Francesca Albanese, ONU: esistono “motivi ragionevoli” per credere che a Gaza sia stato commesso un genocidio

News.un.org/. Per una esperta UN di diritti umani esistono “motivi ragionevoli” per credere che a Gaza sia stato commesso un genocidio.

Ci sono “fondati motivi” per ritenere che Israele stia commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza, ha dichiarato il 26 marzo la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese.

Albanese è intervenuta al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, dove ha presentato il suo ultimo rapporto, intitolato “Anatomia di un genocidio”, durante una discussione con gli Stati membri.

“Dopo quasi sei mesi di incessante attacco israeliano sulla Gaza occupata, è mio solenne dovere riferire il peggio di ciò di cui l’umanità è capace e presentare i risultati delle mie richerche”, ha affermato.
“Ci sono ragionevoli motivi per ritenere che la soglia che indica la commissione del crimine di genocidio… sia stata raggiunta”.

Tre atti commessi.
Citando il diritto internazionale, Albanese ha spiegato che il genocidio è definito come un insieme di atti commessi con l’intento specifico di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.

“Nello specifico, Israele ha commesso tre atti di genocidio con l’intento di: causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo, infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica totale o parziale, e imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo”, ha affermato.

Inoltre, “il genocidio a Gaza è la fase più estrema di un lungo processo coloniale di cancellazione dei nativi palestinesi”, ha continuato.

“Una tragedia annunciata”.
“Per oltre 76 anni, questo processo ha oppresso i palestinesi come popolo in ogni modo immaginabile, schiacciando il loro diritto inalienabile all’autodeterminazione dal punto di vista demografico, economico, territoriale, culturale e politico”.

Ha affermato che “l’amnesia coloniale dell’Occidente ha condonato il progetto coloniale di Israele”, aggiungendo che “il mondo ora vede il frutto amaro dell’impunità concessa a Israele. Era una tragedia preannunciata”.

Albanese ha affermato che la negazione della realtà e la continuazione dell’impunità e dell’eccezionalismo di Israele non sono più praticabili, soprattutto alla luce della risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata lunedì 25 marzo, che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza.

Embargo sulle armi e sanzioni contro Israele.
“Imploro gli Stati membri a rispettare i loro obblighi, che iniziano con l’imposizione di un embargo sulle armi e di sanzioni a Israele, e di garantire così che il futuro non continui a ripetersi”, ha concluso.

I relatori speciali e gli esperti indipendenti come la signora Albanese ricevono il loro mandato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Non fanno parte del personale delle Nazioni Unite e non ricevono alcun compenso per il loro lavoro.

Israele “respinge totalmente” il rapporto.
Israele non ha partecipato al dialogo, ma ha emesso un comunicato stampa affermando di “respingere completamente” il rapporto della signora Albanese, definendolo “un’oscena inversione della realtà”.

“Lo stesso tentativo di livellare l’accusa di genocidio contro Israele è un’oltraggiosa distorsione della Convenzione sul genocidio. È un tentativo di svuotare la parola genocidio della sua forza unica e del suo significato specifico; di trasformare la Convenzione stessa in uno strumento nelle mani di terroristi, che hanno un totale disprezzo per la vita e per la legge, contro coloro che cercano di difendersi da loro”, si legge nel comunicato.

Israele ha affermato che la sua guerra è contro Hamas, non contro i civili palestinesi.

“Si tratta di una politica governativa esplicita, di direttive e procedure militari. Non è altro che un’espressione dei valori fondamentali di Israele. Come affermato, il nostro impegno a rispettare la legge, compresi i nostri obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale, è indefettibile”.

L’ambasciatore palestinese : “L’aggressione barbarica continua”.
L’Osservatore Permanente dello Stato di Palestina presso le Nazioni Unite a Ginevra, Ibrahim Khraishi, ha osservato che il rapporto fornisce il contesto storico del genocidio contro il popolo palestinese.

Ha affermato che Israele “continua la sua barbara aggressione” e rifiuta di rispettare la decisione della Corte internazionale di giustizia (ICJ), emessa a gennaio, di adottare misure provvisorie per prevenire il crimine di genocidio. Israele ha anche rifiutato di rispettare le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza, inclusa quella adottata lunedì (25 marzo n.d.r.), ha aggiunto.

“E questo significa che tutte le raccomandazioni contenute nel rapporto del Relatore Speciale saranno attuate e che dovranno essere adottate misure pratiche per prevenire l’esportazione di armi, boicottare Israele commercialmente e politicamente e implementare meccanismi di responsabilità”, ha affermato.

Espansione degli insediamenti israeliani.
In parallelo, il vice Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Nada Al-Nashif, ha presentato un rapporto sugli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati nel periodo dal 1° novembre 2022 al 31 ottobre 2023.

“Il periodo in esame ha visto una drastica accelerazione, in particolare dopo il 7 ottobre 2023, delle tendenze di lunga data di discriminazione, oppressione e violenza contro i palestinesi che accompagnano l’occupazione israeliana e l’espansione degli insediamenti portando la Cisgiordania sull’orlo della catastrofe”, ha affermato.

