Corridoio Philadelphia: le opzioni di Gaza e dell’Egitto

MEMO. Mahmoud Hassan. Negli ultimi tempi l’importanza del Corridoio Philadelphia, situato al confine tra Gaza ed Egitto, è aumentata in seguito alle dichiarazioni e alla situazione conflittuale. Sono in corso movimenti, ufficiali e segreti, che mirano a ridisegnare una nuova realtà in quest’area strategica.

Il corridoio, sul quale è costruito il valico della frontiera di Rafah, è lungo 14 chilometri e largo poche centinaia di metri. È soggetto ai termini del trattato di pace di Camp David del 1979 ratificato tra Egitto e Israele. Il trattato prevedeva l’istituzione di una zona cuscinetto lungo il confine tra le due parti, quando Gaza era occupata a tutti gli effetti dallo Stato dell’apartheid.

Con l’offensiva militare israeliana contro i palestinesi di Gaza, attualmente nel quarto mese, l’importanza del corridoio sta aumentando sia militarmente che strategicamente. Israele lo considera come una linea di comunicazione per la Striscia di Gaza e i gruppi della resistenza palestinese.

Tutto il corridoio Philadelphia, dal Mar Mediterraneo a ovest fino al valico di Kerem Shalom (Karm Abu Salaam) a est, era sotto il controllo di Israele prima del suo ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza, nel settembre 2005. La supervisione del corridoio e del valico di Rafah è stata quindi trasferita all’Autorità Palestinese e all’Egitto, con la presenza di osservatori dell’Unione Europea, in quello che è stato definito l’Accordo sui Valichi del 2005.

Contemporaneamente è stato firmato il Protocollo Philadelphia, un allegato all’accordo di pace Egitto-Israele che riguarda la sicurezza. L’allegato prevede la presenza di 750 soldati egiziani con armi leggere nell’area per proteggere il confine e prevenire infiltrazioni, contrabbando e terrorismo, come faceva Israele prima del suo ritiro fisico da Gaza. Le forze egiziane sono quindi poliziotti che hanno sostituito e proteggono l’occupazione.

Tuttavia, la situazione politica e della sicurezza a Gaza è cambiata radicalmente dopo che il movimento di resistenza islamica Hamas ha preso il controllo della Striscia nel giugno 2007, dopo aver vinto le elezioni legislative palestinesi e aver respinto un tentativo di colpo di stato da parte di una fazione di Fatah sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti. Questo ha dato al movimento di Hamas il controllo del corridoio dal lato palestinese, ed è ciò che Israele sta cercando di cambiare con l’attuale offensiva. Vuole il controllo di tutti i passaggi terrestri nella Striscia di Gaza.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu afferma che il Corridoio Philadelphia deve essere sotto il controllo del suo governo e deve essere chiuso. “Qualsiasi altro accordo”, insiste, “non garantirà il disarmo [dei palestinesi di Gaza] che Israele cerca”.

La posizione israeliana solleva problemi legali e politici tra il Cairo e Tel Aviv, poiché quest’ultima vuole misure sul campo che rafforzino l’assedio imposto a Hamas, in particolare, stringendo il cappio intorno alla resistenza a Gaza in generale. Lo Stato di occupazione vuole prosciugare i rifornimenti di Hamas e impedire la costruzione di tunnel sotto il corridoio. Tel Aviv ritiene che il corridoio sia una pericolosa scappatoia che deve essere chiusa.

Secondo Yedioth Ahronoth, il governo israeliano sta valutando la costruzione di una barriera anti-tunnel sul lato egiziano, con finanziamenti americani, che includa sensori e tecnologie avanzate per rilevare gli scavi. I progetti includono l’installazione di sensori lungo il Corridoio Philadelphia e la concessione a Israele del diritto di utilizzare droni per monitorare potenziali tentativi di ricostruzione di tunnel o di contrabbando di armi. Al momento l’Egitto ha delle perplessità al riguardo.

Israele ha inviato al Cairo una delegazione per discutere della sicurezza qualche giorno fa e per discutere in generale della questione, ma in realtà aspira a qualcosa di più. Vuole partecipare alla gestione del corridoio e schierare forze israeliane sul lato egiziano del valico di Rafah, con il pretesto di distruggere i tunnel e separare la Striscia di Gaza dalla Penisola del Sinai.

Il Cairo si trova quindi di fronte a un dilemma giuridico, politico e strategico. Il primo riguarda la necessità di cambiare lo status giuridico del Corridoio Philadelphia e di modificare il protocollo allegato all’accordo di pace, approvato nel 2005 dopo il ritiro unilaterale di Israele dalla Striscia di Gaza.

“L’abbandono del corridoio potrebbe significare il completo abbandono della Striscia di Gaza da parte dell’Egitto”.

Dal punto di vista politico, l’abbandono del corridoio potrebbe significare che l’Egitto lascerebbe completamente la Striscia di Gaza, perdendo il controllo del valico di Rafah che permette al Cairo di avere grande importanza e influenza negli affari palestinesi. Inoltre, confermerebbe le accuse di collaborazione dell’Egitto all’assedio israeliano imposto al popolo palestinese di Gaza.

Dal punto di vista strategico, nessuno può ignorare l’importanza che Gaza rappresenta come pilastro della sicurezza nazionale egiziana e che la violazione israeliana del corridoio rappresenta una violazione della sovranità egiziana. Ciò potrebbe avere gravi ripercussioni sulla sicurezza, forse la più pericolosa delle quali è la creazione di una nuova presenza israeliana lungo il confine tra Gaza e l’Egitto.

La delegazione israeliana ha cercato di dissipare tali timori cercando di raggiungere nuove intese, tra cui la revisione delle procedure di sicurezza al confine tra l’Egitto e la Striscia di Gaza e l’intensificazione della sorveglianza e dei pattugliamenti lungo il Corridoio Philadelphia.

L’incontro è avvenuto dopo gli scontri di Al-Auja. Gli egiziani hanno detto che gli scontri sono stati con alcuni contrabbandieri, mentre l’esercito israeliano ha denunciato che gli scontri, che hanno provocato il ferimento di una soldatessa, erano con 20 persone sospette che avevano attraversato il confine egiziano. I dubbi riguardano la versione riferita dagli egiziani e le fughe di notizie israeliane suggeriscono che gli obiettivi degli scontri non erano dei contrabbandieri.

Gli osservatori si aspettano che il coordinamento della sicurezza tra Egitto e Israele acceleri per controllare la situazione nel Corridoio Philadelphia, imporre nuove misure di sicurezza, condividere i dati della sorveglianza e forse, in futuro, condurre un’operazione congiunta per chiudere questa falla o concederne il controllo a Israele. Tutto questo avverrebbe in cambio di privilegi economici e offerte allettanti da parte di Tel Aviv e Washington al regime del presidente Abdel Fattah Al-Sisi.

Tale ipotesi è rafforzata dalle rivelazioni del sito Hebrew Walla sui colloqui avvenuti tra Israele, Egitto e Stati Uniti al fine di trovare una soluzione per la sicurezza del corridoio. I colloqui prevedevano il movimento di carri armati israeliani in quella direzione dal valico di Kerem Shalom (Karm Abu Salaam), indicando la possibilità di un’azione militare in quella zona.

Se imponesse una nuova situazione e rafforzasse il controllo israeliano sul Corridoio Philadelphia, Tel Aviv riuscirebbe a separare completamente la Striscia di Gaza dall’Egitto, lasciando oltre due milioni di palestinesi alla mercé delle autorità di occupazione e chiudendo l’unica finestra praticabile di Gaza sul resto del mondo.

Tuttavia, il tentativo di Israele di controllare unilateralmente il corridoio è una chiara e diretta violazione dell’accordo di pace con l’Egitto, secondo il ricercatore Mohamed Annan. Ciò richiederebbe un coordinamento con gli egiziani o la firma di un ulteriore protocollo allegato all’accordo di pace, come quello firmato nel 2005 dopo il ritiro dello stato di occupazione dalla Striscia di Gaza.

Un analista politico egiziano, che mi ha parlato in forma anonima, ha detto che i piani del regime di Al-Sisi per il Corridoio Philadelphia sono ambigui, ma non c’è disaccordo tra Egitto e Israele sulla repressione di Hamas e sull’impedimento all’utilizzo dei tunnel da parte della resistenza. Ha aggiunto che il futuro di questa regione è soggetto a colloqui e intese tra servizi segreti, non annunciati pubblicamente.

Da quando Al-Sisi ha preso il potere con il colpo di Stato del 2013, divenendo presidente un anno dopo, l’esercito egiziano ha condotto vaste operazioni per distruggere tutti i tunnel tra il Sinai e Gaza e impedire l’ingresso di materiali proibiti nel territorio della Striscia. Ha anche evacuato ampie parti delle città egiziane di Rafah ed El-Arish e ha istituito una zona cuscinetto al confine di Rafah, che si estende per circa cinque chilometri nel Sinai.

Secondo un rapporto pubblicato il mese scorso dall’Istituto israeliano per la sicurezza nazionale, ci sono diversi punti di intesa tra egiziani e israeliani soprattutto nella fase successiva all’Operazione Al-Aqsa Flood. Tra questi, il disarmo di Gaza, l’indebolimento del movimento di Hamas, il graduale ritorno dell’Autorità Palestinese nella Striscia di Gaza e il rafforzamento del controllo egiziano sul corridoio Philadelphia e sui valichi di frontiera.

Israele e gli Stati Uniti esercitano forti pressioni sul Cairo per spingerlo a un maggiore coordinamento della sicurezza, al fine di bloccare tutte le vie attraverso le quali armi ed equipaggiamenti potrebbero raggiungere i gruppi della resistenza attraverso il Corridoio Philadelphia. Tale coordinamento è in atto da anni, ma Tel Aviv cerca di rafforzarlo, mantenendo la pace con il suo alleato e compensandolo finanziariamente per le difficoltà a cui sarà esposto internamente ed esternamente, ovviamente sfruttando la crisi soffocante che il regime di Al-Sisi sta attraversando.

(Palestinesi al confine tra Egitto e Gaza mentre continuano la loro vita quotidiana nelle dure condizioni, a Rafah, Gaza, il 18 gennaio 2024 [Abed Zagout/Anadolu Agency]).

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi