Il comandante Unifil minaccia di reagire con la forza alle incursioni israeliane.

Libano – 20.10.2006
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Il comandante Unifil minaccia di reagire con la forza alle incursioni israeliane
 
 
“Potrebbe essere necessario cambiare le regole d’ingaggio. Le incursioni israeliane sono una chiara violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Queste azioni non sono accettabili. Ogni volta che accadono, noi riferiamo con urgenza al Segretario Generale dell’Onu protestando con veemenza, ma così non posso proteggere i miei uomini”.
 
il generale pellegrini decora un casco bluReazione a sorpresa. Il generale francese Alain Pellegrini, comandante dell’Unifil, il contingente dei caschi blu inviato dalle Nazioni Unite in Libano, incontrando la stampa al quartier generale dell’Onu a New York non usa mezzi termini per criticare le operazioni dell’aviazione israeliana nel Libano meridionale. Fino ad arrivare a paventare l’ipotesi di una reazione armata.
“Se la diplomazia non riesce a ottenere il rispetto delle regole, forse bisogna cominciare a pensare a soluzioni differenti, in Libano ci sono i missili antiaerei francesi, ma al momento non possiamo utilizzarli per proteggerci”, ha concluso il generale Pellegrini, con un’allusione neanche troppo velata alla possibilità di sparare contro i caccia israeliani. Il comandante dell’Unifil ha aggiunto che, rispetto alle accuse d’Israele, non esistono prove dirette del traffico di armi provenienti dalla Siria e dirette a Hezbollah come invece sostengono i servizi segreti di Tel Aviv.
“Siamo molto sorpresi dalle dichiarazioni di Pellegrini”, ha commentato Dan Gillerman, il rappresentante d’Israele alle Nazioni Unite, “lui più di ogni altro sa perché la forza Unifil è là. E non è certo per colpa d’Israele”.
 

un mezzo blindato della unifil tra le macerie del libano meridionaleLa tensione sale. Il 1 ottobre scorso, l’esercito israeliano ha completato il ritiro delle sue truppe dal sud del Libano. Eccezion fatta per il villaggio di Ghajar, che sorge a cavallo della frontiera ed è al centro di una contesa territoriale tra i due paesi. Il mancato ritiro ha suscitato le proteste del governo di Beirut e le dichiarazioni minacciose da parte del movimento Hezbollah. La scelta dei vertici militari d’Israele di mantenere il controllo del villaggio era stata il primo motivo di attrito con il comandante Unifil, ma il primo vero contrasto è avvenuto il 3 ottobre scorso, quando caccia israeliani hanno sorvolato a bassa quota, compiendo anche raid simulati, le località di Marjayoun e Nabatiyeh, la parte meridionale della valle della Bekaa e più a nord l’altopiano dell’Iqlim al Toufah,. L’aviazione israeliana, nella serata del giorno successivo, ha sorvolato a bassa quota la città di Baalbek, nel Libano orientale, roccaforte del movimento sciita Hezbollah. Il 15 ottobre, per fortuna senza provocare vittime, alcune granate esplodono vicino alla sede dell’Onu a Beirut. Forse un segnale lanciato ai caschi blu, una minaccia, che potrebbe essere interpretata come un richiamo all’azione contro le violazioni dell’aviazione israeliana. E questa sensazione viene confermata il 17 ottobre scorso,  quando l’anziano leader religioso sciita libanese Mohammad Hussein Fadlallah, punto di riferimento spirituale per i seguaci di Hezbollah, ha criticato per la prima volta in modo esplicito i caschi blu, accusandoli di voler ”proteggere Israele e non il Libano. Mentre il leader religioso tuona contro i raid aerei, Israele accusa d’inerzia l’Unifil rispetto al traffico d’armi dalla Siria. Questo dunque il clima nel quale è arrivata la conferenza stampa di Pellegrini, che con ogni probabilità è preoccupato che i suoi uomini comincino a trovare atteggiamenti ostili nella popolazione e nei miliziani di Hezbollah, e ha voluto con la sua dichiarazione prendere le distanze da Israele. La tensione però, fomentata dalle divisioni interne alla politica libanese, sale a vista d’occhio. 

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