Summit dei BRICS di Johannesburg, svolta storica verso la decolonizzazione

Summit dei BRICS di Johannesburg, svolta storica verso la decolonizzazione

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Dal 22 al 24 agosto, a Johannesburg, in Sudafrica, si è svolto il XV vertice dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Il vertice, per nulla indebolito dall’assenza del Presidente russo Vladimir Putin in quanto oggetto di un mandato di cattura internazionale, e rappresentato dal ministro degli Esteri Sergey Lavrov, ha discusso della richiesta di allargamento dei BRICS medesimi ad altri 23 paesi: Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Bangladesh, Bahrein, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Honduras, Indonesia, Iran, Kazakistan, Kuwait, Marocco, Nigeria, Palestina, Senegal, Thailandia, Venezuela, Vietnam. Stiamo parlando di Paesi molto differenti tra loro, molto divisi per questioni ideologico-politiche, ma uniti da interessi geopolitici: porre fine all’unipolarismo occidentale fondato sull’atlantismo e dare inizio all’alba di una nuova era fondati sul multipolarismo. Il segnale è chiaro ed evidente: i Paesi del Sud del mondo, molti di loro aderenti ai Paesi Non-Allineati, non sono più disponibili a farsi strangolare dai Paesi occidentali e dalle loro istituzioni (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Troika e NATO), ritenendo che il loro sviluppo economico e sociale possa essere indipendente da loro. Come ha ben scritto Paolo Ferrero: “La varietà politica che caratterizza i governi che guardano ai Brics come ad una possibile rete di relazioni alternative è un fattore di forza e non di debolezza, e sottolinea come i Brics siano in grado di avanzare una proposta politica concreta e non ideologica di cooperazione mondiale alternativa alla globalizzazione dominata dagli Usa e a loro favorevole”.

Stiamo parlando di Paesi emergenti, nuove potenze economiche e Paesi in via di sviluppo che spesso e volentieri sono stati vittime dell’imperialismo USA, sostenuto anche dall’UE, attraverso guerre, sanzioni, politiche neo-coloniali e rapine economiche che, oggi, non hanno nessuna paura di affrontare il blocco occidentale. E’ bene ricordare che proprio in seguito al rifiuto degli Stati Uniti di cedere una parte del potere nella gestione del Fondo Monetario Internazionale, i BRICS dettero vita, nel 2014, alla Nuova Banca di Sviluppo – un Istituto finanziario non solo autonomo, ma alternativo al FMI.

Nonostante i mass media occidentali continuino a minimizzare e snobbare ciò che è avvenuto a Johannesburg, i BRICS hanno cominciato a dar luogo a scambi economici senza passare attraverso la mediazione del dollaro già da più di 10 anni e proprio in questo vertice hanno discusso della possibilità di dar vita ad una moneta che sia in grado di regolare gli scambi internazionali senza passare per il dollaro. La proposta arriva dal Brasile del socialista Lula che ha affermato: “Questa valuta consentirà maggiori scambi tra paesi come il Brasile e il Sudafrica senza dipendere da quella di un paese terzo”. La moneta, che non sostituirà le valute locali, permetterà “maggiori relazioni commerciali, ad esempio fra Brasile e Sudafrica, senza dipendere dalla valuta di un paese terzo come il dollaro” – ha rimarcato Lula.

La cooperazione tra i Paesi del sud del mondo è essenziale per affrontare le disuguaglianze, la crisi climatica e per un mondo più equilibrato ed equo”, ha aggiunto il presidente del Brasile, che ha proposto, inoltre, l’adesione nei BRICS di altre nazioni tra cui Arabia Saudita e Argentina, mostrandosi inoltre favorevole anche all’ingresso dell’Iran.

La nuova valuta potrebbe chiamarsi R5, dalle iniziali delle cinque valute dei Paesi che fanno attualmente parte dei BRICS: real, rublo, rupia, renminbi e rand. Si discute su come incrementare la raccolta fondi e i prestiti in valuta locale all’interno della Nuova Banca per lo Sviluppo (Ndb), o la cosiddetta banca Brics. Secondo Enoch Godongwana, ministro delle Finanze sudafricano, l’uso della valuta locale aiuterà a ridurre il rischio dell’impatto delle fluttuazioni dei cambi.

