Il ministro dell’Esercito israeliano: “Non è il caso di temere una terza intifada”

Qudsn.psMoshe Yaalon, ministro dell’Esercito israeliano, afferma che “non è il caso di temere lo scoppio di una terza intifada”, in risposta alle dichiarazioni del ministro degli Esteri americano John Kerry, il quale, lo scorso giovedì, aveva avvertito della mancanza di passi in avanti nelle trattative israelo-palestinesi.

Parlando alla radio pubblica israeliana, ha detto che “non è il caso di temere le minacce di una terza intifada”, e che “non esiste alcun margine, da parte palestinese, per giungere ad una conclusione. Per questo ci sembra che la soluzione del conflitto non arriverà sulla base delle nostre convinzioni, ma solo con il passare del tempo”.

Dal canto suo, Tzipi Livni, ministro della Giustizia e capo, da parte israeliana, dei negoziati, alla radio pubblica israeliana dichiara che “l’avvertimento di Kerry è conseguenza di quanto gli stia a cuore l’interesse dello Stato d’Israele”, e che “lui crede che l’accordo di pace con i palestinesi sia questione fondamentale per Israele e la sua sicurezza, mentre avverte che la calma che regna per adesso è solo momentanea”.

L’8 novembre, Kerry è tornato in Israele per incontrare nuovamente Benjamin Netanyahu, prima di recarsi a Ginevra per partecipare ai colloqui con i paesi del 5+1 e l’Iran.
Ha criticato l’annuncio israeliano dei lavori per costruire nuovi insediamenti in contemporanea al rilascio, la scorsa settimana, di un secondo gruppo di prigionieri palestinesi, affermando in un intervista congiunta con la televisione palestinese ed il secondo canale della televisione israeliana, che l’annuncio della costruzione di 5000 unità abitative in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, “fa passare il messaggio che il processo di pace non viene preso sul serio”.

Ha inoltre negato le dichiarazioni di Netanyahu, secondo cui il patto prevedeva che i lavori delle nuove costruzioni sarebbero stati eseguiti in cambio del rilascio dei prigionieri, dicendo che il patto, invece, prevedeva il loro rilascio in cambio di un’interruzione dell’avvicinamento, da parte dei palestinesi, alle Nazioni Unite e alle sue istituzioni.
La costruzione di nuovi insediamenti -ribadisce Kerry- pone delle difficoltà all’andamento delle trattative. Durante l’intervista ha chiesto: “Israele vuole forse una terza intifada? Se non trovassimo il modo di creare la pace, l’isolamento di Israele aumenterebbe e si leverebbe, gradualmente, una campagna legale di disarmo nei suoi confronti”.
“Se non trovassimo una soluzione alla faccenda -aggiunge alla fine- a pagare sarebbero il mondo arabo e i palestinesi, e l’ultima cosa che Israele vuole è il ritorno alla violenza. Per questo è necessario che la costruzione degli insediamenti si fermi e si rifletta su questa realtà”.

Traduzione di Salvatore Michele Di Carlo