Aggressione della polizia israeliana contro manifestanti, minacciati anche di stupro

Di Sawsan Khalife*

Electronic Intifada. Diciassette attivisti, compreso un minorenne, sono stati brutalmente arrestati durante una manifestazione autorizzata, svoltati il 3 maggio vicino alla prigione di Ramle, in sostegno ai prigionieri palestinesi in sciopero della fame. Alcuni manifestanti sono stati trattenuti nel centro medico della prigione.

I manifestanti hanno passato la notte nella stazione di polizia di Ramle e sono stati portati davanti al tribunale di Petach Tikva, il giorno seguente. Dopo aver esaminato le “prove segrete” presentate dalla polizia, un giudice ha imposto tre giorni di arresti domiciliari e ha proibito agli attivisti qualsiasi contatto tra di loro per 15 giorni; li ha anche multati di centinaia di shekel per disturbo della quiete pubblica.

Il 6 maggio, il gruppo palestinese per i diritti umani, Adalah, ha presentato un esposto urgente al capo dell’unità investigativa della polizia presso il ministro della Giustizia di Israele, chiedendo un’inchiesta sugli arresti e i maltrattamenti dei 17 manifestanti.

In un comunicato stampa diramato il 7 maggio da Adalah si legge: “Alle 6:45 circa del pomeriggio, dopo che la manifestazione era finita e che la maggioranza dei partecipanti se n’era andata, diverse persone restavano a protestare. La manifestazione non richiedeva alcun permesso da parte israeliana, stando alla normativa. Nonontante ciò, la polizia israeliana ha aggredito violentemente il gruppo di manifestanti, pestandoli e lanciando contro i ragazzi gas lacrimogeni. Tale comportamento è continuato anche quando i manifestanti avevano già i polsi legati.
Otto manifestanti sono stati arrestati.

Adalah riferiche che “dopo i primi arresti, alcuni attivisti si sono diretti alla stazione di polizia per chiedere informazioni sui compagni arrestati, ma una volta entrati, anch’essi sono stati aggrediti e picchiati, e altri nove arrestati”.

Adalah sottolinea come “questo episodio non sia altro che l’ennesimo atto di sistematica brutalità di Israele contro i palestinesi cittadini di Israele, contro la loro libertà d’espressione”.

Manifestanti ricoverati in ospedale. Ward Kayal, 16 anni, è stata confinata agli arresti domiciliari. La ragazzina ha testimoniato l’effettivo ricorso della forza da parte israeliana contro i manifestanti.
“Eravamo circa 200 e, sebbene la manifestazione avesse ottenuto l’autorizzazione della polizia, Yassam (unità speciale israeliana) non ha esitato ad aggredirci.

“Ci hanno scaraventato per terra, riempendoci di botte: io ho contusioni su tutto il corpo, sono sofferente e ho avuto alcune complicazioni alla pressione. Dopo l’arresto, intorno alle 6 pomeridiane, ora locale, ci hanno legato mani e piedi, a tutti, sparandoci addosso scariche elettriche. Mentre infierivano fisicamente ci offendevano verbalmente.

“Come aveva fatto già mia madre, anche lei a manifestare con noi, ho ripetuto alla polizia quale fossero le mie condizioni di salute, chiedendo di poter prendere i medicinali e di poter essere visitata da un medico. Avevo i polsi legati e mi hanno scaraventato dalle scale, sono stata picchiata e mi hanno sparato con la pistola elettrica. Mi hanno costretta ad entrare in un bagno dove mi hanno offesa pesantemente. Dopo quattro ore in quello stato, non mi reggevo in piedi e sono svenuta.

“Quando si sono resi conto del mio stato di salute, mi hanno portata in ospedale, sempre con mani e piedi legati. La mia pressione era 150/122 e dovevo necessariamente prendere i farmaci. Invece, mi hanno tenuto sotto custodia, senza medicine e solo il giorno dopo sono stata rilasciata. Nel corso della notte, verso le 3, mi hanno interrogata.

“Credo che il sostegno a quanti scioperano abbia una rilevanza nazionale…e sono convinta che la solidarietà debba sempre più attiva. Per coloro che stanno sopportando uno sciopero, la nostra partecipazione è molto importante, necessaria a rinvigorire e motivare la loro lotta”.

Attiviste minacciate di viollenza sessuale. Anche Tha’ira Zo’ebi, attivista di 27 anni di an-Nasira (Nazareth), è stata ferita dalla polizia israeliana.

“Non appena è partita la manifestazione, l’unità israeliana Yassam e la polizia hanno arrestato l’autista dell’autobus insieme a otto manifestanti. A simile abuso noi abbiamo opposto resistenza.

Sono stata aggredita da un ufficiale di polizia che mi ha strappato la kefiya dal collo, gettandola per terra. Mi sentivo strozzare. E’ stato allora che mi hanno arrestata insieme ad altri otto manifestanti. Con noi c’erano anche attivisti israeliani.

“Hanno usato pistole laser, porto ancora i segni delle bruciature. Ho visto uno di loro aprire con forza la bocca di uno di noi e sputarvi dentro. A me hanno sputato in volto.
Ci hanno pestato e ci hanno insultato. Ci hanno perquisito integralmente.

“Io e un’altra attivista siamo state trattenute presso la stazione di polizia di Ramle dove hanno minacciato di stuprarci. Ammetto, sono scoppiata in lacrime”.

Ma Th’aira si dice convinta che, nonostante il trauma di questo episodio, lei continuerà a protestare, e forse sarà più motivata di prima.

“La lotta dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame rappresenta una lotta personale, in difesa di tutti i sostenitori dei diritti dei palestinesi.

“Il governo di Israele tenta di spezzare lo spirito nazionalistico per mezzo del ricorso al terrore psicologico e fisico”.

* Attivista politico e giornalista a Shefa-Amr nella Galilea – Palestina.