Arruolati da Al-Qaeda: combattenti stranieri in una prigione di Damasco raccontano le loro storie

RT. Raouchan Gazakov ha portato la famiglia in Siria, ha insegnato al figlio di cinque anni a costruire bombe e ha detto addio a un parente, attentatore suicida. Maria Finoshina di RT lo ha intervistato in una prigione di Damasco, chiedendogli il motivo per cui combatte per Al-Qaeda.

“Un gruppo chiamato Murad mi ha contattato un anno fa, convincendomi del fatto che i musulmani in Siria vengono oppressi e uccisi, e che avrei dovuto recarmi lì e imbracciare le armi contro Assad per il jihad mondiale,” racconta Raouchan nella spartana prigione dove sono detenuti 200 prigionieri, molti dei quali combattenti jihadisti per Al-Qaeda o gruppi affiliati. Il destino dei prigionieri è ignoto, sebbene non appaia per nulla roseo.

Raouchan racconta di essersi introdotto in Siria lo scorso gennaio passando per la Turchia. A Istanbul, due uomini che affermavano di far parte di Al-Qaeda lo hanno accompagnato in Siria. Una volta sul posto, si è unito a un folto gruppo di terroristi guidato da un jihadista egiziano.

“Il mio lavoro consisteva principalmente nel costruire bombe per auto. C’erano molte persone, tutte provenienti da Paesi diversi. I nostri “insegnanti” ci mostravano come costruire bombe, quali ingredienti usare e come costruirle esattamente,” racconta.

Raouchan è arrivato in Siria insieme a tutta la famiglia. In un macabro filmato amatoriale ritrovato sul suo computer portatile, Raouchan, insieme al figlio e a un gruppo di uomini saluta il parente che sta per far esplodere una stazione di polizia in un attacco suicida.

In un altro video, Raouchan mostra al figlio come costruire una bomba.

Nella prigione di Damasco ci sono tante storie di uomini reclutati da Paesi lontani per venire a combattere per il jihad in Siria.

Un altro detenuto, Amer El Khadoud, racconta a Maria Finoshina di come abbia abbandonato una vita tranquilla in Francia, dove ha vissuto per anni con la moglie francese, per unirsi al jihad siriano con un gruppo affiliato ad Al-Qaeda.

“Mi sono proposto come volontario,” racconta Amer. “Sono andato in Turchia. In un campo profughi ho incontrato un gruppo salafita e mi sono addestrato con loro per circa due mesi e mezzo. Poi abbiamo attraversato clandestinamente il confine con la Siria.”

Ciò nonostante, al suo arrivo Amer è rimato deluso in quanto il jihad non rispecchiava quello gli era stato promesso.

“Ho visto i miei fratelli siriani sunniti soffrire, ho visto su Al-Jazeera, Al-Arabiya e altri canali che anche i bambini soffrivano. Ho imbracciato le armi ed ero pronto a usarle, ma quando sono arrivato qui non ho visto il nemico.”

I racconti dei prigionieri sugli arruolamenti di Al-Qaeda sono stati pubblicati dagli esperti del Bipartisan Policy Center di Washington in una relazione intitolata “Terrorismo jihadista: una valutazione della minaccia”. La relazione si conclude affermando che “la guerra civile in Siria potrebbe fornire ad Al-Qaeda l’opportunità di riorganizzare, addestrare e pianificare attività operative.”

La numerosa presenza di combattenti jihadisti stranieri nella prigione di Damasco sembra supportare le conclusioni del centro.

“Combattenti stranieri recidivi nel conflitto porterebbero a una destabilizzazione della regione o alla progettazione congiunta di attacchi contro l’Occidente,” afferma il rapporto.

Sono aumentate nell’ultimo periodo le relazioni sull’arruolamento internazionale di jihadisti impiegati per combattere il governo di Assad.

La Assyrian International News Agency ha riferito che, nel mese di gennaio, una fuga di notizie ha rivelato che gli ufficiali sauditi avevano commutato la pena di morte di 1200 detenuti a condizione che si unissero ai ribelli e combattessero contro Assad in Siria.

Traduzione a cura di Laura Delia