancora sfuggir loro come la Siria, l’Iran, la Corea del Nord, Cuba
ed il Venezuela, una situazione che un Impero, si può esserne certi, non
potrà tollerare troppo a lungo.

Mappa 2. Le basi militari statunitensi nel mondo (2001-2003):
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

La mappa della Rete mondiale NO BASES (mappa 3) mostra quanto segue:

– Basi operative situate nel nord America, in alcuni paesi latino-americani,
in Europa Occidentale, nel Medio Oriente, in Asia centrale, in Indonesia,
nelle Filippine ed in Giappone.
– Basi disattivate
– Nuovi basi selezionate
– Basi di spionaggio
– Basi di spionaggio satellitare
– Paesi con basi statunitensi
– Basi la cui acquisizione è in negoziazione
– I paesi senza basi americane

Mappa 3. Le basi militari statunitensi:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

La superficie terrestre è strutturata in un vasto campo di battaglia

Queste basi o installazioni militari di diversa natura sono suddivise su di
una griglia di comandi divisi in cinque unità spaziali e quattro unità
speciali (Unified Combattant Commands, Mappa 4)

Mappa 4. Il mondo ed i territori sotto la responsabilità di un comando o
struttura di comando:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p
=s6736&s2=25.

Ogni unità è posta sotto il comando di un generale. La superficie terrestre
è dunque caratterizzata come un vasto campo di battaglia che può essere
pattugliato o sorvegliato costantemente a partire da queste basi.

I territori sotto comando sono (abbiamo conservato i loro nomi in inglese)
il Northern Command (Peterson Air Force Base, Colorado); il Pacific Command
(Honolulu, Hawaii); il Southern Command (Miami, Florida, mappa 5); il
Central Command (MacDill Air Force Base, Florida); l’European Command
(Stuttgard-Vaihingen, Germania); il Joint Forces Command (Norfolk,
Virginia): lo Special Operations Command (MacDill Air Force Base, Florida);
il Transportation Command (Scott Air Force Base, Illinois) e lo Strategic
Command (Offtut Air Force Base, Nebraska).

Mappa 5. Il Southern Command:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736
&s2=25

La NATO, in quanto alleanza militare ed ormai anche politica, possiede la
sua rete di basi, 30 in totale, situate prevalentemente in Europa
occidentale: Whiteman negli USA; Faurfors, Lakenheath e Mildenhall nel Regno
Unito; Eindoven in Ollanda; Brüggen, Geilenkirchen, Landsberg, Ramstein,
Spangdahlem, Rhein-Main in Germania; Istres e Avord in Francia; Morón de la
Frontera e Rota in Spagna; Brescia, Vicenza, Piacenza, Aviano, Istrana,
Trapani, Ancona, Pratica di Mare, Amendola, Sigonella, Gioia del Colle,
Grazzanise e Brindisi in Italia; Tirana in Albania; Incirlik in Turchia;
Eskan Village in Arabia saudita e Ali al Salem in Kuwait.

III. Un personale militare ad ogni latitudine

Secondo i dati della libera enciclopedia Wikipedia (dati del febbraio 2007),
il sistema della difesa statunitense metropolitana (si stimano a 6000 il
totale delle installazioni militari negli stessi USA) e mondiale fa capo ad
un personale di 1.400.000 persone di cui 1.168.195 negli Stati Uniti e nei
loro territori oltremare. Secondo la stessa fonte essi ne impiegano 325.000
all’estero di cui 800 in Africa, 97.000 in Asia (escludendo il Medio Oriente
e l’Asia centrale), 40.258 in Corea del Sud, 40.045 in Giappone, 491 nella
base di Diego Garcia nell’oceano Indiano, 100 nelle Filippine, 196 a
Singapore, 113 in Tailandia, 200 in Australia e 16.601 su navi da guerra.

In Europa, si conta ancora la presenza di 116.000 militari statunitensi di
cui 75.603 in Germania. In Asia centrale, circa 1.000 militari sono di
stanza nella base aerea di Ganci (Manas) in Kirghizistan e 38 si trovano a
Kritasanasi, in Georgia, la cui missione è di assicurare l’addestramento dei
soldati georgiani. In Medio Oriente, si contano 6.000 militari di cui 3.432
nel Qatar e 1.496 nel Barhein. In Occidente, fuori dagli USA e dai loro
territori, se ne ritrovano 700 a Guantanamo, 413in Honduras e 147 in Canada.

