Rapporto rivela torture sistematiche in carcere israeliano

368679CGerusalemme-Ma’an. Di Emily Mulder. Un’indagine congiunta da parte di gruppi israeliani per i diritti umani ha rivelato – una volta ancora – che nel carcere israeliano di Shikma sono avvenute violazioni sistematiche a danno dei detenuti palestinesi.
Rappresentanti di B’Tselem e HaMoked hanno parlato, la scorsa settimana nel corso di una conferenza stampa, di abusi abituali e torture subite dai detenuti palestinesi nel corso di interrogatori presso il carcere di Shikma, nella città meridionale di Ashkelon.
Deposizioni scritte e testimonianze documentate dai gruppi per i diritti umani israeliani dimostrano che quasi tutti i 119 palestinesi interrogati sul posto hanno subito violenze fisiche, deprivazione del sonno, minacce o reclusione in isolamento, e che molti di loro hanno subito trattamenti degradanti di diverso tipo.
Tra gli abusi perpetrati figurano l’esposizione a temperature estreme o l’essere legati mani e piedi a una sedia, e al 77% dei detenuti è stato impedito di vedere un avvocato per un tempo parziale o per il tempo totale trascorso a Shikma.
Mentre l’agenzia per la sicurezza Shin Bet si occupava degli interrogatori, B’Tselem e HaMoked riferiscono che il personale del carcere sottoponeva i detenuti a condizioni degradanti volte a creare «condizioni di detenzione che corrispondessero al piano degli interrogatori, volto a spezzare lo spirito dei detenuti».
Professionisti di salute fisica e mentale presenti a Shikma assecondavano i desideri del personale addetto agli interrogatori, spesso riportando loro innanzi un detenuto dopo avergli fornito trattamenti fisici o mentali conseguenti a interrogatori precedenti, senza considerare le condizioni del detenuto stesso.
I gradi superiori dell’esercito israeliano, a loro volta, chiudevano un occhio sugli abusi, e i giudici militari israeliani hanno «di fatto sanzionato» le misure abusive continue riscontrate in seguito alla detenzione di palestinesi.
Citando gli attori coinvolti in tutte le fasi degli interrogatori e della detenzione a Shikma, i gruppi hanno detto che «essi hanno tutti contribuito, in un modo o nell’altro, a diversi aspetti di trattamenti abusivi, crudeli, disumani e degradanti subiti dai detenuti palestinesi a Shikma e in altri centri di detenzione».

L’utilizzo israeliano dell’Autorità nazionale palestinese per praticare la tortura

Tra gli attori che hanno attuato misure degradanti nei confronti dei detenuti palestinesi presso il carcere di Shikma c’erano addetti agli interrogatori dell’Autorità palestinese (Anp).
Tra i detenuti presi a campione, 39 erano stati interrogati dall’Anp prima di essere inviati a detenzione dalle forze israeliane.
Adi Awawdeh, studente 21enne della cittadina cisgiordana di Karmah, è stato tra questi.
«Sono stato arrestato da parte dell’Anp per circa 70 giorni», si legge nella sua deposizione raccolta da HaMoked e da B’Tselem.
«Con la Forza di sicurezza preventiva c’è stata tortura sia fisica che mentale. Ho sofferto molto. Sono stato trattenuto in isolamento per 40 giorni, e interrogato in continuazione. Quindi mi hanno messo in quello che noi chiamiamo «frigorifero» – una stanzetta larga circa 90 centimetri e lunga 2 metri».
«Ti sistemano lì a piedi nudi, con indumenti molto leggeri, e mantengono una costante corrente di aria fredda. Ci si sente come ad essere in un frigorifero. I muri e il pavimento erano molto freddi. Si sta lì con nient’altro a disposizione oltre a una bottiglia d’acqua. Non c’è bagno… Io ci sono rimasto 3 giorni».
«Gli addetti agli interrogatori mi hanno colpito con le loro mani su tutto il corpo. Due di loro mi tenevano fermo, gli altri picchiavano. Mi hanno minacciato di violenze sessuali, ma non le hanno messe in pratica».
«Non puoi restartene zitto. Gli dici quello che vogliono sentirsi dire solo per poter andartene via da lì. Per questo gli ho detto ciò che volevano, e non la verità».
«Alla fine sono stato rilasciato (dalla custodia dell’Apn) con una multa e delle restrizioni, e mi hanno detto che gli ebrei sarebbero venuti a prendermi. Una settimana più tardi sono stato arrestato dagli israeliani».
Awawdeh è stato uno tra i 26 detenuti a riferire dell’utilizzo degli interrogatori fatti dall’Anp da parte degli israeliani. Di questi 26, 14 hanno riferito di essere stati torturati dall’Anp durante gli interrogatori.
Il portavoce della sicurezza dell’Anp, Adnan Dmeiri, ha detto a Ma’an che da quando ha cominciato il suo lavoro per le forze di sicurezza, nel 1994, non ha mai saputo di alcun caso in cui informazioni raccolte da interrogatori palestinesi siano passate all’intelligence israeliana.
B’Tselem e HaMoked dicono che usando i presunti rapporti degli interrogatori dell’Anp, le autorità degli interrogatori israeliane partecipano indirettamente alle torture «utilizzando consapevolmente informazioni ottenute attraverso la tortura – di solito crudele e grave – da parte del personale dell’Anp contro lo stesso detenuto».

’Nessuna disponibilità a contrastare problemi sistematici’

I risultati di B’Tselem e di HaMoked presso il carcere di Shikma hanno avuto un riscontro generale nelle carceri israeliane. Sebbene aiutati dallo stato, i gruppi sostengono che organi statali rifiutano ripetutamente di riconoscere l’esistenza di abusi sistematici dei detenuti palestinesi.
Noga Kadman, di B’Tselem, ha detto nel corso della riunione, la settimana scorsa, che il riconoscimento di casi di tortura o di maltrattamenti è stato fondamentale, essendo essi generalmente fatti apparire in maniera erronea, dalle autorità israeliane, come incidenti isolati.
Tali casi vengono spesso considerati come casi di «addetti agli interrogatori individuali» forzati a usare queste tattiche in situazioni di emergenza, dice Kadman.
«E’ questa una formula che sentiamo molto spesso, usata per indicare situazioni disperate», aggiunge Kadman.
Ma Kadman dice anche che la tortura e gli abusi sono misure «abituali» orchestrate dallo Shin Bet, e appoggiate da ogni altro corpo dello stato che viene in contatto con questi casi.
«Uno schema ricorrente che si può notare è il fatto che questo è un regime progettato. Non si tratta di iniziative individuali portate avanti da singoli carcerieri, guardiani o addetti agli interrogatori», aggiunge il portavoce di B’Tselem Sarit Michaeli. «L’approvazione all’uso di questi tipi di ‘misure di interrogatorio speciali’ viene dal procuratore generale, o dagli alti gradi della gerarchia».
Daniel Shenhar, un avvocato di HaMoked che ha aiutato dei palestinesi in innumerevoli casi di violazioni sopra citate, ha dichiarato che le indagini militari sulle violazioni sono fondamentalmente inutili.
«Abbiamo scritto all’ufficio del procuratore generale, riferendo di sistematiche deprivazioni del sonno – comuni in quasi tutti gli interrogatori – e delle strane sedie a cinque gambe che […] rendono quasi impossibile condurre un interrogatorio. Purtroppo, ci è stata sbattuta la porta in faccia.
«Sembra non esserci la volontà, da parte delle autorità israeliane, di contrastare questi problemi sistematici».

Traduzione di Stefano Di Felice