Punizioni collettive: costretti a lasciare Gerusalemme i familiari di un attentatore

370379CGerusalemme-Ma’an. Cinque membri della famiglia di un Palestinese ucciso dopo aver sparato e ferito due ufficiali israeliani si sono visti negare la residenza a Gerusalemme e sono poi stati trasferiti nella Cisgiordania occupata dalle autorità israeliane, come riportato dall’associazione per i diritti dei prigionieri Addameer.

L’avvocato dell’associazione, Muhammad Mahmoud, ha dichiarato che i membri della famiglia di Fouad Abu Rajab, ciascuno dei quali vive ad al-Issawiya, nei dintorni di Gerusalemme occupata, sono stati convocati alla stazione di polizia Maskobiya a Gerusalemme.

Mahmoud ha detto che le autorità israeliane, conseguentemente alle indagini, hanno deciso di deportare la famiglia in Cisgiordania, sostenendo che essa viva a Gerusalemme illegalmente.

Secondo le testimonianze, i cinque hanno fatto richiesta per la residenza a Gerusalemme, ha detto Mahmoud, senza aggiungere altre informazioni riguardo allo status delle loro domande.

Seguendo questa decisione, la polizia israeliana ha trasferito i membri della famiglia al posto di blocco militare di Qalandiya, uno dei pochi accessi alla Cisgiordania dai territori occupati di Gerusalemme est, come riferito da Addameer.

Mahmoud ha identificato i cinque come la madre di Abu Rajab, le sue due sorelle Reem e Rose, di 19 e 16 anni, e i suoi due fratelli Mahmoud e Muhammad, 15 e 14 anni.

Il portavoce della polizia israeliana Luba al-Samri ha detto che il ministro israeliano per la Sicurezza Interna, Gilad Erdan, ha ordinato alla polizia di indagare sullo status legale della famiglia di Rajab in Israele.

Al-Samri ha detto che una domanda per la riunificazione familiare dei genitori di Rajab è stata respinta dalle autorità israeliane, costringendo lui, il padre e la sorella a risiedere ad al-Issawiya illegalmente. Per questo sono stati espulsi in Cisgiordania.

Il ministro Erdan ha dato alla polizia direttive chiare e tassative di espellere chiunque si trovi illegalmente in Israele, in aggiunta alla lotta continua al “terrorismo” ovunque, e alla punizione di coloro coinvolti in atti terroristici, che devono “pagare un alto prezzo, senza eccezioni”.

Secondo le testimonianze, la madre di Abu Rajab risulta essere cittadina israeliana, ma è stata deportata in Cisgiordania per non essere separata dalla sua famiglia.

Abu Rajab, 21 anni, è stato ucciso martedì dopo che, come supposto, ha aperto il fuoco sulle forze di polizia israeliana vicino a Salah al-Din nella Gerusalemme occupata, ferendo due ufficiali israeliani.

In passato, Israele aveva già revocato la residenza di Gerusalemme alle famiglie dei Palestinesi che avevano portato a termine attacchi contro cittadini israeliani.

Le revoche sono giunte dopo che la polizia israeliana aveva già reso quasi impossibile per i Palestinesi ottenere lo status di residenti a Gerusalemme, e difficoltoso conservarla per quelli che ne sono in possesso.

La cittadinanza di 107 residenti palestinesi a Gerusalemme Est è stata revocata nel 2014, in aggiunta a quella di 14.309 Palestinesi che l’hanno persa dal 1967, nonostante siano autoctoni della zona.

Il rimo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, all’inizio del mese, ha chiesto al pubblico ministero israeliano di rivedere un disegno di legge che avrebbe reso legale nella legislazione israeliana di deportare nella Striscia di Gaza membri delle famiglie dei palestinesi cisgiordani che portavano a termine attentati.

Il pm ha acconsentito alla richiesta, nonostante dichiarazioni passate dello stesso procuratore secondo le quali provvedimenti di questo tipo sono in aperta contravvenzione della legge internazionale.

Se risultasse approvata, la deportazione delle famiglie nella Striscia di Gaza sarebbe l’ultimo di una serie di tentativi del pm di soffocare gli attentati verso militari e civili israeliani, aumentati in ottobre.

Le cosiddette misure preventive includono la mancata consegna alle loro famiglie dei corpi degli attentatori palestinesi uccisi, la demolizione punitiva delle abitazioni, la revoca dei permessi di lavoro.

Tutte queste misure sono state criticate come punizioni collettive dalla comunità internazionale e dalle autorità palestinesi, e come mezzi che servono solamente a peggiorare il clima politico.

Traduzione di Marta Bettenzoli