Mosca e Gaza: la Russia è pronta a cambiare radicalmente la sua politica in Medio Oriente?

MEMO. Di Ramzy Baroud (9/12/2023). Gaza è stato uno dei temi principali dell’agenda del presidente russo Vladimir Putin al suo arrivo in Medio Oriente, il 6 dicembre.

Alcuni notiziari hanno definito il viaggio “insolito“, soprattutto da quando è iniziata la guerra Russia-Ucraina nel febbraio 2022.

Sappiamo che la situazione a Gaza, ovvero la guerra israeliana e il conseguente genocidio, è uno dei principali obiettivi della visita di Putin, in base alle dichiarazioni rilasciate dai media ufficiali russi. Ma non sappiamo ancora con esattezza come e quanto sia stata presa in considerazione Gaza durante la visita di Putin, durata soltanto un giorno.

La visita di Putin ha incluso gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, due dei Paesi arabi più ricchi ed economicamente influenti. Come la Russia, sono membri dell’OPEC+, il gruppo più grande e influente dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC).

Secondo quanto riferito, anche i prezzi del petrolio, le forniture energetiche e la fragile sicurezza delle vie d’acqua del Mar Rosso fanno parte dell’agenda di Putin. Tuttavia, è improbabile che il presidente russo abbia avviato una visita così importante per discutere a proposito di uno di questi temi.

In effetti, la fluttuazione dei prezzi del petrolio e il raggiungimento del consenso dell’OPEC+ sui livelli di produzione sono da anni questioni che legano la Russia al Medio Oriente, soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina che ha portato all’imposizione di sanzioni statunitensi e occidentali senza precedenti.

Ma cosa ha da dire Putin a proposito di Gaza, nello specifico?

Nella fase iniziale della guerra israeliana contro la resistenza palestinese nella Striscia di Gaza assediata, la Russia aveva assunto una posizione prudente, condannando l’attacco ai civili e chiedendo una soluzione politica globale.

Tuttavia, pochi giorni dopo la posizione di Mosca è cambiata divenendo più decisa, condannando la guerra israeliana a Gaza, il cieco sostegno di Washington a Tel Aviv e l’intransigenza degli Stati Uniti durante le riunioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC).

Il 13 ottobre il presidente Putin ha paragonato l’assedio di Israele alla Striscia di Gaza all’assedio nazista di Leningrado del 1941. “A mio avviso è inaccettabile. Lì vivono oltre due milioni di persone. Tra l’altro, non tutti sostengono Hamas, non tutti. Ma tutti loro devono soffrire, compresi donne e bambini”, ha affermato.

L’ambasciatore di Mosca alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzia, ha ripetutamente tentato, senza successo, di far passare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che richiedesse un cessate il fuoco immediato e incondizionato a Gaza. I suoi sforzi si sono conclusi in un nulla di fatto a causa del rifiuto degli Stati Uniti, sostenuto da un altrettanto forte rifiuto di altri alleati occidentali di Israele.

Nonostante i suoi sforzi non siano andati a buon fine, Nebenzia ha usato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come piattaforma per dichiarare le posizioni progressivamente sempre più forti della Russia contro la guerra israeliana, arrivando a mettere in discussione il tanto sbandierato “diritto di Israele a difendersi”.

“Tutto ciò che l’Occidente può fare è continuare a parlare del presunto diritto di Israele all’autodifesa, che, in quanto Stato occupante, non ha, come confermato dalla sentenza consultiva della Corte internazionale [delle Nazioni Unite] nel 2004″, ha dichiarato Nebenzia il 2 novembre.

In seguito al vergognoso uso del potere di veto da parte degli Stati Uniti per bloccare l’approvazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rappresentante russo Dmitry Polyanskiy ha dichiarato: “I nostri colleghi americani hanno condannato a morte altre migliaia – se non decine di migliaia – di civili (…) tra cui donne e bambini, insieme agli operatori delle Nazioni Unite che stanno cercando di aiutarli”.

