Una guardia di frontiera donna ammette di aver abusato di un minore palestinese

Umm al-Fahem – Ynet, Safa. Un tribunale israeliano di al-Quds (Gerusalemme) ha emesso ieri pomeriggio un notizia di reato nei confronti di una guardia di frontiera israeliana donna, accusata di aver abusato e torturato un minore palestinese. Ancora, non è stata decisa nessuna condanna.

Shani Sivilya ha ammesso di aver compiuto il fatto nei pressi di un checkpoint: “L'ho picchiato, poi gli ho puntato al capo un'arma scarica minacciando di premere il grilletto mentre gli urlavo contro 'morte agli arabi'”.

L'azione sarebbe stata condotta con l'aiuto di un altro ufficiale, Zion Benishti, e si sarebbe protratta per ore mentre trasportavano il minore su un'auto verso una stazione di polizia.

“Gli arabi sono tutti prostitute”, continuava a infierire sul minore terrorizzato Silvilya.

Canale 10 della Tv israeliana ha riportato la notizia aggiungendo i commenti del tribunale: “La condanna serva da lezione per prevenire comportamenti e atti di razzismo”.

Il bambino palestinese fu arrestato nel marzo 2010 dalle guardie di frontiera israeliane e, portato in una stazione di polizia, fu molestato dai soldati israeliani. Contro il minore gli ufficiali israeliani sollevarono minacce di morte, anche con l'uso di armi, e lo maltrattarono mentre lo tenevano con il capo coperto con un sacchetto nero di plastica.

Per l'esercito israeliano queste sono sentenze puramente simboliche. Proprio da qui partono gli ordini di tortura e maltrattamenti su palestinesi, ovunque ci sia un contatto con essi: ai posti di blocco, per le strade, nel corso di operazioni mirate.

(Nella foto: Shani Sivilya).

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