Dagli accordi di Bretton Woods del 1944 fino ad oggi, la moneta utilizzata per gli scambi economici è stata il dollaro e questa moneta ha anche avuto la funzione di valuta di riserva a livello internazionale. Questa situazione che ha visto il dollaro assumere una funzione dominante a livello mondiale si è accentuata dopo il 1971, quando il governo statunitense ha unilateralmente deciso di abolire la convertibilità del dollaro con l’oro secondo un rapporto di scambio fisso. In pratica dopo il 1971 gli Usa hanno goduto di una posizione di rendita che ha dato loro tutti i vantaggi di stampare la moneta che veniva poi usata a livello mondiale, senza essere chiamati ad avere alcun tipo di responsabilità per lo svolgimento di questo ruolo particolare e unico a livello mondiale. Gli Usa hanno potuto spendere quanto volevano e non sono stati chiamati a pagare i loro debiti, questo perché i loro debiti con gli altri Paesi del mondo sono in dollari e, allo stesso tempo, di dollari ne stampano quanti ne vogliono. Dal 1971 ad oggi, gli USA non hanno più dovuto pagare i loro debiti: hanno vissuto regolarmente al di sopra delle loro possibilità consumando merci prodotte da altre parti del mondo (Cina, Giappone ed Europa principalmente) che venivano pagate in dollari prontamente stampati dalle rotative statunitensi. A tal proposito è interessante capire questo meccanismo imperialista leggendo il libro “Confessioni di un sicario dell’economia. La costruzione dell’impero americano nel racconto di un insider” dell’economista John Perkins.

Tutto questo, compresa la dollarizzazione imperialista del mondo, sta finendo.

“Il lancio di una moneta comune da parte dei Brics potrebbe significare il crollo del dollaro. Uno dei più grandi cambiamenti nella storia del mondo avverrà il 22 agosto 2023. Le nazioni Brics stanno tenendo una conferenza a Johannesburg per creare la propria valuta d’oro. Cosa significa questo per il dollaro Usa?”, si era chiesto il co-fondatore di Rich Dad Company, Robert Kiyosaki, secondo quanto riporta la piattaforma finanziaria Investing.com. Per Kiyosaki – che aveva previsto il tracollo di Lehman Brothers nel 2008 – se i Paesi BRICS “adotteranno una criptovaluta lastricata in oro il dollaro sarà fritto”.

Il processo di de-dollarizzazione del mondo, secondo il presidente russo Vladimir Putin, – in videoconferenza al vertice dei BRICS, secondo quanto riportato da Tass è un segnale della fine del neocolonialismo: “Un processo equilibrato e irreversibile di de-dollarizzazione dei nostri legami economici sta prendendo piede, con sforzi intrapresi per sviluppare meccanismi efficienti di accordi reciproci, nonché di controllo monetario e finanziario. Di conseguenza, la quota del dollaro nelle esportazioni e importazioni delle transazioni all’interno dei Brics sta diminuendo poiché l’anno scorso ammontava solo al 28,7%”.

La de-dollarizzazione del mondo era già stata ideata nel 2009 dal presidente libico Muammar Gheddafi quando, allora Presidente dell’Unione Africana, propose che il continente economicamente depresso adottasse il “dinaro d’oro panafricano”. Negli anni e mesi precedenti la decisione degli Stati Uniti di effettuare un regime change (cambio di regime) contro Gheddafi – con il sostegno inglese e francese per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché la NATO avviasse l’operazione – Muammar Gheddafi aveva predisposto la creazione del dinaro che sarebbe stato utilizzato dagli Stati africani produttori di petrolio e dai Paesi arabi dell’OPEC per vendere petrolio sul mercato mondiale senza prezzarlo in dollari. In quel momento Wall Street e la City di Londra stavano attraversando la crisi finanziaria del 2007-2008, e la sfida al dollaro quale valuta di riserva l’avrebbe aggravata.

Superare il mondo unipolare è decisivo, su tutti i piani, per creare un mondo multipolare in dialogo di pace e di fratellanza tra popoli.

Lavrov sul Summit BRICS: https://www.youtube.com/watch?v=B-vi5vws9QM