Non è guerra, è genocidio

Non è guerra, è genocidio

Gaza-The Electronic Intifada. Di Ruwaida Amer. Quella che stiamo vivendo qui a Gaza non è una guerra, è un genocidio.

Bombe pesanti e missili cadono sui civili che dovrebbero essere al sicuro nelle loro case. L’obiettivo è uccidere intere famiglie.

In quelle case un bambino riposa tra le braccia del padre, raccontandogli i suoi sogni per il futuro. Ma i rumori dei bombardamenti lo preoccupano perché sa che questi missili che esplodono tutta la notte lo uccideranno e metteranno fine ai suoi sogni.

La guerra è tra paesi che hanno eserciti, armi e forze aeree. Non si combatte una guerra contro 2,3 milioni di civili che vivono in un’area di 360 chilometri quadrati e sono sotto assedio da più di 17 anni.

Noi, i due milioni e trecentomila palestinesi di Gaza, facciamo del nostro meglio per vivere nonostante l’assedio e la scarsità di tutto.

Una giornata a Gaza passa lentamente ed è piena di paura e ansia. Tutto quello che vuoi fare è stare in un posto sicuro e seguire le notizie. Le lacrime non si fermano mai: lacrime sulle scene di morte e distruzione, lacrime per le urla di madri e padri. Seguiamo le notizie e temiamo di essere la prossima notizia.

Nessuno a Gaza è al sicuro.

Nonostante la giornata sia molto noiosa e nessuno abbia voglia di fare qualcosa, mangiamo per poter camminare e avere un po’ di energia per pensare a quello che ci sta succedendo. Prima della guerra mangiavamo tre pasti al giorno. Adesso ne mangiamo solo uno.

Israele ha tagliato le forniture alimentari a Gaza.

Alla luce del giorno si sentono i suoni delle esplosioni in modo diverso, a seconda che siano provocate da missili aerei, terrestri o da proiettili di carri armati. E ci chiediamo: cos’è questo suono? È un aereo da guerra o un carro armato? Naturalmente non c’è alcuna differenza essenziale tra loro, perché entrambi mirano a uccidere e distruggere, ma noi vogliamo sapere: se veniamo uccisi, da cosa?

Notte e giorno.

I bambini per strada emettono i soliti suoni che fanno i bambini mentre giocano per strada. Sono soffocati in case estremamente sovraffollate dopo che 1 milione di persone sono state costrette a evacuare le proprie case. Vogliono divertirsi giocando con altri bambini. Quando ritornano i rumori dei bombardamenti, gridano e cercano le loro famiglie. Quando i rumori dei bombardamenti cessano, escono di nuovo a giocare.

Durante il giorno cerchiamo di soddisfare i nostri bisogni. Riempiamo i contenitori dell’acqua e acquistiamo gli alimenti disponibili sul mercato. Procurarsi il pane non è facile, le file ai panifici sono così lunghe che potrebbero volerci sette o otto ore.

A volte non compriamo dal panificio, mia madre prova a fare il pane in casa. Ma non abbiamo gas per cucinare e non possiamo procurarcene.

Israele ha tagliato le forniture di carburante a Gaza.

Israele ha anche tagliato la fornitura di elettricità a Gaza.

Ho bisogno di caricare il mio telefono e il mio laptop ogni giorno. Ho bisogno di rimanere in contatto con amici e familiari. E ho bisogno di lavorare.

A casa non c’è elettricità o fonti di energia alternative, ma vivo vicino all’Ospedale Europeo. Ogni giorno mio padre va a caricare i miei dispositivi. Questa è diventata una routine. Se il carburante che alimenta i generatori dell’ospedale si esaurisce, non ci sarà alcuna ricarica e ascolteremo i missili cadere senza sapere dove o cosa sta succedendo intorno a noi. E dovrò smettere di coprire questo genocidio.

Ancora più ansia inizia a farsi sentire verso sera. I bombardamenti, siano essi provocati da aerei da guerra o da carri armati, si intensificano. La mia famiglia dorme in una stanza per sentirsi più sicura. Ma non c’è sonno. I rumori dei bombardamenti non cessano mai e scuotono violentemente la casa. Se dormiamo per qualche minuto, vediamo un incubo di guerra: martiri, bambini fatti a brandelli e sudari bianchi.

Ci svegliamo con la paura di controllare come stanno gli altri della famiglia, per assicurarci che stiano tutti bene.

La notte a Gaza è lunga. Prima della guerra desideravamo che la notte fosse lunga per poter riposare dalla giornata. Ora la vorremmo breve. Guardiamo l’orologio sperando che sia passata la notte e sia arrivato il giorno, ma non è così.

Il tempo passa lentamente. Temiamo che le bombe possano colpirci da un momento all’altro. Restiamo seduti tutta la notte a guardare le notizie sui nostri telefoni, anche se le notizie sono sempre brutte. Ci preoccupiamo se lasciamo il telefono anche per un solo istante.

Le lunghe ore della notte sono la storia del genocidio di Gaza. Migliaia sono stati martirizzati e decine di migliaia sono rimasti feriti. Di notte ne abbiamo persi molti sotto le macerie. Sono ancora lì. A Gaza non ci sono attrezzature per tirarli fuori.

Israele ha interrotto tutte le forniture a Gaza.

Vediamo la morte di notte. E durante il giorno il mondo assiste al genocidio. Non fa nulla per fermarlo.

Voglio tornare a casa mia. Voglio dormire una notte intera.

Ruwaida Amer è una giornalista con sede a Gaza.

Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice