Dichiarazione congiunta di Ong palestinesi, israeliane ed internazionali in occasione della 7a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani.

Riceviamo da Luisa Morgantini e pubblichiamo.
Dichiarazione congiunta di Ong palestinesi, israeliane ed internazionali in occasione della 7a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani:

L’Alta Corte di giustizia israeliana toglie lo status di persone protette sotto occupazione ai civili palestinesi nella Striscia di Gaza e sanziona l’assedio.

Come Palestinesi, Israeliani e organizzazioni internazionali per i diritti umani, noi sottoscrittori vorremo concentrare l’attenzione dei membri del Consiglio dei Diritti Umani sulla recente decisione dell’Alta Corte di Giustizia israeliana (ACGI) in merito alla Risoluzione del Consiglio A/HRC/S-6/L.1, che chiede che Israele, la Potenza Occupante, sollevi l’assedio imposto alla Striscia di Gaza.

Una Petizione (num. HCJ9132/079) è stata consegnata il 28 ottobre 2007 presso l’ACGI da dieci organizzazioni umanitarie israeliane e palestinesi chiedendo un intervento contro il progetto dello Stato di tagliare i rifornimenti di elettricità e carburante nella Striscia di Gaza sotto occupazione. Il 30 gennaio 2008 l’ACGI ha respinto la petizione. In una dichiarazione vaga che potrebbe rappresentare un precedente giuridico, l’ACGI ha dichiarato la fine di un "effettivo controllo" della Striscia di Gaza e di conseguenza la fine dell’occupazione israeliana della Striscia di Gaza. Come risultato di questa conclusione e di un’incompleta e sbagliata analisi fattuale dell’impatto dei tagli all’approvvigionamento di carburante e dell’allora proposto taglio alla corrente elettrica, l’ACGI ha dichiarato che l’implementazione delle riduzioni di carburante e corrente alla Striscia di Gaza, dipendente da tali risorse, erano legali ai sensi degli obblighi umanitari del Diritto Internazionale di Israele. L’ACGI ha accettato la dichiarazione dello Stato secondo la quale, stando alla legislazione in materia di conflitti armati, questi obblighi non richiedono altro se non "i bisogni umanitari minimi" e ha applicato l’interpretazione estremamente restrittiva dello Stato circa la definizione di "minimi".

Dichiarando unilateralmente la fine dell’occupazione israeliana della Striscia di Gaza, Israele e la sua massima corte di giustizia, hanno di fatto tolto alla popolazione civile la protezione prevista dal Diritto Internazionale in materia di Diritti Umani e hanno limitato gli obblighi di Israele esclusivamente a quelle norme relative alle ostilità in corso attraverso la distorsione delle norme legalmente applicabili. 

Le trovate legalmente negligenti dell’ACGI

La "fine dell’occupazione" della Striscia di Gaza

Durante l’audizione, la corte si è rifiutata di intraprendere una discussione con le parti riguardo il quadro legale internazionale per considerare la legittimità dei tagli alla fornitura di carburante e elettricità. Invece la Corte dice nella sua sentenza:

         

          "Abbiamo notato che da settembre 2005 Israele non ha più controllo su ciò che accade dentro il territorio della Striscia di Gaza. In tali circostanze lo Stato di Israele non ha alcun obbligo a preoccuparsi per il benessere dei residenti della Striscia o a mantenere l’ordine entro la Striscia di Gaza, in osservanza della legge internazionale in materia di occupazione." 

In una interpretazione superficiale di "controllo effettivo" nel testo di Diritto Internazionale che stabilisce l’esistenza di una situazione di occupazione, l’ACGI sostiene nella sua sentenza che il fatto che, "il governo militare che prima esisteva nel territorio sia stato abolito" e che "i soldati israeliani non sono più presenti nell’area in modo costante e non dirigono ciò che accade la", sia sufficiente a stabilire che Israele non ha più un "controllo effettivo" sulla Striscia di Gaza. Tuttavia il "controllo effettivo" esiste in un Paese o in un territorio se le forze armate di un Paese nemico possono "in qualunque momento lo vogliano assumere controllo fisico di qualunque parte del Paese". I parametri di questo testo sono stati reiterati da molte Corti incluso il Tribunale Criminale Internazionale per l’ex Jugoslavia, che stabilì che una delle linee guida per definire l’occupazione era il caso in cui "la potenza occupante disponesse di sufficienti forze sul posto o la capacità di mandare truppe entro un tempo ragionevole per far cadere l’autorità del Paese occupato". Numerose incursioni di terra su vasta scala, attacchi aerei e attacchi di artiglieria fin dal momento del cosiddetto disimpegno d’Israele dalla Striscia di Gaza hanno dimostrato la capacità di Israele di assumere il controllo fisico di qualunque parte del territorio ogni volta che lo desidera.

Inoltre, è ampiamente riconosciuto che il concetto di "controllo effettivo" comprende sia il controllo militare che amministrativo sul territorio occupato. Israele mantiene il controllo sullo spazio aereo di Gaza, le acque territoriali ed i confini di terra, oltre al registro della popolazione civile e ciò significa che Israele più dell’Autorità Nazionale Palestinese o qualunque altra Autorità ha il potere di concedere la cittadinanza e fornire carte d’identità. L’ACGI non ha riconosciuto che l’esercizio di questi poteri amministrativi è costitutivo del "controllo effettivo". La sentenza della Corte perciò tradisce un’analisi ostinatamente incompleta degli elementi del "controllo effettivo".

Implicazioni della "fine dell’occupazione" sugli obblighi umanitari di Israele.  

 

Il risultato della negazione dell’occupazione israeliana della Striscia di Gaza è la diminuzione dei suoi obblighi nei confronti della popolazione civile. La Corte ha fornito un pericoloso precedente nel permettere al governo d’Israele di limitare i propri obblighi nei confronti della popolazione civile della Striscia di Gaza occupata, esclusivamente a quelli di una parte co
mbattente durante le ostilità. La Corte, ad esempio, ha accettato l’argomento dello Stato che gli obblighi umanitari di Isralele sotto il Diritto Internazionale derivino dall’art. 23 della Quarta Convenzione di Ginevra e dall’art. 70 del Protocollo Addizionale I. Questi articoli non fanno parte di norme specifiche correlate all’occupazione e richiedono solo degli obblighi passivi da parte di uno degli attori del conflitto armato per permettere ad un soggetto terzo di fornire un certa quantità limitata di beni e di aiuti alla popolazione civile nemica.

Per contrasto, come Potenza Occupante sotto la Quarta Convenzione di Ginevra, gli obblighi di Israele verso la popolazione civile della Striscia di Gaza includono, non solo il dovere di non ostacolare la fornitura di beni ed aiuti alla popolazione, ma anche un dovere positivo di “portare i necessari beni alimentari, medici e di altro genere”[1], di “assicurare e mantenere, in cooperazione con le autorità locali e nazionali, le strutture mediche e gli ospedali ed i servizi di salute pubblica ed igiene”[2] e di “acconsentire a programmi di aiuto facilitandoli con tutti gli strumenti a disposizione. Questi programmi devono consistere soprattutto nella fornitura di beni alimentari, medicinali e vestiti”[3]. Si noti che sotto la legge di occupazione la fornitura di aiuti alla popolazione civile di Gaza attraverso l’intermediazione di un soggetto terzo, non solleva Israele, la Potenza Occupante, dagli obblighi menzionati[4].

 

La Corte ha correttamente accettato gli obblighi dello Stato previsti dall’art. 54 del Protocollo Addizionale I, che codifica il divieto di “rimuovere o rendere inutilizzabili oggetti indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile”. Questa norma si applica durante conflitti armati internazionali a prescindere dall’occupazione. Tuttavia, la Corte ha fallito nel comprendere che il taglio all’approvvigionamento di carburante e verosimilmente della corrente avrebbero compromesso strutture indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile. La Corte ha ignorato prove, incluso documenti preparati dalle agenzie delle Nazioni Unite, che indicavano chiaramente che i tagli al carburante già operati, persino prima di aver imposto tagli all’elettricità, stavano avendo un grave impatto nel funzionamento di infrastrutture civili essenziali come ospedali, servizi sanitari e forniture di acqua.

 

L’ACGI ha ignorato il divieto assoluto di perpetrare punizioni collettive e rappresaglie ed ha fallito nel sostenere il principio di umanità    

 

La sentenza della Corte ha riconosciuto alcuni obblighi internazionali di Israele mentre ne ha ignorati altri. Preminente, fra quegli obblighi di Diritto internazionali che la Corte ha deciso di ignorare, è il divieto assoluto di condurre punizioni collettive e rappresaglie contro persone protette[5]. Tuttavia l’intento punitivo dietro ai tagli di carburante e di elettricità non è mai stato mascherato dal Governo israeliano. Persino durante l’attesa della sentenza della Corte, il Primo Ministro Israeliano Ehud Olmert ha dichiarato che gli inflessibili attacchi alla Striscia di Gaza servono, in parte, al proposito di “mandare un messaggio alla popolazione di Gaza che non è considerata libera da responsabilità per la situazione”. Mentre noi condanniamo qualsiasi attacco indiscriminato contro i civili israeliani da parte di Palestinesi armati nella Striscia di Gaza, questi atti illegali non forniscono alcuna giustificazione legale per rappresaglie o punizioni collettive contro la popolazione civile della Striscia. Inoltre, la Corte avrebbe dovuto interpretare gli obblighi d’Israele nei confronti della popolazione civile alla luce delle norme di Diritto internazionale che stabiliscono che le persone protette devono essere trattate in modo umano in ogni momento. Queste tre norme del Diritto Internazionale si applicano durante conflitti armati internazionali, a prescindere dall’occupazione, e non sono ammesse eccezioni.

 

Il fallimento della Corte nell’interpretare il Diritto internazionale in buona fede ed il ruolo del Consiglio. 

 

Come queste ultime decisioni evidenziano l’ACGI continua a dimostrarsi incapace di agire da indipendente e critico giudice delle politiche del Governo israeliano e di interpretare in buona fede gli obblighi internazionali di Israele nei confronti del Territorio Palestinese Occupato. Mentre riconosciamo che Israele ha più volte dimostrato di non ottemperare alle misure intraprese dal consiglio per renderlo responsabile delle violazioni dei suoi obblighi, noi chiediamo che il Consiglio per i Diritti Umani agisca pubblicamente per un’evoluzione urgente della situazione che porti alla piena realizzazione di quel futuro che esso prevede per la popolazione civile della Striscia di Gaza occupata. A tal fine, noi vedremo positivamente una dichiarazione del Consiglio che reiteri l’applicabilità della legge d’occupazione nella Striscia di Gaza come parte del Territorio Palestinese Occupato.  



[1] Art55, Quarta Convenzione di Ginevra

[2] Art. 56, QCG

[3] Art. 59, IDEM

[4] Art. 60, IDEM

[5] Art. 33, IDEM

 

Al-Haq, Law in the Service of Man

Defence for Children International (DCI)

Defence for Children International – Palestine Section

Adalah – Legal Center for Arab Minority Rights in Israel

Palestinian Centre for Human Rights

Al-Mezan Center for Human Rights

Physicians for Human Rights – Israel

Gisha: Legal Center for Freedom of Movement

Ramallah Center for Human Rights Studies

Addameer Prisoner’ Support and Human Rights Association

Ensan Center for Democracy and Human Rights

Jerusalem Legal Aid Center

Al-Dameer Association for Human Rights – Gaza

 

 Traduzione a cura di Mirco Tomasi per l’Ufficio di Luisa Morgantini

 

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