Coloni israeliani irrompono in una moschea e distruggono copie del Corano e tappeti

Cisgiordania – Ma'an. Giovedì scorso, ‘coloni’ israeliani hanno dato alle fiamme la moschea al-Kabir, nella cittadina di Yasouf, ad est di Salfit.

Il sindaco della cittadina, ‘Abd er-Rahim Musleh, ha detto all’agenzia “Ma’an” che alle quattro del mattino i ‘coloni’ hanno fatto irruzione dall’ingresso principale della moschea e ne hanno incendiato il secondo piano.

Sono andati distrutti tappeti e copie del Corano. I ‘coloni’ hanno anche lasciato delle scritte come “ci vendicheremo” e “brucerete tutti”.

I residenti della cittadina si sono prodigati per spengere le fiamme, mentre l’Anp ha aperto un’inchiesta sull’accaduto.

La moschea nuova è situata al centro di una cittadina di 2.000 persone.

La tensione in Cisgiordania è molto alta da quando, due settimane or sono, il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha decretato una parziale interruzione dell’espansione delle ‘colonie’.

I ‘coloni’, inferociti, hanno giurato di resistere a questo decreto che sarà in vigore per dieci mesi e di punire la popolazione palestinese in quella che essi chiamano una “resa dei conti”.

I militari israeliani hanno emesso un comunicato in cui “si condannano gli atti vandalismo contro la moschea”. Intanto, l’Amministrazione Civile ha già ricevuto un reclamo riguardante l’attacco, per cui militari israeliani stanno dando la caccia agli autori del gesto vandalico. Gli stessi militari affermano che l’Amministrazione ha già parlato anche con le Autorità palestinesi.

Il divieto di nuove costruzioni si applica solo ad alcuni insediamenti fuori dai confine allargato (illegalmente) della municipalità di Gerusalemme, ma solo alle nuove costruzioni, non a quelle che erano in corso di costruzione.

Questa moratoria ha però messo i ‘coloni’ in uno stato di grande agitazione. Mercoledì scorso, migliaia di essi si sono accampati a Paris Square, a Gerusalemme, reclamando la ripresa dell’espansione degli insediamenti e protestando contro Netanyahu, il quale, sotto pressione da parte del governo degli Usa, ha deciso il ‘congelamento’ degli insediamenti in tutta la Cisgiordania quale segno di buona volontà per la ripresa dei “colloqui di pace”. Tuttavia, l’Anp ritiene insufficiente questa misura.

 

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