Netanyahu trattato meglio di Putin, un’indagine subito. Intervista a Silvana Arbia

Il Fatto Quotidiano. Di Cosimo Caridi. È vergognoso il silenzio della comunità internazionale”. Silvana Arbia è stata la procuratrice del tribunale internazionale del Ruanda ed ex cancelliere della Corte penale internazionale dell’Aja. “Tutti dovrebbero chiedere un immediato cessate il fuoco”.

Quanto sta accadendo in questi giorni ha rilevanza per la Cpi?

Sicuramente, ci sono dei crimini da investigare. Bisogna iniziare ora. La Cpi ha giurisdizione sui crimini commessi nei Territori palestinesi e su tutti i crimini commessi dai palestinesi in Israele. La Palestina è parte della Cpi dal momento in cui l’Assemblea generale dell’Onu ha riconosciuto la condizione di Stato.

Ma Israele non ha ratificato la Statuto di Roma, quindi non riconosce la Cpi?

I Territori palestinesi sono garantiti dalla giurisdizione della Cpi, perché ne è Stato membro. Quindi i crimini commessi a Gaza dagli israeliani sono perseguibili. Come lo sono quelli perpetrati da Hamas il 7 ottobre. I palestinesi non hanno struttura giuridica adeguata per processarli. Invece, per principio di complementarità, potrebbe anche essere una corte israeliana a giudicare e punire i propri cittadini.

La consuetudine israeliana è quella di non processare i propri militari.

In quel caso la Cpi interviene: lo Stato deve mostrare la vera volontà di punire i crimini.

Per le azioni su Gaza bisogna separare le responsabilità politiche del governo Netanyahu da quelle militari?

La responsabilità del crimine è personale. Chi ha l’autorità, chi ordina e ha l’effettivo controllo è responsabile.

Quindi ci possiamo aspettare che, come è stato fatto per Putin, venga aperto un procedimento contro Netanyahu?

Per l’Ucraina abbiamo visto una grande mobilitazione, non vedo le stesse intenzioni per raccogliere informazioni e prove sui crimini commessi a Gaza. La raccolta di testimonianze e informazioni è un passaggio molto importante. Questo conflitto non ha la stessa portata, come se mancasse la determinazione che gli Stati hanno avuto sull’Ucraina. Lo scontro armato c’è e anche i crimini contro l’umanità, perché ci sono gli attacchi sistematici. Tutto questo è evidente.

La mancata spinta della comunità internazionale può indebolire un futuro procedimento?

Sono processi complicati, perché i crimini sono complicati. È fondamentale raccogliere le prove il più fretta possibile, per preservare quello che può essere testimonianza, documentazione e garantire protezione ai testimoni.

I 10 mila morti di Gaza, di cui quasi 4 mila bambini, sono un indicatore sufficiente di crimini di guerra?

Ci sono tre principi alla base del diritto internazionale per riconoscere i crimini di guerra in un’azione militare: distinzione tra obiettivi militari e non, precauzione e proporzione. I numeri ci indicano se si sono perseguiti questi principi o meno. Non sappiamo se i morti siano civili o militari, ma un numero così alto già pone il sospetto che ci siano molti civili. Inoltre l’alto numeri di bambini non può essere giustificato dalla necessità di colpire un target militare: va, infatti, applicato il principio di proporzione.

Gli attacchi a ospedali, ambulanze e strutture Onu, sono anch’essi crimini?

Sì, sono crimini di guerra, ma per noi giuristi è importante che tutto questo venga accertato. Per questo serve raccogliere le prove. In più c’è la condizione per la quale spetta a chi attacca dimostrare che l’ospedale, la scuola o la moschea non ha più adibito all’uso dichiarato, trasformandosi così in un target legittimo.

L’assedio, il taglio dei rifornimenti di acqua, cibo e medicinali sono crimini perseguibili?

Lì siamo forse al di là del crimine di guerra. Se si lasciano i civili nelle condizioni di non poter sopravvivere siamo oltre.

È imputabile al governo israeliano?

Come ho già detto, le responsabilità sono personali: sarà il capo del governo o il ministro incaricato. Ci sono già le dichiarazioni delle parti in conflitto. È una loro volontà dichiarata, lo rivendicano.

Oltre ai singoli vertici di Israele e Hamas ci sono altri che hanno responsabilità?

Certo, chi supporta le parti per esempio. Chi fornisce le armi è complice. Hezbollah può essere complice, come gli Stati Uniti possono esserlo. Tutto dipende dal loro ruolo. Ma anche solo l’incoraggiamento può essere perseguito. Anche il voto all’Onu è da mettere in conto. Se nelle motivazioni del giudizio contrario o l’astensione c’è una spiegazione sostanziata, bene. Diversamente anche quel voto contro o astensione che sia è un incitamento al conflitto.

I leader israeliani ripetono che la guerra contro Hamas è una reazione, c’è una base di diritto internazionale?

C’è la difesa. La difesa però deve sempre essere proporzionata. Secondo il diritto internazionale bisognerebbe agire attraverso l’Onu.