Intervista con il portavoce dei CRP di Gaza: ‘Chi lancia razzi non fa parte della resistenza’.

Pubblichiamo qui di seguito l’intervista realizzata dal corrispondente di Infopal.it con il portavoce dei Comitati di Resistenza Popolare della Striscia di Gaza, Abu Mujahid.

Gaza – Infopal.

D.: A che punto è la tregua con Israele?

R.: "La tregua siglata con le autorità di occupazione israeliane e le fazioni palestinesi, raggiunta tramite la mediazione egiziana, è rispettata da tutti i gruppi della resistenza palestinese, mentre l’occupazione israeliana non ha mantenuto le promesse aprendo i passaggi e sciogliendo totalmente l’assedio imposto sulla Striscia di Gaza. Il governo di Tel Aviv giustifica la chiusura dei passaggi con scuse inventate, come il lancio dei missili dalla Striscia di Gaza contro le colonie israeliane. Ma questo non rappresenta la realtà: chi lancia i missili non fa parte della resistenza. Si tratta di una parte irresponsabile che lavora in base ad agende ‘particolari’ per danneggiare gli interessi del popolo palestinese".

D.: Come state gestendo la crisi?

R.: "Le fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza hanno concordato di formare una ‘cellula per la crisi’ formata dai vari gruppi per discutere le violazioni israeliane e per rispondere con una posizione unitaria. L’obiettivo della tregua era quello di togliere l’assedio contro il popolo palestinese – un popolo abbandonato da tutti gli stati del mondo -, per questo la resistenza ha deciso di accettare il cessate il fuoco e lo rispetterà se l’occupazione farà lo stesso. Ma se Israele prosegue con il suo assedio e le aggressioni, allora da noi dovrà aspettarsi il peggio: non rimarremo zitti a lungo davanti ai crimini israeliani".

D.: Il valico di Rafah continua a rimanere chiuso, con sporadiche aperture che consentono il passaggio a poche centinaia di persone. Che piani avete?

R.: "Abbiamo chiesto agli egiziani di aprirlo definitivamente, perché ci sono molti feriti e malati gravi che soffrono e a cui è impedito di uscire dalla Striscia per ricevere le cure necessarie all’estero. Inoltre, ci sono le persone bloccate – lavoratori e studenti in possesso di permessi di soggiorno in altri paesi, molti dei quali hanno perso il posto di lavoro o interrotti gli studi. Il popolo palestinese ha bisogno dell’apertura di questo passaggio, non per il divertimento, ma per esigenza vitale. E ciò deve essere fatto subito, perché non è legato alla questione del soldato israeliano sequestrato, Gilad Shalit. Le autorità di occupazione, fino a questo momento, non sembrano avere l’intenzione di portare avanti lo scambio di detenuti. La decisione israeliana di liberare il prigionero libanese Samir al-Qintar, insegna alla resistenza palestinese a mantenere ferme le proprie posizioni".

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