Le forze israeliane aggrediscono 80 prigionieri e li trasferiscono dal carcere di Ramon

InfoPal. Non si fermano le aggressioni israeliane contro i prigionieri palestinesi, incentivate da un governo tra i più estremisti della storia dello stato sionista. Si tratta di violenze brutali contro chi non può difendersi e già vive in una condizione di debolezza: detenuti politici, quotidianamente maltrattati. Ci si chiede come si possano perpetrare abusi su abusi su persone imprigionate, deprivate di ogni diritto umano. Ma questo è Israele, nella sua piena espressione crudele e disumana, che sta al di sopra di ogni legalità e diritto.

Vediamo la cronaca. Uno stato di alta tensione prevale nel carcere di Ramon dalle ore del mattino di martedì, quando le forze speciali israeliane hanno fatto irruzione nelle celle, hanno aggredito brutalmente i prigionieri palestinesi e ne hanno trasferiti decine in un luogo sconosciuto.

I media palestinesi hanno riferito che la tensione era alta nelle sezioni della prigione e che tutti i carcerieri erano in stato di massima allerta.

Secondo la Palestinian Prisoner Society (PPS), i soldati delle unità speciali della prigione hanno trasferito circa 80 prigionieri dalla prigione di Ramon a un altro luogo sconosciuto dopo aver fatto irruzione nelle loro celle nella sezione 3 e averli attaccati con spray al peperoncino.

Il PPS ha anche affermato che i carcerieri di Ramon hanno chiuso tutte le sezioni della prigione durante il trasferimento di questi prigionieri.

Da parte sua, l’ufficio di Asra Media ha dichiarato che le forze israeliane hanno attaccato i prigionieri della sezione 3 del carcere di Ramon con candelotti di gas lacrimogeno e granate stordenti e hanno sparato proiettili di acciaio rivestiti di gomma contro alcuni di loro prima di trasferirli in un altro carcere.

Recentemente il servizio carcerario israeliano ha iniziato, per volere del ministro della Sicurezza di estrema destra Itamar Ben Gvir, ad adottare misure repressive contro tutti i prigionieri palestinesi e a privarli progressivamente dei loro diritti, spingendoli a lanciare una serie di prime azioni di protesta.

(Fonti: PIC, MEMO e Quds Press).