La mappa 3 presenta il personale in carica secondo una graduatoria di sette
grandi insiemi. Il numero totale del personale della Difesa limitato agli
Stati Uniti stessi e nei loro territori è di 1.139.034 militari. Nelle altre
regioni dell’emisfero occidentale se ne contano 1.825, in Europa 114.660, in
Africa subsahariana 682, in Africa del Nord, in Medio Oriente ed in Asia del
Sud 4.274 e nell’Est asiatico, nell’ex-URSS 143 e nel Pacifico 89.846.

IV. I costi di utilizzo di questa rete mondiale

Le spese militari degli USA sono passate da 404 a 626 miliardi di dollari,
valore equivalente del dollaro del 2007 (dati del Center for Arms Control
and Non-Proliferation di Washington) tra il 2001 e il 2007 e dovrebbero
superare i 640 miliardi nel 2008 (figura 1 e
http://www.armscontrolcenter.org/archives/002244.php ). Esse corrispondevano
nel 2006 al 3,7% del PIL e a 935,64$ pro capite.

Figura 1. Le spese militari degli USA dal 1998:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25.

Secondo i dati della mappa 1 (The Costs of "Permanent War and By the
Numbers") il bilancio della Difesa proposto nel 2003 di 396 miliardi di
dollari ha raggiunto nei fatti i 417.4 miliardi e corrispondeva già ad un
aumento di quasi il 73% in rapporto a quello del 2000 che ammontava a 289
miliardi e più della metà del bilancio discrezionario degli Stati Uniti. Dal
2003 queste spese vengono ad aggiungersi a quelle della guerra di
occupazione dell’Iraq che raggiunge oggi (fine marzo 2007) un totale
accumulato di 413 miliardi di dollari secondo il National Priorities
Project.

Le stime dei bisogni del bilancio della Difesa che sono stati presentati nel
marzo 2006 nel Libro verde della Difesa corrispondevano alla somma totale di
quasi 440 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2007. Il personale
richiesto era di 1.332.300 militari ed altri impiegati, ma è noto che questi
dati non comprendevano i crediti necessari per la guerra mondiale contro il
terrorismo. Si trattava dunque di bilancio regolare.

Amy Goldstein del Washington Post, nel quadro di un articolo sui fatti
salienti del bilancio nazionale del 2007 intitolato 2007 Budget Favors
Defense, scriveva a questo proposito: "nell’insieme, il bilancio dell’anno
fiscale 2007 avrà come effetto di attuare i cambiamenti che
l’Amministrazione si era riproposta di apportare nel corso degli ultimi
cinque anni, ossia di aumentare le capacità militari e di difesa contro le
minacce terroriste sul suolo degli Stati Uniti restringendo le spese in
numerosi settori di attività come quelli dell’educazione e del trasporto
ferroviario."

V. Delle basi per il controllo delle risorse energetiche fossili

Gli Usa hanno intrapreso, dopo gli eventi del 11 settembre 2001, una guerra
globale contro il terrorismo, prima in Afghanistan e successivamente in Iraq
e accanendosi contro i paesi che non obbediscono fedelmente all’ordine che
essi vogliono imporre all’insieme dell’umanità e particolarmente l’Iran, la
Corea del Nord, la Siria ed il Venezuela. Essi sorvegliano da vicino i
governi che non sono necessariamente favorevoli all’espansione della loro
influenza sulle risorse dei loro territori. Essi sono particolarmente
preoccupati dai movimenti di resistenza ai loro interventi nell’America del
Sud, cosa che ha portato il presidente Bush ad effettuare re­centemente una
visita lampo in numerosi paesi come il Brasile, l’Uruguay, la Colombia, il
Guatemala ed il Messico « Per promuovere la democrazia ed il commercio», ma
soprattutto per tentare di neutralizzare questi movimenti e di edificare un
contrappeso suffi ciente per frenarne l’espansione.

La stessa cosa vale anche per l’Asia centrale. Secondo Iraklis Tsavdaridis,
Segretario del Consiglio mondia le della Pace (WPC), la presenza delle basi
militari degli USA non deve essere percepita come al servizio di un
obiettivo puramente militare. Le basi sono lì per promuovere gli interessi
economici e politici del ca pitalismo degli Stati Uniti. Per esempio, le
imprese ed il governo statunitense hanno già manifestato un vivo interesse
per costruire un corridoio di sicurezza per il petrolio ed il gas naturale
del bacino del mar Caspio in Asia centrale passando attraverso
l’Afghanistan, il Pakistan ed il mar Arabo (mappa 6). Questa regione non
conterrebbe che il 6% delle riserve di petrolio conosciute ed il 40% de
lle
riserve di gas. La guerra di occupazione dell’Afghanistan e la costruzione
delle basi militari degli USA in Asia centrale sono considerate come
un’occasione propizia per fare di questo oleodotto una realtà.

Gli USA sono in guerra in Afghanistan ed in Iraq per questa ragione
fondamentale e vogliono perseguire queste operazioni sino al raggiungimento
del loro obiettivo. Secondo i dati dell’Enciclopedia libera Wikipedia, le
truppe statunitensi impiegate in questo paese hanno in totale quasi 190.000
militari. L’Operazione Enduring Freedom in Iraq soltanto è condotta da quasi
200.000 effettivi includendo i 26.000 soldati degli altri paesi partecipanti
alla "missione". Ventimila potrebbero congiungersi agli altri contingenti i
prossimi mesi. In Afghanistan, si conta la presenza di 25.000 militari in
totale (mappa 6 e 7).

Mappa 6. Il petrolio e le guerre nel Medio Oriente:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

Mappa 7. Le basi americane situate in Asia centrale:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

Mappa 8. I giacimenti di petrolio in America latina:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

VI. Delle basi militari per il controllo delle risorse rinnovabili
strategiche

Secondo la lista redatta dall’enciclopedia libera Wikipedia, le basi
statunitensi all’estero, eredità della Guerra fredda, erano situate
principalmente in Europa occidentale di cui 26 in Germania, 8 in Gran
Bretagna e 8 in Italia. A queste basi si potevano aggiungere 9 installazioni
in Giappone.

Nel corso degli ultimi anni e adesso, nel contesto della guerra contro "il
terrore", gli USA hanno iniziato la costruzione di 14 nuovi basi attorno al
Golfo persiano, un piano di costruzione o di rafforzamento di 20 basi (106
installazioni in totale) in Iraq per una spesa totale di 1.100 miliardi di
dollari in questo solo paese (Varea, 2007) e l’utilizzo di una decina di
basi in Asia centrale.

Hanno anche intrapreso o proseguito dei negoziati con diversi paesi per
installare, acquisire, ingrandire o affittare altre basi e, in particolare,
con il Marocco, l’Algeria, la Repubblica del Mali, il Ghana (Ghana WEB.
2006), il Brasile, l’Australia (Nicholson, B., 2007), la Polonia, la
Repubblica Ceca (Traynor, I., 2007), l’Uzbekistan, il Tagikistan, il
Kirghizistan, l’Italia (Jucca, L., 2007) e la Francia con un accordo per
installarsi a Gibuti (Manfredi, E., 2007). Tutti questi provvedimenti si
inseriscono nella prospettiva di approntare una serie di basi in un
corridoio est/ovest tra la Colombia, il Maghreb, il Vicino Oriente, l’Asia
centrale sino alle Filippine che gli Statunitensi hanno chiamato "arco di
instabilità" (Johnson, C., 2004) così come di assicurare un accesso facile e
permanente alle risorse idriche e biologiche di grande valore come quelle
del bacino amazzonico (Delgado Jara, D., 2006 e Mappe 9 e 10).

Le richezze biologiche dell’America latina:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

Le risorse in acqua dolce in America latina:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

VII. I movimenti di resistenza

Analogamente all’opposizione tradizionale organizzata e condotta dalle
organizzazioni pacifiste e anti-guerra nel mondo nel corso degli ultimi 40
anni, la ridefinizione della rete delle basi militari statunitensi imposte
da un reimpiego delle forze armate in funzione della localizzazione delle
risorse strategiche tradizionali e delle risorse rinnovabili di grande
valore suscita numerose manifestazioni di opposizione e di resistenza. Lo si
è potuto osservare recentemente in Spagna, in Equador, in Italia, in
Paraguay, in Uzbekistan, in Bulgaria e in diversi altri paesi. Queste
manifestazioni si sono aggiunte ai movimenti di resistenza di lunga data
sviluppati in Corea del Sud, Porto Rico, Guam, nelle Filippine, Cuba,
Europa, Giappone ed altrove.

Un movimento mondiale di resistenza alla presenza di basi militari
all’estero è nato e si è sviluppato nel corso degli ultimi anni. Si tratta
di NO BASES o della Rete internazionale per l’abolizione delle basi militari
straniere.

Questa rete ha come obiettivo di proseguire il processo di disarmo e di
smilitarizzazione del pianeta e soprattutto lo smantellamento delle basi
militari straniere. Raggruppa le organizzazioni che promuovono la pace
istituita dalla democrazia partecipativa e la giustizia sociale. La rete No
Bases organizza delle campagne di educazione e di sensibilizzazione del
pubblico mobilitando, in questo senso, le forze vive della società civile.
Si occupa anche dei lavori di riutilizzo dei siti militari abbandonati come
è il caso, in particolare, dell’Europa occidentale.

