Continuano le udienze pubbliche della ICJ sull’occupazione israeliana della Palestina

Ramallah-Wafa. Venerdì 23 febbraio, per il quinto giorno consecutivo, la Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha continuato le sue udienze pubbliche sulle implicazioni legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est.

Le udienze si inseriscono nell’ambito della richiesta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sulle conseguenze legali dell’occupazione prolungata israeliana nei territori palestinesi che continua da oltre 57 anni.

La Namibia ricorda una dolorosa storia coloniale che somiglia a quella della Palestina.

Rivolgendosi alla Corte Internazionale di Giustizia, il ministro della Giustizia namibiano Yvonne Dausab ha chiesto che la Corte riconosca l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi come illegale.

Ha parlato dei parallelismi tra Palestina e Namibia definendoli “sconcertanti e dolorosi”. Invece di esercitare il loro diritto ad auto-governarsi, ha detto, “i palestinesi e i namibiani hanno subito la perdita della dignità umana… e il furto vero e proprio della loro terra e delle loro risorse naturali”.

Secondo Dausab, la Namibia soffre ancora per gli effetti di un’occupazione lunga e illegale. La Corte internazionale di giustizia “ha svolto un ruolo fondamentale nella nostra lotta di liberazione”. Con il parere fornito nel 1971, ha aggiunto Dausab, la Corte ha confermato il diritto all’autodeterminazione come “imperativo legale”, aprendo la strada all’indipendenza della Namibia nel 1990.

Ha poi proseguito: “Dopo l’esperienza subita dalla Namibia con l’apartheid, ora non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte alle brutali atrocità commesse contro il popolo palestinese. Chiediamo alla Corte di non voltarsi dall’altra parte”.

Oman: la comunità internazionale ha fallito nell’aiutare i palestinesi a realizzare le loro aspirazioni.

Il rappresentante del Sultanato dell’Oman ha dichiarato che sono passati più di 75 anni e ancora il popolo palestinese rimane sotto l’occupazione israeliana, affrontando ingiustizie, assenza dello stato di diritto e massacri. Ha affermato che la comunità internazionale e le organizzazioni mondiali non sono riuscite ad aiutarli a raggiungere le loro aspirazioni e la costituzione di uno Stato indipendente.

Ha sottolineato che da oltre quattro mesi il mondo è testimone delle peggiori atrocità e forme di genocidio, che hanno portato all’uccisione di oltre 29.000 palestinesi, al ferimento di oltre 60.000 e allo sfollamento di circa due milioni di cittadini in condizioni intollerabili, il tutto in violazione degli standard internazionali.

L’inviato dell’Oman ha sottolineato che l’occupazione a lungo termine del territorio palestinese, dal 1967, compresa Gerusalemme, mira a cambiamenti demografici e geografici della Palestina. Ha ricordato come Israele adotti misure legislative e discriminatorie che influenzano lo status giuridico dell’occupazione.

“L’occupazione israeliana, la costruzione di insediamenti e il furto di terre palestinesi prolungano l’occupazione nei territori palestinesi. Israele sfolla i palestinesi, impone loro un duro contesto che li spinge a trasferirsi e sfollare, confisca le loro terre e pratica arresti arbitrari e violenze contro di loro dal 1967″, ha aggiunto.

Il rappresentante dell’Oman ha sottolineato che “le Nazioni Unite, la loro Assemblea Generale, il Consiglio di Sicurezza e l’Ufficio per i Diritti Umani hanno incessantemente condannato i tentativi di Israele di cambiare demograficamente i territori palestinesi occupati. La comunità internazionale ha la responsabilità di prevenire e fermare le annessioni illegali e di proibire l’uso della forza in qualsiasi forma”.

“In 75 anni di occupazione, sono stati costruiti insediamenti, impedendo la creazione di uno Stato palestinese vitale. Questo è un insulto alla comunità internazionale”, ha lamentato.

Il rappresentante dell’Oman ha esortato gli Stati membri e le parti a proteggere i civili palestinesi, a costringere Israele a rispettare la legge e ha sottolineato che le conseguenze legali delle azioni israeliane mirano a negare al popolo palestinese il diritto all’autodeterminazione.