Attualmente ci sono circa 700.000 coloni israeliani in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, che vivono in 300 insediamenti e avamposti, tutti illegali secondo il diritto umanitario internazionale.

Ampliamento degli insediamenti esistenti.
Secondo il rapporto dell’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, OHCHR, anche le dimensioni degli insediamenti israeliani esistenti sono aumentate notevolmente.

Durante il periodo di riferimento sono state avanzate o approvate circa 24.300 unità abitative all’interno degli insediamenti israeliani esistenti in Cisgiordania nell’Area C, il numero più alto mai registrato dall’inizio del monitoraggio nel 2017.

Il rapporto osserva che le politiche dell’attuale governo israeliano “sembrano allineate, in misura senza precedenti, con gli obiettivi del movimento dei coloni israeliani di espandere il controllo a lungo termine sulla Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, e di integrare stabilmente questo territorio occupato lo Stato di Israele”, ha detto la signora Al-Nashif.

Trasferimento di potere.
Durante il periodo in esame, Israele ha adottato misure per trasferire i poteri amministrativi relativi agli insediamenti e all’amministrazione del territorio dalle autorità militari agli uffici governativi israeliani, il cui obiettivo principale è fornire servizi all’interno dello Stato di Israele.

“Il rapporto solleva quindi serie preoccupazioni sul fatto che una serie di misure, compreso questo trasferimento di poteri ai funzionari civili israeliani, potrebbero facilitare l’annessione della Cisgiordania in violazione del diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite”, ha affermato.

“Drammatico aumento” della violenza.
C’è stato anche un drammatico aumento dell’intensità, della gravità e della regolarità della violenza dei coloni israeliani contro i palestinesi, accelerando il loro allontanamento dalle loro terre, in circostanze che potrebbero equivalere a un trasferimento forzato.

L’ONU ha registrato 835 episodi di violenza da parte dei coloni nei primi nove mesi del 2023, il numero più alto mai registrato. Tra il 7 e il 31 ottobre 2023, l’ONU ha registrato 203 attacchi di coloni contro palestinesi e ha monitorato l’uccisione di otto palestinesi da parte dei coloni, tutti con armi da fuoco.

Su 203 attacchi dei coloni, più di un terzo ha comportato minacce con armi da fuoco, comprese sparatorie. Inoltre, quasi la metà di tutti gli incidenti verificatisi tra il 7 e il 31 ottobre ha coinvolto le forze israeliane che scortavano o sostenevano attivamente i coloni israeliani durante gli attacchi.

Linee sfocate.
La signora Al-Nashif ha affermato che il confine tra la violenza dei coloni e la violenza dello Stato si è ulteriormente offuscato, inclusa la violenza con l’intento dichiarato di trasferire con la forza i palestinesi dalle loro terre. Ha riferito che nei casi monitorati dall’OHCHR, i coloni sono arrivati mascherati, armati e talvolta indossando le uniformi delle forze di sicurezza israeliane.

“Hanno distrutto le tende, i pannelli solari, le tubature dell’acqua e i serbatoi dei palestinesi, lanciando insulti e minacciando che, se i palestinesi non se ne fossero andati entro 24 ore, sarebbero stati uccisi”, ha detto.

Alla fine del periodo in esame, secondo quanto riferito, le forze di sicurezza israeliane avrebbero distribuito circa 8.000 armi alle cosiddette “squadre di difesa degli insediamenti” e ai “battaglioni di difesa regionale” in Cisgiordania, ha continuato.

“Dopo il 7 ottobre, l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha documentato casi di coloni che indossavano uniformi totali o parziali dell’esercito israeliano e portavano fucili militari, molestando e attaccando i palestinesi, compreso sparando contro di loro a bruciapelo”.

Sfratti e demolizioni.
Le autorità israeliane hanno inoltre continuato a eseguire ordini di sgombero e demolizione contro palestinesi sulla base di politiche, leggi e pratiche di pianificazione discriminatorie, anche sulla base del fatto che le proprietà non avevano permessi di costruzione.

Al-Nashif ha detto che Israele ha demolito 917 strutture di proprietà palestinese in Cisgiordania, di cui 210 a Gerusalemme Est, ancora una volta uno dei ritmi più veloci mai registrati. Di conseguenza, più di 1.000 palestinesi furono sfollati.

“È interessante notare che delle 210 demolizioni avvenute a Gerusalemme Est, 89 sono state autodemolizioni da parte dei proprietari per evitare di pagare multe da parte delle autorità israeliane. Ciò incarna l’ambiente coercitivo in cui vivono i palestinesi”, ha affermato.

Il rapporto sui diritti umani documenta anche il piano in corso da parte di Israele di raddoppiare entro il 2027 la popolazione di coloni nel Golan siriano, che è attualmente distribuito tra 35 diversi insediamenti.

Oltre all’espansione degli insediamenti, è stata approvata l’attività commerciale, che secondo lei potrebbe continuare a limitare l’accesso della popolazione siriana alla terra e all’acqua.

Traduzione per InfoPal di Chiara Parisi