Sino al 2004, queste campagne hanno avuto innanzitutto una portata locale e
nazionale. La Rete ha intenzione oramai di estendersi su scala globale,
perché come sottolinea la Rete stessa: "È molto importante sviluppare dei
legami più forti e più stretti tra le campagne avente un impatto locale e
quelle che mobilitano un paese intero o quelle che possono avere una portata
mondiale. I gruppi locali attraverso il mondo possono ispirarsi e trarre dei
benefici condividendo informazioni, esperienze e strategie".

La Rete aggiunge: "Il fatto di prendere coscienza che non si è soli nella
lotta contro le basi straniere è un fattore che rafforza e motiva gli
attori. Le attività e campagne la cui coordinazione è mondiale permettono di
fare conoscere anticipatamente la portata e l’importanza della resistenza
alla presenza militare straniera nel mondo. Nella congiuntura attuale in cui
si assiste ad un processo più intenso di militarizzazione e di ricorso alla
forza nel mondo si prova un bisogno urgente e pressante di stabilire e di
rafforzare la rete internazionale dei militanti, delle organizzazioni e dei
movimenti che portano un’attenzione particolare alla presenza militare
straniera e che lavorano al rafforzamento di un sistema di giustizia e di
pace".

Per la Rete, le guerre in Afghanistan ed in Iraq, la militarizzazione e la
sorveglianza accresciuta dei governi e delle attività della società civile
ad opera degli Stati Uniti costituiscono un momento favorevole al
rafforzamento dei movimenti di resistenza: "Durante un incontro
internazionale contro la guerra, tenutosi a Giacarta, nel maggio del 2003,
qualche settimana prima dell’inizio dell’invasione dell’Iraq, una campagna
globale contro le basi militari è stata proposta come un’azione a priori per
i movimenti globali antiguerra, di giustizia e di solidarietà".

Da allora, questa campagna è cresciuta di ampiezza. E’ stata stabilita una
lista di indirizzi (
nousbases@lists.riseup.net e
nousbases-info@lists.riseup.net); essa permette la diffusione delle
esperienze dei membri del movimento e scambi di informazioni e di
discussioni. Questa lis
ta è formata ora da 300 persone e organizzazioni di
48 paesi.

Un sito Internet permette anche di informare adeguatamente l’insieme dei
membri della Rete. Numerose rubriche forniscono un’informazione preziosa
sulle attività che si svolgono un po’ ovunque nel mondo.

La Rete è sempre più attiva e pratica, e partecipa, così, ai Forum sociali
continentali o mondiali ed organizza conferenze e incontri. Ha partecipato
al Forum sociale europeo a Parigi nel 2003 e a Londra nel 2004, al Forum
sociale delle Americhe in Equador nel 2004 ed a quello del Mediterraneo in
Spagna nel 2005. Uno dei raduni maggiori è stato tenuto a Mumbai, in India,
nel 2004 nel quadro del Forum sociale mondiale. Più di 125 partecipanti
provenienti da 34 paesi hanno posto le fondamenta di una campagna globale
coordinata. Sono state stabilite alcune priorità d’azione come quella di
fissare un dato giorno per una Azione globale tendente a sottolineare le
sfide concernenti la presenza delle basi militari all’estero. Infine, è
importante menzionare che la Rete ha tenuto quattro sedute di discussioni al
Forum sociale di Porto Alegre nel 2005 di cui una sul finanziamento delle
attività della Rete.

Conviene ricordare che la Rete si iscrive decisamente nel movimento
pacifista globale. Ha permesso di far comprendere maggiormente a questo
movimento l’importanza della problematica della presenza delle basi militari
all’estero e che è importante che gli organismi di giustizia e di pace le
prestino una maggiore attenzione.

La pertinenza del dibattito concernente la presenza di basi militari
all’estero non è più da dimostrare. Le funzioni attribuite alla base di
Guantanamo che sfuggono al controllo del diritto internazionale, le sfide
attorno ai progetti di espansione della potenza militare degli USA nel Medio
Oriente ed in Asia centrale, la vivace opposizione popolare alle mire ed
agli scopi statunitensi nella regione andina in Sud America (mappa 11) come
quella che si osserva in Giappone attorno alle basi di Henoko e di Okinawa,
ecc., sono una sfida ed esigono un’azione globale concertata contro questa
occupazione implicita nel concetto di "Permanent War".