Norvegia: le azioni di Israele sono respinte e unilaterali.

Il rappresentante della Norvegia ha dichiarato che l’occupazione in corso dal 1967 e i recenti sviluppi sono fonte di grande preoccupazione: Israele sta usando la forza a Gaza, costruendo insediamenti illegali in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, demolendo case e sfollando cittadini palestinesi, tutte azioni che violano il diritto internazionale e i diritti umani. Ha sottolineato il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.

Il rappresentante della Norvegia ha sottolineato che la costruzione di insediamenti e il muro dell’apartheid sono ostacoli reali al raggiungimento della pace. Ha affermato che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha emesso numerose risoluzioni che affermano che queste azioni violano il diritto internazionale e che la loro continuazione ostacola la possibilità di una soluzione a due Stati. 

L’inviato norvegese ha insistito sul fatto che qualsiasi occupazione deve essere temporanea e in un arco di tempo definito. Nel caso della Palestina, ha affermato, Israele è impegnato in un’annessione illegale dei Territori palestinesi, trasferendo la popolazione nelle terre occupate contro le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. 

Pakistan: Israele ha creato situazioni sul terreno a cui è difficile porre rimedio.

Il rappresentante del Pakistan ha affermato che Israele, per imporre la sua occupazione a lungo termine sia in Cisgiordania che a Gaza, ha creato, attraverso le politiche coloniali, situazioni alle quali è difficile rimediare. Il rappresentante ha sostenuto che non si tratta solo di un’occupazione militare, ma di una vera e propria annessione di territori che richiede misure efficaci per essere fermata.

Ha aggiunto che la politica dell’occupazione israeliana si basa sulla confisca di tutte le terre e sull’imposizione di un controllo assoluto, una violazione del diritto internazionale. Il rappresentante ha sottolineato la necessità che la Corte internazionale di giustizia prenda le misure necessarie per fermare questa occupazione.

Il rappresentante del Pakistan ha affermato che le pratiche di Israele, tra cui la discriminazione razziale e l’imposizione di un sistema di apartheid, hanno creato una situazione di disuguaglianza che favorisce i coloni rispetto ai nativi palestinesi. Egli considera Gerusalemme una città santa e luogo di nascita di tutte le religioni, ma Israele impedisce sia a cristiani che musulmani di compiere liberamente le loro preghiere, e quindi il Pakistan chiede che venga ripristinato il precedente status quo in questo luogo sacro.

Il rappresentante ha ribadito il sostegno alla soluzione dei due Stati, aggiungendo che il suo Paese ha votato a favore di una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiedeva una soluzione permanente basata sul diritto internazionale e una soluzione a due Stati.

Indonesia: l’occupazione israeliana è illegale e deve cessare.

Il rappresentante dell’Indonesia ha espresso solidarietà con la causa palestinese e ha condannato le palesi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, sottolineando la catastrofe umanitaria che si sta verificando a Gaza.

Ha affermato che l’occupazione israeliana è illegale e deve finire, sottolineando la mancanza di volontà da parte di Israele di rispettare i suoi obblighi legali, come evidente dalla dichiarazione di Netanyahu: “Nessuno ci fermerà, né l’Aja, né l’asse del male, né nessun altro”.

L’inviato ha sottolineato che l’assalto militare israeliano a Gaza ha provocato 30.000 morti palestinesi, mettendo in guardia da una potenziale invasione israeliana su larga scala di Rafah e dal blocco dell’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza.

Ha dichiarato che “alcuni Paesi sostengono che la presentazione del parere consultivo mina il processo di pace. Tuttavia, non c’è alcun processo di pace da minare, poiché Israele ostacola continuamente i negoziati e la soluzione dei due Stati attraverso rivendicazioni strategiche e la colonizzazione in corso”.

Il rappresentante ha affermato che “Israele cerca una soluzione unilaterale senza negoziare con i palestinesi e senza esaminare le loro richieste. Israele non ha mostrato alcun interesse per il processo di pace”.

Ha esortato la Corte a fornire un parere sulle conseguenze legali delle violazioni dell’occupazione israeliana, chiedendo alla Corte di chiarire i passi futuri che le Nazioni Unite e gli Stati membri dovrebbero intraprendere.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi