Intervista di InfoPal a Lourimi, an-Nahda

Di Angela Lano, Assisi.
La redazione di InfoPal ha rivolto alcune domande a Ajmi Lourimi, il rappresentante del movimento an-Nahda, presente al Forum sulle Primavere arabe, ad Assisi.
Durante le celebrazioni della Giornata di Gerusalemme, la scorsa settimana, un gruppo di salafiti ha aggredito un eroe della resistenza palestinese, Samir Kuntar, e ha boicottato un evento artistico sempre dedicato allo Yawm al-Quds, con la giustificazione che era organizzato da persone vicine all’Iran e al governo siriano. Cosa ne pensa lei e cosa fa il governo tunisino nei confronti di questi estremismi?

“Nel nostro Paese non abbiamo problemi tra sunniti e sciiti: questo è un problema importato dall’Oriente arabo. Dal momento che viviamo nello stesso spazio, quello che succede in Medio Oriente ha ripercussione su di noi e viceversa. Dopo la rivoluzione tutte le componenti della società tunisina, compresi i salafiti, hanno avuto il diritto di esprimersi.

“Come movimento an-Nahda al governo, li incoraggiamo a uscire dalla clandestinità, ma, allo stesso tempo, a rifiutare la violenza e a rispettare i diritti degli altri. Samir Kuntar non è stato attaccato come persona: essi hanno pensato che l’associazione che ha organizzato l’evento era legata all’Iran e alcuni membri sciiti. Per noi sono cittadini tunisini, anche se simpatizzano per l’Iran o Hezbollah, l’importante è che rispettino la legge. Gli aggressori sono stati denunciati e il ministero dell’interno ha aperto un’inchiesta. Infine sono stati arrestati.

“C’è poi il problema siriano, al centro del dibattito: l’associazione che ha organizzato l’evento ha difeso Assad e la sua politica e ciò ha provocato la reazione di chi sostiene che il regime siriano è criminale. Kuntar è considerato dai tunisini un grande militante e resistente, io stesso l’ho incontrato. E’ un simbolo e deve essere al di sopra di queste questioni politiche. Ha visitato il nostro paese per salutare la rivoluzione tunisina, per condividere con il nostro popolo il sentimento di fierezza e per appoggiare il processo di transizione.

“Nello stesso tempo ha un punto di vista su Siria, Libano e Palestina che ha voluto trasmettere al popolo e alla direzione di an-Nahda. L’abbiamo ricevuto come fratello e compagno di strada e l’incontro si è svolto in un clima di fraternità e intesa. Ci ha permesso di comprendere il punto di vista degli altri. Riteniamo che il problema siriano meriti d’essere dibattuto con franchezza e sincerità per trovare la soluzione e una via d’uscita alla crisi. La questione geo-politica e geo-strategica era al centro del dibattito, ma quella confessionale sciita-sunnita ha prevalso sul resto.

“I salafiti considerano lo sciismo un pericolo per l’unità nazionale e la sicurezza del Paese, ma ciò rappresenta un’esagerazione. La società tunisina è omogenea e la differenza di punti di vista e di ideologia non minaccia affatto l’unità, mentre la violenza è ben più grave del plurismo idologico e politico. Dobbiamo dunque essere uniti contro la violenza da qualunque parte provenga”.

Qual è il peso del salafismo in Tunisia?

“Non ci sono elementi esterni in Tunisia. I salafiti ricevono appoggio politico da parte di alcune associazione o personalità del Medio Oriente e del Golfo. Sono i media e le prediche degli ulema salafiti del Golfo a influenzare una parte della gioventù tunisina, perché nell’era di Ben Ali l’islamismo era escluso dalla vita politica e questo ha creato un vuoto che è stato riempito da un discorso religioso e ideologico che non si combina con la realtà tunisina. Durante il regime, non c’era rispetto per le libertà religiose e i discorsi religiosi erano poco credibili e a favore del potere politico. Erano parte della propaganda politica ufficiale, mentre le persone volevano sentire la verità e lo spirito della religione musulmana trasmessi da gente credibile.

“Quello che succede ora è il frutto di anni di regime di Ben Ali. Oggi c’è una libertà illimitata in Tunisia e quindi tanti gruppi, salafiti compresi, pensano di fare ciò che vogliono, anche imporre la loro visione e legge a detrimento degli altri.

“Il governo vuole prima di tutto garantire la libertà di tutti, dato che è una conquista della rivoluzione, e allo stesso tempo salvaguardare il Paese dall’anarchia. E vuole trovare un’equazione tra il rispetto della legge e la garanzia della libertà, per evitare, appunto, anarchia e dittatura. E’ molto difficile, soprattutto in una fase di transizione in un Paese appena uscito da un regime”.

Qual è la posizione delle donne nel nuovo governo?

“Penso che il problema della donna in Tunisia non sia legislativo, ma culturale e sociale: esso ha a che fare con la mentalità. Molte conquiste sono state realizzate a favore della donna e non sono un regalo di nessuno, ma un risultato della lotta della donna tunisina per essere uguale all’uomo e per preservare i suoi diritti. In Tunisia c’è sempre una volontà politica per preservare tali conquiste, ma nessuno può rimpiazzare la donna nella difesa dei propri diritti. Gli intellettuali tunisini devono combattere la mentalità che ritiene che la donna non sia uguale all’uomo o che lei sia la responsabile di problemi sociali come la disoccupazione. La partecipazione della donna alla vita politica ed economica è sostanziale. Possiamo dire che sia aumentata, ma non è ancora al livello delle aspirazioni delle donne. Quindi c’è molto lavoro da fare. Bisogna smettere di paragonare la situazione della donna tunisina con quella in altri Paesi arabi, perché questo può nascondere l’inefficienza e il cammino da compiere per arrivare a una situazione dove le conquiste delle donne non siano più minacciate da gruppi o partiti.

“La nuova costituzione in elaborazione insisterà con almeno tre articoli – il 21, 22, 28 – sull’uguaglianza delle possibilità tra uomo e donna, e sulla responsabilità dello Stato di garantire i diritti delle donne e di vietare tutte le forme di violenza contro di esse.

“Nell’ambito dell’assemblea costituente ci sono 49 donne – di cui 42 sono di an-Nahda. Come movimento abbiamo l’onore e l’onore di essere difensori e avvocati della donna tunisina che ha partecipato alla rivoluzione, e non solo dell’intellettuale ma anche di quella rurale che combatte ogni giorno per migliorare le condizioni di vita sue e della sua famiglia”.