20 anni fa, la strage nella moschea di Ibrahim, a Hebron

29 Palestinains massacred by Jewish terrorist Baruch Goldstein in Hebron Ibrahim Mosque, in 1994, pic

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hebron-AFP. Venti anni dopo, il massacro di 29 palestinesi che pregavano nella moschea Ibrahimi di Hebron, perpetrato da un ebreo estremista, tormenta ancora Mohammed Abu al-Halawa, un sopravvissuto rimasto paraplegico.

Il 25 febbraio 1994, il colono nato a Brooklyn Baruch Goldstein utilizzò un fucile d’assalto per sparare ai fedeli nella moschea Ibrahimi, nel cuore di Hebron, prima di essere picchiato a morte da coloro che erano riusciti a sfuggire alla sua pioggia di proiettili.

Decine di palestinesi furono uccisi dalle forze di sicurezza israeliane nelle proteste in Cisgiordania che hanno fatto seguito del massacro.

Abu al-Halawa, 53 anni, risiede a soli 400 metri dalla tomba di Goldstein, nella colonia di Kiryat Arba, dove aveva vissuto, adiacente alla città vecchia di Hebron.

“Ricordo la strage in ogni momento e ne sono ancora fisicamente colpito – mi ha paralizzato per tutta la vita, provo ancora molto dolore e ho bisogno di cure mediche regolari”, ha dichiarato dalla sua sedia a rotelle.

“Soffro ogni volta che vedo i coloni che ballano accanto alla tomba del criminale che mi ha lasciato disabile”, ha aggiunto con amarezza, in quanto il suo aggressore viene ancora onorato da alcuni ebrei estremisti.

E con una disabilità fisica le misure di sicurezza draconiane e i posti di blocco imposti dall’esercito israeliano occupante a Hebron in seguito al massacro sono ancora più ardui per Abu al-Halawa.

La strada principale di Hebron è stata parzialmente chiusa ai palestinesi dopo il massacro, e sei anni più tardi, all’inizio della seconda intifada palestinese, o rivolta, l’esercito l’ha dichiarata “zona militare chiusa”, limitando l’accesso palestinese ai residenti della zona circostante – e unicamente a piedi.

Venerdì scorso, in migliaia hanno partecipato ad una protesta per chiedere la riapertura di Shuhada Street. Almeno 13 palestinesi sono stati feriti e cinque arrestati dopo che le forze israeliane hanno violentemente disperso le manifestazioni.

L’occupazione si fa sentire più forte che mai oggi in tutto il luogo del massacro del 1994, e le misure di sicurezza hanno imposto a molti fedeli di dover pregare fuori dal sito storico.

I varchi elettronici, la sicurezza in stile aeroporto e le ricerche da parte dei soldati di chi è diretto alla moschea Ibrahimi alienano da qualsiasi sentimento di riverenza, e il numero dei musulmani che si reca a pregare è diminuito, secondo i funzionari religiosi locali.

Adel Idris, che era imam della moschea nel giorno del massacro, ricorda vividamente.

“Non dimenticherò mai quello che è successo. Ogni giorno, quando entro nel santuario per pregare, ricevo flashback della scena –  Il criminale incendio di apertura, il rombo del fucile e le urla dei fedeli… è stato un momento indescrivibile”, ha dett .

Il rituale di preghiera presso il “sito caldo” avviene in maniera separata per le due fedi, con un’area per gli ebrei e una per i musulmani.

Il direttore degli affari religiosi islamici di Hebron , Taysir Abu Sneineh, ha affermato che “entrare nella moschea per pregare è diventato molto più difficile dopo il massacro”.

“Loro (l’esercito israeliano) stanno punendo le vittime!”

Goldstein era un membro di un gruppo razzista fuorilegge, che sostiene l’espulsione forzata di tutti i palestinesi dalla biblica “Grande Israele”.

Nella città vecchia di Hebron vivono circa 500 coloni israeliani, molti dei quali hanno illegalmente occupato le case palestinesi e allontanato con la forza gli abitanti originari. Essi sono protetti da migliaia di forze israeliane, e spesso molestano i palestinesi locali.

Un accordo del 1997 suddivise Hebron in aree di controllo palestinese e israeliano.

La zona H2, controllata dai militari israeliani, comprende l’antica Città Vecchia, sede della moschea Ibrahimi – divisa anche in una sinagoga denominata Tomba dei Patriarchi – e l’una volta fiorente Shuhada street, adesso è una successione di negozi dalle saracinesche abbassate e case chiuse.

Traduzione di Annamaria Bianco

http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=676701