Amnesty classifica Israele come stato d’Apartheid

Tel Aviv – MEMO. In un rapporto pubblicato martedì, Amnesty International ha etichettato Israele come uno stato d’Apartheid e di segregazione razziale.

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Intitolato “L’Apartheid israeliano contro i palestinesi”, il rapporto di 211 pagine conclude che lo stato d’occupazione ha imposto un “sistema di dominio crudele” e sta commettendo “crimini contro l’umanità”.

“Sin dalla sua istituzione nel 1948, Israele ha messo in pratica una politica esplicita per stabilire e mantenere un’egemonia demografica ebraica”, ha affermato Amnesty, aggiungendo che sta “massimizzando il suo controllo sulla terra a beneficio degli ebrei israeliani, riducendo al minimo il numero di palestinesi, limitando i loro diritti e ostacolando la loro capacità di sfidare questa disposizione”.

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Nella sua designazione di Israele come stato d’Apartheid, Amnesty è andata oltre i rapporti precedenti, che concludevano che lo stato d’occupazione sta praticando un sistema di segregazione razziale ma limitando tale pratica come caratteristica delle aree sotto il suo controllo. Amnesty è stata più ampia nella sua designazione.

L’organizzazione sostiene che “quasi tutta l’amministrazione civile e le autorità militari israeliane” sono coinvolte “nell’applicazione del sistema d’Apartheid contro i palestinesi in Israele”, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, così come “contro i rifugiati palestinesi e i loro discendenti al di fuori del territorio”.

Intervenendo a una conferenza stampa nella Gerusalemme Est occupata per presentare il suo rapporto, il segretario generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha evidenziato lo sfratto in corso dei beduini palestinesi dal Negev. “Vivono in meno del tre per cento dell’area del Negev, è troppo? Troppo per cosa? Troppo per chi?”, ha chiesto [retoricamente].

“Colonie e avamposti si sono moltiplicati, moltiplicati e moltiplicati” sulla terra palestinese, ha sottolineato. “Il tutto con il sostegno delle istituzioni”. Ha aggiunto che “tutte [le colonie] costituiscono un sistema e un crimine d’Apartheid”.

Ci sono quasi sei milioni di rifugiati palestinesi nel mondo. Sono i discendenti dei 750 mila palestinesi cristiani e musulmani, non ebrei, che furono espulsi dalle loro case durante la creazione di Israele, in quello che gli storici considerano ampiamente un atto di pulizia etnica.

Israele ha ostacolato il loro ritorno in ogni occasione. Sfidando il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite, che chiedono esplicitamente allo stato d’occupazione di permettere ai palestinesi di tornare alle loro case, Israele creò una “legge del ritorno” razzista nel 1950, che consente a ogni ebreo di stabilirsi nelle case dei palestinesi sfrattati, ma nega lo stesso diritto ai residenti nativi non ebrei che furono espulsi.

Il governo israeliano, insieme ad alcune lobby in Occidente, che per decenni hanno gelosamente custodito l’immagine dello stato d’occupazione come democrazia, ritenendola vitale per mantenere il sostegno di statunitensi ed europei, hanno deciso di criticare il rapporto come antisemita.

“Non abbiamo altra scelta che dire che l’intero rapporto è antisemita”, ha detto Lior Haiat, portavoce del ministero degli Esteri israeliano. “Respingiamo tutte le false accuse mosse da Amnesty International UK. Questo rapporto [è] una raccolta di bugie, è di parte ed è copia di altri rapporti di organizzazioni anti-israeliane”, ha aggiunto Haiat.

Un portavoce di Amnesty International UK ha respinto queste accuse. “Il rapporto di Amnesty fa parte del nostro impegno per denunciare e porre fine alle violazioni dei diritti umani, ovunque si verifichino. Nessun governo è al di sopra delle critiche, e questo include il governo israeliano”, ha affermato il portavoce.

“La nostra ricerca mostra che le autorità israeliane stanno applicando un sistema d’Apartheid contro il popolo palestinese in Israele, nei Territori palestinesi occupati e sui rifugiati palestinesi. Il rapporto documenta come Israele tratti i palestinesi come un gruppo di razza inferiore, segregandoli e opprimendoli ovunque abbia il controllo sui loro diritti”.

L’anno scorso, due importanti organizzazioni per i diritti umani, Human Rights Watch e il gruppo israeliano B’Tselem, hanno pubblicato rapporti storici che etichettano Israele come uno stato d’Apartheid. Un altro gruppo israeliano per i diritti umani, Yesh Din, aveva iniziato a usare il termine nel 2020, anche se i palestinesi già da decenni descrivevano il sistema di dominio a cui sono sottoposti come una forma d’Apartheid. Leader del movimento anti-Apartheid del Sud Africa, il defunto arcivescovo Desmond Tutu è stata una delle figure internazionali che in modo più acceso ha criticato l’Apartheid israeliano.