Ma’an: coloni israeliani incendiano una moschea vicino a Ramallah

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Ramallah – Ma’an. Durante la notte è stata incendiata una moschea di Ramallah. Su di essa sono rimasti dei graffiti con slogan razzisti nei confronti degli arabi.  

Alcuni testimoni hanno dichiarato che i coloni israeliani sono stati visti appiccare il fuoco alle tre del mattino di questa mattina. 

Il consiglio del villaggio di al-Mughayyir ha comunicato che l’edificio è stato quasi distrutto e il suo contenuto incenerito, denunciando l’incendio della terza moschea in tre anni.  

Testimoni oculari hanno riferito a Ma’an, che un gruppo di coloni israeliani è giunto nel villaggio prima dell’alba e, poco dopo, sono state viste salire in cielo le prime fiamme.

I vandali, inoltre, hanno scritto sui muri “Alei Ayin”, il nome di un avamposto di un insediamento vicino demolito la scorsa settimana dalla polizia israeliana, provocando accesi scontri con i coloni.

Ghassan Daghlas, un funzionario dell'Anp incaricato di seguire le attività di insediamento nel nord della West Bank, ha dichiarato che molti coloni hanno bruciato pneumatici usati, portati da loro stessi nei pressi della moschea. 

Alle prime luci dell’alba, un preoccupato presidente Mahmoud Abbas ha chiesto al governatore di Ramallah, Laila Ghannam, di fornire direttive immediate per la ricostruzione dell’istituzione religiosa. 

La “Coalizione cristiana nazionale” in Terra Santa ha condannato l’incendio, mentre il presidente Dimitri Diliani ha criticato l’occupazione israeliana e la protezione incondizionata dei coloni israeliani, sostenendo che “l’occupazione commette crimini senza limiti, utilizzando differenti modalità, tra cui i coloni estremisti protetti dalle forze israeliane. Essi non mostrano alcun rispetto per la morale, la religione, o la legge, quando si tratta di attaccare il popolo palestinese”.

Al-Mughayyir, a nord est di Ramallah, è il terzo villaggio in cui i coloni hanno incendiato una moschea, negli ultimi tre anni. 

L’Amministrazione civile, braccio del governo israeliano nella West Bank, ha emesso una dichiarazione in cui afferma di aver ricevuto lamentele sul fatto che persone sconosciute abbiano bruciato pneumatici e incendiato la moschea di al-Mughayyir. 

Alcuni funzionari dell’ Amministrazione si sono recati al villaggio, hanno visto con i propri occhi i graffiti e gli pneumatici bruciati e stanno “agendo in modo tale da arrestare i colpevoli”, ha annunciato un comunicato. 

Un portavoce dell’esercito israeliano ha affermato, che sia i militari sia l’ Amministrazione civile, “considerano grave il vandalismo su luoghi sacri”.

Nel villaggio di Yusuf, nel nord della West Bank, nel dicembre 2009, i coloni hanno incendiato e lasciato graffiti sulla moschea di al-Kabir, scrivendo “Avremo la nostra vendetta” e “Vi bruceremo tutti”, sui tappeti dell’edificio. 

Nel maggio del 2010, i coloni entrarono nella moschea del villaggio di al-Lubban ash-Sharqiya, nell’area di Nablus, portando con sé materiale infiammabile e appiccando il fuoco nelle prime ore del mattino. 

Il capo del consiglio di al-Lubban, Jamal Daraghma ha riferito che coloro che abitano in prossimità della moschea hanno sentito il rumore di alcune automobili che si avvicinavano all’edificio, intorno alle tre del mattino. I residenti hanno dichiarato che il gruppo ha strappato i drappi dalle pareti e gettato molte copie del Corano al centro della moschea, per poi dargli fuoco. 

I coloni estremisti hanno adottato quella che loro chiamano “Price-tag policy” (“politica del prezzo”), che prevede l’attacco dei palestinesi, delle loro proprietà o dei loro villaggi ogni qualvolta il governo israeliano prenda provvedimenti per limitare le attività di insediamento dei coloni israeliani.

Israele considera illegali gli avamposti costruiti in Cisgiordania senza l'approvazione del governo, e spesso invia del personale di sicurezza a demolirli. Talvolta essi sono formati solamente da qualche edificio.

La comunità internazionale, invece, considera illegali tutti gli insediamenti costruiti in Cisgiordania, su territori sottratti da Israele durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967.

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