In memoria di Deir Yassin

In occasione dell'anniversario di Deir Yassin

La figlia dimenticata dell'”olocausto

10 aprile 2010, h 09:13 (DesertPeace Editorial, Ethnic Cleansing, Genocide, History, Israel, Nakba, Oppression, Palestine, zionism)

Domenica sera [11 aprile, ndr], al tramonto, le sirene suoneranno in tutta Israele per commemorare l'inizio della Giornata in memoria dell'olocausto. Diverse cerimonie avranno quindi luogo lunedì [12 aprile, ndr] in varie città, la più importante a Yad Vashem, il parco commemorativo di Gerusalemme.

Venerdì [9 aprile, ndr] cadeva invece l'anniversario del massacro di Deir Yassin, l'inizio dell'“altro olocausto”, meglio noto come Nakba. Quel giorno, non c'è stata alcuna sirena a ricordare che la Nakba è “la figlia dimenticata dell'olocausto”. In Israele oggi [sabato 10 aprile, ndr] è proibito persino parlare dell'argomento, per assicurarsi che cada nel dimenticatoio. In questo saggio potrete leggere qualcosa sui Bambini di Deir Yassin. Un video è disponibile QUI.

Diamo una breve occhiata a che cos'è stata la Nakba…

“Credevamo sarebbe stata questione di settimane, finché non fossero finiti i combattimenti. Ovviamente, non ci è stato mai permesso di tornare a casa.”  Nina Saah, Washington, DC “My family’s farm of oranges, grapefruits and lemons, centuries old, was gone.” Darwish Addassi, Walnut Creek, California

Quelli di noi che nel 1948 furono costretti ad andarsene sono tormentati dal dolore della nostalgia. La mia casa a Gerusalemme ovest adesso si trova all'interno di un asilo israeliano”. Inea Bushnaq, New York, New York.

La gente di New Orleans si è svegliata una mattina circondata dalla devastazione completa ed è fuggita. La Nakba è stata il nostro uragano Katrina”, Abe Fawal, Birmingham, Alabama.

Sessantadue anni fa, più di 700.000 palestinesi persero le loro case e i loro averi, le loro fattorie e le loro attività commerciali, i loro villaggi e le loro città. Furono scacciati dalle milizie sioniste che cercavano di creare uno stato a maggioranza ebraica in Palestina e, più tardi, dall'esercito israeliano. Israele trasferì rapidamente gli ebrei nelle case palestinesi appena sgombrate. Nakba in arabo vuol dire “catastrofe”, e i palestinesi si riferiscono alla distruzione della loro società e all'occupazione delle loro terre natali con l'espressione “an-Nakba”, “La Catastrofe”.

Dieci fatti sulla Nakba 1. La Nakba è la causa alla radice del problema israelo-palestinese. Viene ricordata il 15 maggio, il giorno dopo la dichiarazione d'indipendenza dello stato d'Israele nel 1948.

2. Fu quest'evento traumatico a creare la crisi dei profughi palestinesi. Alla fine del 1948, due terzi della popolazione palestinese era in esilio. Si stima che più del 50% sia stato scacciato direttamente dagli attacchi militari. Altri sono fuggiti al diffondersi delle notizie dei massacri commessi dalle milizie sioniste nei villaggi palestinesi, come a Deir Yassin e Tantura.

3. I leader sionisti vedevano nei “trasferimenti” di persone un passo importante in direzione dell'istituzione d'Israele. I leader sionisti parlarono apertamente della necessità di utilizzare gli scontri militari per espellere il maggior numero possibile di palestinesi, prima che altri paesi arabi potessero giungere a difenderli. Il Piano Dalet delle milizie dell'Haganah era il progetto che avrebbe portato a una simile pulizia etnica. David Ben Gurion, il primo ad occupare la carica di primo ministro israeliano, affermò: “Dobbiamo usare il terrore, l'assassinio, l'intimidazione, la confisca delle terre e il taglio di tutti i servizi sociali per sgomberare la Galilea della sua popolazione araba”. (Leggi le parole degli altri leader israeliani riguardo ai trasferimenti)

4. Centinaia di villaggi e città palestinesi vennero distrutti. Le forze sioniste “svuotarono” più di 450 centri abitati dai palestinesi, la maggior parte dei quali venne anche distrutta.

5. Le proprietà dei palestinesi furono sottratte. Il governo israeliano appena insediato confiscò le terre e le altre proprietà dei profughi senza alcun rispetto dei diritti dei palestinesi o del loro desiderio di ritornare a casa.

Lo storico israeliano Tom Segev riporta: “Intere città e centinaia di villaggi rimasti vuoti vennero ripopolati con nuovi immigrati [ebrei] (…) Degli individui liberi – gli arabi – se n'erano andati in esilio ed erano diventati rifugiati senza patria; degli altri rifugiati senza patria – gli ebrei – presero il posto degli esiliati, e questo fu il primo gesto della loro nuova vita da individui liberi. Un gruppo [i palestinesi] aveva perso tutto ciò che possedeva, mentre l'altro [gli ebrei] aveva trovato tutto ciò che gli serviva – tavoli, sedie, armadi, barattoli, pentole, piatti, talvolta vestiti, album di foto, libri, radio, animali domestici…”

6. Alcuni palestinesi rimasero in quella che divenne Israele. Mentre la maggior parte dei palestinesi fu costretta a partire, alcuni rimasero nel neonato stato d'Israele. Ciononostante, pur essendo cittadini di quello stato, furono soggetti alla legge militare fino al 1966. Oggi, i cittadini palestinesi d'Israele comprendono quasi il 20% della popolazione. Hanno il diritto di votare e concorrere alle cariche pubbliche, ma più di 20 leggi israeliane privilegiano in modo esplicito gli ebrei rispetto ai non-ebrei. Quasi un quarto dei palestinesi d'Israele sono inoltre “sfollati interni”, non avendo la possibilità di tornare nelle case e terre sottratte loro nel 1948.

7. Ci sono ancora milioni di profughi palestinesi dispersi in tutto il mondo. Oggi, i profughi palestinesi registrati come tali presso le Nazioni Unite sono 4,4 milioni, e ne esiste almeno un altro milione che non rientra nelle cifre ufficiali. Perciò la maggioranza dei palestinesi nel mondo (circa 10 milioni) è formata da rifugiati.

8. I profughi hanno dei diritti riconosciuti a livello internazionale. Tutti i profughi godono del diritto internazionalmente riconosciuto di ritornare nelle aree da cui sono fuggiti o sono stati scacciati, di ricevere dei risarcimenti per i danni subiti e di riavere le loro proprietà, o in alternativa di essere risarciti per i beni perduti e ricevere sostegno per il re-insediamento volontario. Questi diritti sono stati esplicitamente riconosciuti nei recenti accordi di pace in Cambogia, Ruanda, Croazia, Bosnia Erzegovina, Guatemala, Irlanda del Nord, Kosovo, Sierra Leone, Burundi e Darfur, e confermati per i palestinesi dalla Risoluzione Onu 194 del 1948. Israele, tuttavia, non permette ai rifugiati di tornare in Palestina, anche se un ebreo proveniente da qualsiasi parte del mondo può stabilirsi in Israele.

9. Una giusta risoluzione dei diritti dei profughi è essenziale per una pace in Medio Oriente. La maggior parte dei palestinesi è convinta che i diritti dei profughi vadano rispettati in vista di una pace duratura tra israeliani e palestinesi. Secondo un sondaggio condotto nell'agosto 2007 dal Jerusalem media and communications center, quasi il 70% dei palestinesi è convinto che ai rifugiati dovrebbe essere permesso di tornare nelle “loro terre d'origine”.

10. La Nakba ha alcune implicazioni per gli Usa. La continua negazione dei diritti dei palestinesi da parte d'Israele – e il sostegno incondizionato finanziario e diplomatico fornito dagli Usa allo stato israeliano – fomenta il sentimento anti-americano negli altri paesi. Un  sondaggio del 2002 condotto da Zogby in otto paesi arabi mostra come “la percezione negativa degli Stati Uniti si basi sulle politiche di questi, non su un disgusto nei confronti dell'Occidente.” Lo stesso sondaggio mostra anche che “la questione palestinese è stata inclusa da molti arabi tra le questioni politiche che li influenzano più da vicino.” Una risoluzione del problema dei rifugiati palestinesi migliorerebbe senza dubbio l'immagine internazionale degli Usa: dimostrerebbe infatti che il governo Usa sostiene l'applicazione coerente della legge internazionale.

 

From

Un video che mostra gli orrori della Nakba……

 

Due anni fa, i media riportarono una dichiarazione dell'allora ministro degli Esteri Tzipi Livni, secondo la quale non ci potrà mai essere uno stato palestinese a meno che e finché le vittime non imparino a dimenticare la parola Nakba.

“I palestinesi festeggeranno il loro stato quando cancelleranno la parola Nakba dal loro lessico” dichiarò Livni, il cui padre, Eitan, morto nel 1991, ebbe un ruolo attivo nel mettere in atto la campagna genocida e terroristica culminata con la fondazione d'Israele.

L'anno scorso, Livni ebbe inoltre il coraggio di suggerire che la creazione di uno stato palestinese in alcune parti della Cisgiordania avrebbe dovuto rivolgersi ai cittadini arabi d'Israele.

http://desertpeace.wordpress.com/2010/04/10/the-forgotten-child-of-the-holocaust/


 

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