Mappa 11. Movimenti sociali di resistenza in America latina:
http://www.uruknet.de/?s1=1&p=s6736&s2=25

La conferenza internazionale di Quito e di Manta, Equador, marzo 2007

Una conferenza mondiale di rete per l’abolizione delle basi militari
straniere, ha avuto luogo a Quito e a Manta, Equador, dal 5 al 9 marzo 2007.
La conferenza ha avuto l’obiettivo di sottolineare gli impatti politici,
sociali, ambientali ed economici delle basi militari straniere e di far
conoscere i principi dei movimenti anti-basi e costruire formalmente la
rete, le sue strategie e piani di azione.

Gli obiettivi principali della conferenza sono stati:

– Analisi del ruolo delle basi militari straniere e di altre forme di
presenza militare nella strategia di dominio globale ed i suoi impatti sulla
popolazione e l’ambiente;
– Condivisione delle esperienze di solidarietà con le lotte di resistenza
contro le basi militari straniere nel mondo;
– Raggiungimento di un consenso sugli obiettivi, sui piani di azione, di
coordinamento, di comunicazione e di presa di decisione per una rete globale
per l’abolizione di tutte le basi militari straniere e di altre forme di
presenza militare;
– Accordo sulle lotte e sui piani di azione globali che rafforzino le lotte
delle persone nel paese ed assicurino il loro coordinamento su scala
internazionale.

CONCLUSIONI

Questo articolo ha permesso di constatare quanto sia considerevole
l’influenza della potenza militare degli Stati Uniti nel mondo e come essa
non faccia che aumentare. Gli Statunitensi considerano la superficie
terrestre come un terreno da conquistare, da occupare e da sfruttare. La
divisione del mondo in unità di combattimento e di comando illustra molto
bene questa realtà. In questo contesto, ci sembra che l’umanità si trovi
controllata cioè legata a delle catene le cui maglie sono costituite dalle
basi militari.

Il processo di re-impiego delle installazioni militari in corso deve essere
analizzato in modo meticoloso se si vogliono comprendere le strategie di
intervento di Washington in tutte le regioni del mondo. Questo processo è
condotto sotto il governo della forza, della violenza armata,
dell’intervento attraverso degli accordi di "cooperazione" le cui velleità
di conquista sono incessantemente affermate nella progettazione delle
pratiche del commercio e degli scambi. Lo sviluppo economico è assicurato
dalla militarizzazione e dal controllo dei governi e le società e le risorse
immense vengono sacrificate per permettere questo controllo nella maggior
parte delle regioni dotate di ricchezze strategiche per consolidare le basi
dell’Impero.

L’edificazione della Rete internazionale per l’abolizione delle basi
militari straniere si rivela un mezzo straordinario per lottare contro il
processo di militarizzazione del Pianeta. Questa rete è indispensabile ed il
suo sviluppo non potrà farsi senza un’adesione o un impegno di tutti i
popoli del mondo. Sarà estremamente difficile mobilitarli, ma i legami
creati da questa rete saranno favorevoli per le lotte concertate su scala
mondiale.

Concludendo, conviene rivedere i termini della Dichiarazione finale della 2a
Conferenza internazionale contro le basi militari straniere tenutasi a
L’Avana nel novembre del 2005, dichiarazione formulata dai delegati di 22
paesi. Quest’ultima racchiude le sfide maggiori concernenti l’avvenire
dell’umanità e costituisce un Appello alla solidarietà internazionale per il
disarmo e la pace.

Jules Dufour, Ph. D., è presidente dell’Associazione canadese per le Nazioni
Unite (A.C.N.U.)/ sezione Saguenay-Lac-Saint-Jean, membro del Circolo
universale degli Ambasciatori di Pace, membro del Consiglio nazionale dello
Sviluppo & Pace.

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http://www.ecologistasenaccion.org/article.php3?id_article=6261

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http://www.mondialisation.ca/index.php?context=viewArticle&code=DIN20060509&
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http://spanish.peopledaily.com.cn/spanish/200104/02/sp20010402_46341.html

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http://www.globalpolicy.org/empire/intervention/index.htm

YACIMIENTOS PETROLEROS EN AMÉRICA LATINA :
http://www.visionesalternativas.com/militarizacion/mapas/mapapetrol.htm

10 aprile 2007
Jules Dufour
Fonte: www.mondialisation.ca
Link:
www.mondialisation.ca/index.php?context=viewArticle&code=DUF20070409&article
Id=5314

Traduzione di MASSIMO CARDELLINI
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