Intervista a Rima Hassan. La candidata della France Insoumise, convocata dalla polizia per ”apologia di terrorismo”

Intervista a Rima Hassan. La candidata della France Insoumise, convocata dalla polizia per” apologia di terrorismo”, denuncia “contro di me una manovra politica”.

InfoPal. Di Alessandro Barbieri. L’attivista franco-palestinese Rima Hassan, settima nella lista dei candidati della France Insoumise alle elezioni europee e quindi con buone possibilità di essere eletta eurodeputata, è stata convocata dalla polizia venerdì 19 aprile per “apologia di terrorismo”, che ha subito denunciato come “manovre puramente politiche”.

Rima Hassan è nata nel 1992 in un campo profughi in Siria. È arrivata in Francia all’età di 10 anni dove ha ottenuto l’asilo politico. Inizialmente avvocato specializzato in diritto internazionale, la franco-palestinese è conosciuta soprattutto negli ambienti dell’attivismo in favore dei rifugiati e dei migranti. 

Secondo la convocazione, rivelata dal quotidiano Le Monde, l’attivista di diritto internazionale e specialista di rifugiati sarà ascoltata il 30 aprile per i commenti fatti sui social network tra novembre e dicembre. La convocazione arriva dopo che giovedì scorso 18 aprile, il segretario della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon e la stessa Rima Hassan hanno ricevuto un’ordinanza prefettizia che vietava loro di partecipare a una conferenza prevista all’Università di Lille. Il dibattito era stato organizzato da un’associazione studentesca filo-palestinese. Il capo gruppo dei deputati di LFI Manuel Bompard ha dichiarato su France info che”Rima Hassan non è mai stata un’apologeta del terrorismo, ed è sorprendente e scandaloso attaccarla su questo terreno infamante”, denunciando una “deriva sempre più autoritaria”. “Credo che ci sia una volontà da parte del governo di criminalizzare l’opposizione” ha concluso.

Rima Hassan come commenta questa convocazione?

Sono molto, molto calma, perché non è un pubblico ministero francese che ha ritenuto che io abbia fatto commenti problematici, ma è una denuncia che è stata presentata, per di più rivendicata, da organizzazioni che sono state identificate come lobbisti filo-israeliani. E’ un chiaro tentativo di intimidire tutti coloro che si esprimono contro i massacri in corso a Gaza. Sono passati 6 mesi dai fatti che mi sono contestati. Una convocazione per apologia di terrorismo è una cosa piuttosto seria, di solito non ci vogliono 6 mesi per convocare qualcuno. Ma ora, siccome mi hanno candidata all’europarlamento, devono fermarmi in qualche modo. Oltre a essere presa di mira come voce palestinese, sono presa di mira soprattutto come figura politica. Per il momento, rispetteremo i tempi della procedura. Sono serena e combattiva nel denunciare l’agenda politica di queste organizzazioni.

Cosa risponde alla accuse che le sono mosse?

Sono tranquilla perché sento di non avere nulla da rimproverarmi, avendo sempre parlato in modo critico sia contro Hamas e il suo modus operandi terroristico sia contro Israele. A queste accuse diffamatorie rispondo affermando di volere semplicemente che tutti i palestinesi siano liberati da tutta questa oppressione. Mi sento ancora bisognosa della mia identità palestinese, proprio perché sono nata in un luogo che mi ha impedito di esserlo: un campo profughi, Neirab in Siria. Il tutto per la semplice ragione che Israele rifiuta e si oppone al diritto al ritorno dei palestinesi. Ritengo che in Palestina ci troviamo in un regime di apartheid. In Cisgiordania e a Gerusalemme Est, i palestinesi devono affrontare l’occupazione e la colonizzazione. In Israele sono trattati come cittadini di seconda classe. A Gaza sono sottoposti a un blocco. I rifugiati nei campi non hanno diritto al ritorno. Chiedo semplicemente che tutti i palestinesi, ovunque vivano, siano liberati da tutta questa oppressione, dal fiume Giordano al mare.  È fondamentale far sentire la propria voce sulla questione di Gaza, viste le violazioni del diritto umanitario e quanto affermato dalla Corte internazionale di giustizia. E se sarò eletta eurodeputata lavorerò perché la questione sia trattata al parlamento europeo.

Secondo lei sono intaccati i principi democratici?

Sì, vorrei cogliere l’occasione per esprimere la mia preoccupazione per il clima che grava sulle voci attiviste e politiche sulla questione palestinese. Voglio denunciare anche le pressioni politiche volte a compromettere la nostra libertà di espressione. Queste pressioni minacciano le nostre libertà e lo stato della nostra democrazia, e arrivano soprattutto nel contesto delle elezioni europee, un momento politico cruciale per il futuro del popolo francese.