Ma per diverse ragioni, la posizione russa non si è sviluppata, andando oltre la retorica politica, per quanto forte, in strategie tangibili.

La motivazione principale dell’incapacità della Russia di formulare una strategia pratica riguardo a Gaza è la mancanza di un serio vantaggio diplomatico o politico oltre all’attuale guerra in Ucraina e la piena consapevolezza di Mosca dei delicati equilibri geopolitici del Medio Oriente.

Ma le cose hanno cominciato a cambiare, non a Mosca, ma a Gaza stessa. Dopo oltre due mesi di una guerra che ha provocato l’uccisione di oltre 17.000 civili, Tel Aviv sta finalmente rivelando i limiti della sua potenza militare.

Inoltre, la guerra ha gradualmente iniziato a destabilizzare il Medio Oriente, coinvolgendo soggetti statali e poteri non statali, molti dei quali sono stretti alleati di Mosca e protettori degli interessi russi nella regione.

Tra questi, l’Iran, Hezbollah in Libano, Ansarallah in Yemen, la Resistenza Islamica in Iraq e, naturalmente, lo stesso Hamas.

Come segno di un rapporto più stretto tra Hamas e la Russia, il movimento palestinese ha rilasciato tutti i prigionieri con doppia cittadinanza israelo-russa.

Lo ha fatto senza un accordo formale di scambio di prigionieri, come quelli mediati attraverso il Qatar e l’Egitto, che hanno portato al rilascio di decine di israeliani e centinaia di palestinesi, a partire dal 24 novembre.

Sicuramente la visita di Putin in Medio Oriente ha un significato più ampio della semplice “enfatizzazione delle forti relazioni” tra la Russia e alcuni Paesi arabi. Questo significato è accresciuto dall’immediata visita a Mosca del presidente iraniano Ebrahim Raisi, il 7 dicembre, anch’essa con l’unico scopo di discutere della situazione a Gaza.

È possibile che la Russia abbia finalmente trovato un’opportunità geostrategica in Medio Oriente che le consenta di espandersi, in termini di alleanze strategiche e ruolo politico, oltre la Siria?

Questa espansione deve apparire come un’opportunità attraente per Mosca, soprattutto perché i primi segnali del fallimento militare israeliano e, in parte, statunitense a Gaza stanno diventando inequivocabilmente chiari.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov dovrebbe tenere un importante discorso al 21° Forum di Doha, in Qatar, il 10 dicembre.

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, è stata citata dall’agenzia di stampa russa TASS il 6 dicembre e ha confermato che Lavrov discuterà della guerra a Gaza e della situazione generale in Palestina e in Medio Oriente.

“Il ministro presterà particolare attenzione al problema dell’insediamento palestinese-israeliano e alle questioni di sicurezza in Medio Oriente”, ha dichiarato Zakharova.

Tutto questo, compresa la potenziale nuova “visione” russa in Medio Oriente, non sarebbe stato possibile se non fosse stato per l’incapacità israelo-statunitense di sconfiggere i piccoli gruppi della resistenza in una regione minuscola e assediata come Gaza.

Oltre alla battuta d’arresto della macchina militare israeliana, finanziata e sostenuta da Washington, il genocidio di Gaza è costato agli Stati Uniti quel poco di credibilità politica di cui ancora godevano in Medio Oriente.

Il tempo ci dirà se la Russia sarà in grado di rivendicare e contribuire a definire un nuovo Medio Oriente nel post-guerra di Gaza.

Tuttavia, uno degli elementi più importanti che la Russia considererà prima di fare qualsiasi mossa importante è l’esito tangibile della guerra israeliana a Gaza.

E, a differenza della maggior parte delle guerre israeliane del passato contro palestinesi e arabi, questa volta sembra che la resistenza palestinese – nonostante le sue capacità molto limitate di fronte alla potente macchina militare israelo-statunitense – sia quella che ha maggiori probabilità di controllarne il risultato finale.

(Foto: [Royal Court of Saudi Arabia – Anadolu Agency]).

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi