“Capelli ricci, chiaro, e bellissimo”

Gaza-PIC. Con parole spontanee, cariche di amore e di apprensione, una madre ha gridato “Capelli ricci, chiaro e bellissimo”, descrivendo il suo bambino mentre cercava di ritrovarlo tra i martiri e i feriti dell’ospedale Nasser di Khan Younis.

Le sue parole hanno scosso il mondo intero che ha provato compassione per la perdita di Youssef, 7 anni, la cui notizia della morte è arrivata come un pesante fardello sulle spalle dei suoi genitori.

La scena in cui il padre, che è medico, cerca e infine trova il suo bambino (morto) è stata documentata in un video, riflettendo uno delle migliaia di casi che dimostrano l’aspetto umano che accompagna l’aggressione dell’occupazione israeliana e il peso della la perdita dei propri cari a Gaza.

Il padre del bambino, il dottor Muhammad Hamid Abu Musa, ha impiegato circa 20 minuti per trovare Youssef, dopo un lungo ed estenuante viaggio di ricerca nel pronto soccorso dell’ospedale fino all’obitorio, dove il medico ha trovato il corpo del suo amato bambino, e da lì non ha fatto altro che abbracciarlo.

L’ultimo abbraccio.
Raccontando i dettagli del giorno più duro mai vissuto in vita sua, il padre del bambino ha detto: “Il giorno dell’attacco, il 15 ottobre, e prima di andare al lavoro, Youssef mi ha abbracciato e ha chiesto a sua madre e alle sue sorelle un abbraccio di gruppo. Ci siamo alzati tutti e ci siamo abbracciati. Due ore dopo, arrivato sul posto di lavoro, ho sentito i bombardamenti perché la mia casa non era molto lontana dall’ospedale”.

“Il giorno del bombardamento che ha preso di mira la mia casa, avevo un turno di lavoro di emergenza di 24 ore. Youssef mi chiedeva sempre quali fossero i miei orari di lavoro; quando uscivo e a che ora tornavo a casa. Ogni volta che andavo al lavoro, mi abbracciava e mi baciava. Era il primo a correre verso di me, ad abbracciarmi e a baciarmi quando tornavo a casa”, ha aggiunto il padre.

Ha continuato dicendo: “Sappiamo che colpiscono chiunque e ovunque. Ero preoccupato perché il suono proveniva dal luogo in cui risiedo. Ho cominciato a fare domande sul luogo dell’attentato, ma nessuno mi ha risposto. Ho chiamato mia moglie, ma per la prima volta non ha risposto. La seconda volta hanno risposto al telefono ma ho potuto sentire solo le urla. Ho perso la pazienza e sono andato al pronto soccorso dove ho sentito la voce di mia figlia, di sua madre e dell’altro mio figlio, Hamid, che piangevano”.

Il dottor Abu Musa e la moglie egiziana hanno tre figli. La più grande è una ragazza di nome Juri, il secondo è un ragazzo di nome Hamid e il più giovane è un bambino di 7 anni, Youssef. Tutti hanno la cittadinanza egiziana.

Registrazione della telecamera.
Il padre ha raccontato quello che è successo in ospedale quel giorno, dicendo che “C’era un fotografo che stava riprendendo le scene dei feriti. Ha acceso la macchina fotografica e ha iniziato a mostrare le foto delle ferite. Ho riconosciuto Youssef tra le foto dai suoi vestiti. Ho detto: sì, è lui, dov’è? L’uomo ha scosso la testa e non ha risposto. Dietro di lui c’era un uomo che ha pronunciato le pesanti parole: l’ho portato all’obitorio”.

Il padre medico è stato preso da un forte shock quando gli è stato detto che il suo bambino “bellissimo, chiaro, dai capelli ricci” era all’obitorio. Riusciva a malapena a trattenere i nervi e mentre si recava all’obitorio pregava ancora una volta Allah che tutto questo diventasse un incubo e che suo figlio fosse ancora vivo.

Il dottore andando all’obitorio ha visto i suoi colleghi che lo guardavano con tristezza. Ha ricordato: “Mi alzavo, ma non potevo camminare senza il loro aiuto. Sono entrato nella stanza e l’ho insieme a suo cugino di due anni più grande nello stesso obitorio. Mio fratello ha avuto difficoltà a riconoscere sua moglie, perché il corpo era in pezzi. Gli altri figli di mio fratello sono rimasti feriti. Uno di loro aveva una frattura composta alla coscia e all’avambraccio, una scheggia nell’addome e ustioni. Mia figlia ha avuto una frattura al bacino e una ferita che ha raggiunto l’osso della schiena. Eppure, tutto quello che ho detto è stato “Grazie a Dio”.

Shock della madre.
La madre è rimasta in uno stato di shock totale dall’inizio della ricerca fino a quando ha visto il suo bambino all’obitorio. Il padre non aveva il coraggio di dirle che suo figlio era morto, ma lei piangeva e si lamentava in ospedale mentre lo cercava come se sapesse che erano i suoi ultimi momenti con lui e mentre veniva immortalata, descrivendolo ai medici con le sue famose parole : “Ha i capelli ricci, chiaro e bellissimo. Dov’è il mio amore?”

Il padre del martire Youssef ha commentato: “Non potevo dire a sua madre e ai suoi fratelli che era morto. Quando l’altro mio figlio ha saputo del martirio di suo fratello, ha avuto un attacco nervoso e sua madre è rimasta scioccata correndo qua e là. Quando lo ha saputo, ha chiesto di vederlo per l’ultima volta prima della sepoltura”.

“Ho provato tanto a convincerla a non vederlo in quello stato, ma lei ha rifiutato e ha insistito. Non sapevo cosa fare mentre la vedevo baciarlo e toccarlo per l’ultima volta. La situazione era davvero difficile per lei e per tutti noi. Possa Dio concedere pazienza a sua madre. Youssef era l’amore di tutti, tutta la famiglia lo amava, i suoi compagni del club sportivo, i miei colleghi, suo nonno, tutti lo amavano, che Dio abbia pietà di lui, amore mio”, ha detto il padre.

Ha concluso il suo intervento dicendo: “Ho perso tutto, i miei parenti, la mia casa e la mia vita, ma la perdita più grande è mio figlio, il mio amato Youssef”.

Traduzione per InfoPal di Chiara Parisi