Lega Araba: i giorni del regime di Assad sono contati

Al-Jazeera. La Lega Araba ha dichiarato che i giorni di Assad alla guida della Siria sono contati, invitando l’opposizione siriana a superare le proprie divergenze interne.

Nabil el-Arabi, segretario generale della Lega Araba, ha dichiarato che il regime del presidente siriano Bashar al-Assad è agli sgoccioli, e ha sollecitato l’opposizione, riunitasi a Doha, capitale del Qatar, a mettere da parte le proprie divergenze. 

“E ‘importante unificare le diverse prospettive all’interno dell’opposizione siriana, in quanto tutti sanno che il regime di Assad non rimarrà a lungo, e una nuova situazione sorgerà a breve”, ha affermato el-Arabi, mercoledì 7 novembre rivolgendosi ai giornalisti al Cairo. 

Le dichiarazioni di el-Arabi giungono in concomitanza con l’assemblea del Consiglio nazionale siriano, che ha riunito 420 oppositori di Assad nella capitale del Qatar. Nel corso dell’assemblea sono stati eletti due organismi di presidenza e un nuovo leader. 

L’insediamento di una leadership nuova è arrivato in seguito a forti pressioni a livello internazionale, esercitate da alcuni critici che affermavano che l’opposizione siriana, dominata da un gruppo in esilio, deve essere riformata in quanto non rappresenta la vera opposizione sul campo, in Siria appunto. 

Omar al-Saleh, corrispondente di al Jazeera, dalla conferenza di Doha ha dichiarato: “Nonostante la nuova leadership, eletta giovedì 8 novembre, molti problemi persisteranno all’interno del Consiglio nazionale siriano”. 

Pressione occidentale. L’assemblea siriana si è tenuta mentre gli sforzi occidentali per aiutare i ribelli a sconfiggere Assad hanno avuto dei risvolti drammatici. La Gran Bretagna ha dichiarato di voler trattare direttamente con i leader dei combattenti in campo, mentre la Turchia ha annunciato che la Nato sta prendendo in considerazione l’istituzione di un’area sicura all’interno della Siria, con l’ausilio dei missili Patriot.

La Gran Bretagna ha annunciato di voler avviare dei colloqui diretti con alcune personalità chiave dei gruppi militari di opposizione in Siria, e il primo ministro David Cameron ha chiesto di adottare un nuovo approccio, a livello internazionale, per porre fine al conflitto. 

William Hague, ministro degli esteri britannico, ha dichiarato al parlamento inglese che il suo paese non ha ancora fornito nessun aiuto militare ai ribelli, sottolineando che i funzionari inglesi ribadiranno ai gruppi di opposizione l’importanza del rispetto dei diritti umani. 

Mercoledì 7 novembre lo stesso Cameron ha visitato un campo per i profughi siriani nel deserto della Giordania. 

“Sto ascoltando delle storie terribili su ciò che è accaduto all’interno della Siria, perciò una delle prime questioni che discuterò con Barack Obama, neo-eletto presidente degli Usa, sarà l’intensificazione degli sforzi, atti a risolvere questa crisi”, ha dichiarato Cameron. 

Ad Ankara, un portavoce del ministero degli esteri turco ha dichiarato che la Turchia sta discutendo con la Nato la possibilità di impiegare i missili Patriot, utilizzati principalmente come anti-missili balistici. Tuttavia Recep Tayyip Erdogan, primo ministro turco, ha reso noto che nessuna richiesta in merito è stata inoltrata ancora. 

La Turchia ha rafforzato la sicurezza delle proprie frontiere, impiegando carri armati e batterie antimissile, per far fronte al conflitto mortale che si è esteso al di là dei confini siriani coinvolgendo anche i Paesi vicini. 

Violenza settaria. Nel frattempo, i ribelli siriani hanno intensificato i loro colpi contro le basi del potere del regime, sferrando un attacco contro un’area chiave di Damasco, abitata da molti appartenenti alla minoranza degli alawiti, la stessa di Assad, e sede di ambasciate e palazzi governativi.

La divisione settaria è un fattore chiave nella ribellione armata in Siria, con molti musulmani appartenenti alla corrente religiosa maggioritaria dei sunniti, frustrati da più di 40 anni di regime dominato dagli alawiti. 

L’agenzia stampa statale, Sana, ha riferito che dei colpi di mortaio hanno colpito una casa e un mini-bus che trasportava civili nel quartiere di Mazzeh 86, uccidendo almeno tre civili. Il quartiere in questione è situato sotto la collina in cui sorge il palazzo presidenziale di Assad. 

L’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra, che si avvalla della collaborazione di una rete di attivisti e medici sul campo, ha confermato il bombardamento, segnalando almeno tre civili uccisi e altri 12 feriti. 

Martedì 6 novembre, un altro attentato con un’autobomba, aveva scosso la zona alawita di Qudsaya, un sobborgo di Damasco, uccidendo 19 persone. Inoltre lunedì 5 novembre un attentato nel quartiere di Mazzeh aveva provocato 13 morti. 

I combattimenti si sono infuriati e molti attacchi aerei sono stati registrati in diverse parti del paese, mentre l’agenzia di stato siriana ha riferito che un giudice è stato ucciso in seguito allo scoppio di un’autobomba piazzata davanti alla sua abitazione a nord-est di Damasco. 

L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha reso noto che nella città di Nabak, vicino a Damasco, un attentatore suicida ha fatto saltare in area il suo furgone carico di esplosivo in una postazione dell’esercito, uccidendo sei soldati, aggiungendo che, in tutta la Siria, nella sola giornata di mercoledì, almeno 100 persone sono state uccise. 

Secondo i dati dell’Osservatorio, più di 37.000 persone sono rimaste ucciso dall’inizio della rivolta siriana contro Assad, scoppiata nel marzo 2011 come un movimento di protesta per poi trasformarsi in una ribellione armata.