Il terrorismo di stato israeliano è oggi il pericolo principale.


Riceviamo e pubblichiamo

Il terrorismo di stato israeliano è oggi il pericolo principale

comunicato della Rete dei Comunisti

La mattanza scatenata dalle forze armate israeliane con il bombardamento su Gaza è un brutto segnale per tutto lo scenario mondiale.

Gli effetti devastanti dei bombardamenti sull’area più densamente popolata del pianeta, con una popolazione palestinese già stremata da due anni di assedio ed embargo e i servizi ospedalieri ridotti a poca cosa, non poteva che provocare centinaia di morti e feriti esattamente come confermato da tutti i bollettini diffusi da Gaza.

Le autorità israeliane hanno preparato da tempo questo scenario amplificando oltre misura i lanci inefficaci dei missili palestinesi (che hanno paradossalmente provocato più vittime tra i palestinesi che tra gli israeliani) e mobilitando a tale scopo – come al solito – i loro apparati ideologici di stato (vedi l’intervista dello scrittore Amos Oz su Repubblica di sabato 27 dicembre). Le tesi  guerrafondaie degli “scrittori ” coincidono in larghissima parte con la versione fornita dall’amministrazione USA ancora una volta impegnata a coprire i crimini di guerra israeliani: la colpa di tutto sarebbe di Hamas che va eliminata manu militari distruggendone le infrastrutture e terrorizzando la popolazione palestinese che l’ha votata e sostenuta.

Lo scenario che si apre può andare in due direzioni:

1)      Lo stato di Israele ferma i bombardamenti appagato dall’alto numero di vittime inflitto ai palestinesi e avvia una campagna mediatica e diplomatica di copertura alla strage. Non a caso, il quotidiano Le Monde riferisce che il ministro Tzipi Livni ha convocato urgentemente i suoi consiglieri per preparare una “campagna di informazione internazionale per giustificare l’azione israeliana”. Le reazioni internazionali dei governi non andranno oltre le proteste di  prammatica e l’ennesimo crimine di guerra israeliano resterebbe ancora una volta impunito.

2)      I palestinesi e le altre forze antisioniste in Medio Oriente avviano una vasta campagna di ritorsione contro Israele dentro il suo territorio, nei punti di contatto tra palestinesi e israeliani (Cisgiordania e Gerusalemme inclusi), ma anche alla frontiera con il Libano. In questo caso l’escalation divamperebbe da Gaza a tutto il territorio riaprendo lo scenario di un conflitto ad alta intensità – ancora asimmetrico – ma con forze in campo superiori a quelle mobilitabili dai palestinesi di Gaza.

In entrambi i casi lo scenario mediorientale e le relazioni internazionali ne subirebbero pesantemente i contraccolpi. Nel primo caso l’impunità per Israele per la strage di palestinesi resterebbe un fattore ormai inaccettabile per gran parte di un mondo sempre meno disposto ad accettare discriminazioni nel trattamento tra i vari stati. Nel secondo caso il conflitto con Israele cesserebbe di essere solo un passaggio obbligato dell’affermazione dei diritti nazionali palestinesi.

Forse è arrivato il momento in cui l’intera umanità – in tutte le sue articolazioni – debba prendere coscienza che lo Stato di Israele è il problema e non la soluzione a sessanta anni di guerre in Medio Oriente e che l’esistenza, l’impunità, la legittimazione di uno stato con le caratteristiche con cui è stato edificato Israele nel cuore del Medio Oriente, inteso come risarcimento degli orrori subiti dagli ebrei in Europa, non è un fattore sul quale comunità internazionale può continuare a pensare ed agire con cinica normalità. Continuare a ignorare che la democratizzazione delle relazioni internazionali non può che contrastare il progetto del sionismo piuttosto che rendersi ad esso subalterna, è un salto di qualità che il XXI° Secolo deve cominciare a mettere in agenda.

La questione palestinese richiede oggi soluzioni più avanzate di quelle fino ad oggi ipotizzate o messe a disposizione da negoziati di pace senza credibilità né risultati. Se il perno di queste soluzioni rimane la centralità strategica di Israele così come è venuta determinandosi, non ci potrà mai essere nè pace nè giustizia nell’area. Rimane questo lo snodo politico strategico per una effettiva democratizzazione del Medio Oriente. La nuova strage di palestinese a Gaza chiama tutti a scelte più coraggiose e lungimiranti.

27 dicembre

La Rete dei Comunisti

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