Le famiglie di Gaza fuggono, nuovamente, verso una zona sempre più ristretta e sovraffollata

Gaza-MEMO. Temendo di essere uccise in un bombardamento israeliano, le famiglie di Gaza hanno fatto le valigie e sono fuggite nuovamente, martedì scorso, dirigendosi verso un fazzoletto di terra più a sud, già pieno di sfollati senza cibo, acqua o servizi igienici sufficienti, riferisce Reuters.

Per alcuni di loro è già la terza o quarta volta che vengono dislocati, in meno di due mesi.

La maggior parte dei 2,3 milioni di persone della Striscia di Gaza sono rimaste senza casa a causa della guerra tra Israele e Palestina, e la nuova fase di sfollamenti, dopo una tregua di una settimana terminata il 1° dicembre, sta peggiorando una situazione umanitaria già catastrofica.

A Khan Yunis, nel sud di Gaza, dove Israele sta lanciando uno dei tanti temuti assalti, i palestinesi che avevano cercato protezione dagli attacchi aerei accampandosi nel parco dell’ospedale Nasser della città stanno riavvolgendo le loro tende e caricando auto o carri trainati da asini con pile di stuoie e coperte.

“Ci stiamo preparando a lasciare Khan Yunis, diretti a Rafah. Siamo qui da circa 50 giorni”, dice Abu Omar, un uomo di mezza età che ha abbandonato la sua casa nella parte orientale della città, rifugiandosi nel campo ospedaliero con la sua famiglia.

Rafah, più a sud, al confine con l’Egitto, è una delle ultime aree rimaste dove l’esercito israeliano ha affermato che i civili avrebbero potuto rifugiarsi per sfuggire ai combattimenti, sebbene sia stata già colpita da numerosi attacchi aerei.

“Non esiste un posto sicuro… ma alla fine andiamo dove pensiamo possa esserci un po’ di sicurezza”, dice Abu Omar, in piedi accanto a un’auto sul cui tetto sono accatastati moltissimi oggetti.

Ma a Rafah gli sfollati affermano che le loro condizioni di vita sono orribili.

“Non ci sono bagni. Non possiamo nemmeno lavarci se vogliamo pregare. Non c’è posto dove possiamo lavarci o pregare. Se vogliamo lavare le mani dei nostri figli, non c’è posto per farlo. Non c’è nemmeno un posto dove si possa cuocere o prendere il pane”, racconta Enas Mosleh, seduta con i suoi figli in un rifugio fatto di doghe di legno e teli di plastica trasparente.

“Passiamo tutta la notte sentendo il rumore dei razzi e dei bombardamenti. Viviamo tra la vita e la morte. Potremmo morire in qualsiasi momento”, dice con il viso rigato di lacrime.

Sovraffollamento.

Prima dell’inizio della guerra Khan Yunis ospitava 381.000 persone. Altri 245.000 sfollati si sono rifugiati qui a causa dei bombardamenti israeliani lanciati sulla parte settentrionale di Gaza, in 71 località diverse, come ha riferito un portavoce delle Nazioni Unite.

L’esercito israeliano ha chiesto ai residenti di evacuare in tre aree designate nel governatorato di Rafah. Quelle aree sono già stipate da 280.000 residenti e 470.000 sfollati arrivati dopo l’inizio della guerra, il 7 ottobre.

“La direttiva sulla ricollocazione porterebbe effettivamente il numero di persone a Rafah a 1,35 milioni, spingendo altre 600.000 persone da Khan Yunis verso un’area con una popolazione attuale di 750.000 abitanti dove la capacità di fornire assistenza da parte delle Nazioni Unite e dei suoi partner è già messa a dura prova”, ha affermato il portavoce dell’ONU.

Hamas ha fatto irruzione nel sud di Israele il 7 ottobre, uccidendo 1.200 persone e prendendone in ostaggio 240, secondo le cifre fornite dagli israeliani.

Oltre 15.800 palestinesi sono stati uccisi a Gaza dalla risposta militare di Israele, secondo i dati forniti dai funzionari sanitari di Gaza ritenuti affidabili dalle Nazioni Unite.

La casa di Hassan Al-Basiouny si trovava a Beit Hanoun, una città situata nel nord-est di Gaza dove vivevano 52.000 persone ma che è stata bombardata così pesantemente che a malapena è rimasto in piedi un edificio abitabile.

Racconta che lui e la sua famiglia si sono prima trasferiti in un altro rifugio nel nord di Gaza, poi nel campo dell’ospedale Nasser a Khan Yunis, e ora andranno a Rafah – il loro terzo sfollamento in meno di due mesi.

“La sicurezza può essere fornita solo da Dio. Tutto ciò che Dio ha voluto accadrà”, aggiunge.

(Foto:  [Mustafa Hassona – Anadolu Agency]).

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi