Intervista di Infopal al direttore del Centro al-Mizan per i diritti umani: ‘Gaza, situazione devastante’.

Infopal – Gaza. Il nostro corrispondente ha intervistato Isam Younes, direttore del "Centro al-Mizan per i diritti umani" della Striscia di Gaza, chiedendogli di illustrare la situazione in cui si trova attualmente tutta l’area.

Ne emerge un quadro disastroso e allarmante sotto tutti i punti di vista: sociale e umanitario, politico ed economico, igienico-sanitario e ambientale. Oltre un anno di feroce assedio israeliano e internazionale hanno ridotto Gaza a un grande lager degno delle peggiori dittature della storia del Pianeta.

"La Striscia di Gaza è sull’orlo di una crisi umanitaria reale – ha spiegato Younes – a causa della limitazione di movimento, di rifornimenti di carburante e di merci, e della chiusura continua del valico di Rafah. Inoltre, in molte zone manca continuamente la corrente elettrica e ciò incide anche sulla situazione igienico – sanitaria e ambientale: le acque fognarie non depurate confluiscono nel mare e lo inquinano gravemente".

Ha poi aggiunto che "le attuali divisioni politiche palestinesi hanno delle conseguenze nefaste sui diritti umani e su tutta la questione palestinese: gli arresti politici praticati reciprocamente in Cisgiordania e Striscia di Gaza, le aggressioni contro le associazioni caritative sono chiare violazioni dei diritti umani. I tribunali a Gaza sono completamente fermi, perché i giudici non si presentano al lavoro. Questa situazione ha creato un vuoto giuridico, spingendo, per necessità, il governo di Hamas a colmarlo in maniera illegale".

Un’analoga situazione è in atto in Cisgiordania. Yunes ha spiegato che anche essa sta subendo un grave deterioramento dei diritti umani: "Gli arresti politici, eseguiti dalle forze di sicurezza dell’Anp contro membri di Hamas, sono all’ordine del giorno, congiuntamente alle invasioni delle associazioni, alla chiusura dei giornali, al controllo degli stipendi degli impiegati. Tutto ciò crea una situazione di illegalità".

Incidenti di Gaza. "Le associazioni per i diritti umani considerano quanto è accaduto nel quartiere al-Shujaiyah, durante la campagna di sicurezza effettuata dal governo di Gaza nelle settimane passate, un incidente molto pericoloso: ciò, già a partire dalle esplosioni sulla spiaggia, a luglio, che hanno provocato sei morti, tra cui una bambina, per poi concludersi negli arresti e nel conflitto tra la polizia governativa e il clan Hillis. Tutte queste violenze non possono essere giustificate: siamo di fronte a violazioni della legge che potevano essere evitate". E ha aggiunto: "Comunque, non si può accettare che le famiglie possiedano armi: ciò causa illegalità e insicurezza. In ogni caso, siamo testimoni del fatto che il governo Hamas ha sequestrato molte armi illegali, ma voglio aggiungere che esso avrebbe dovuto condurre indagini accurate sull’incidente della spiaggia di Gaza e illustrarne i risultati ai cittadini. Cosa che non ha fatto".

Il direttore del Centro al-Mizan ha poi invitato i due movimenti di Fatah e Hamas a "ritornare al tavolo del dialogo per uscire dalla crisi in cui vive la popolazione, i cui effetti incidono sui diritti umani, sull’unità geografica e politica. E’ necessario dare valore ai cittadini, alle leggi e alle libertà nei territori palestinesi".

Valico di Rafah. Younes ha parlato anche della chiusura del valico di Rafah e del divieto di transito per un milione e mezzo di gazesi: "La sua chiusura – ha sottolineato – trasforma la Striscia in una prigione a cielo aperto. Non sussistono motivi validi perché il passaggio – l’unico che collega la regione con il mondo esterno – rimanga invalicabile per malati, studenti, ecc.". Di tale devastante situazione, ha accusato "tutti", chiedendo di "non cedere al diktat israeliano che adotta la politica dell’assedio e delle punizione collettive per imporre le proprie condizioni al popolo palestinese".

Giornalisti nel mirino. Younes ha poi ricordato il coinvolgimento dell’esercito israeliano nella morte del fotoreporter della Reuters, Fadel Shannaha, ucciso da una bomba sganciata da un carrarmato israeliano al centro della Striscia, nell’aprile scorso.

Yunes ha aggiunto che le testimonianze raccolte dal suo Centro e le indagini svolte sul luogo dell’incidente dimostrano che "le forze di occupazione hanno preso di mira intenzionalmente il fotoreporter. L’esercito di Israele possiede mezzi avanzati di osservazione: quando una zona viene invasa, l’aviazione garantisce una copertura aerea che fornisce tutte le immagini ai carrarmati. Perciò è facile distinguere tra la telecamera di un fotoreporter televisivo e un’arma. Inoltre le foto dimostrano che sia la jeep sia Shannaha portavano la scritta ‘Press’, che era difficile non vedere. Ecco perché siamo certi che lo abbiamo colpito intenzionalmente".

Parlamentari e amministratori pubblici imprigionati da Israele. "L’obiettivo dell’occupazione israeliana – ha sottolineato il direttore di al-Mizan – è negare al Consiglio Legislativo palestinese la legalità. Questo obiettivo era chiaro dall’inizio, da quando Israele ha fatto arrestare il presidente del Consiglio, il dott. Aziz Dweik. Ciò significa voler controllare il destino e la scelta del popolo palestinese. Ciò che fa lo stato di occupazione israeliano è simile alle azioni delle bande che sequestrano le loro vittime. I deputati rapiti e imprigionati erano tutti stati eletti attraverso elezioni democratiche e monitorate a livello internazionale. Si tratta, dunque, di arresti politici".

Le trattative con Israele. "La scelta di trattare – ha spiegato Younes – è la causa di tutte le divergenze in atto. Siamo sempre stati contro l’accordo di Oslo, perché non si fonda sulla legalità internazionale. Se non c’è una base di giustizia non si potrà raggiungere una soluzione: un popolo che vive sotto occupazione deve prima acquistare la libertà".

La tregua. Younes ha affermato che le forze di occupazione hanno violato la tregua molte volte, sparando contro contadini e pescatori, ad esempio, e sequestrandone diversi. Inoltre, i valichi sono ancora chiusi e la merce che entra è molto poca. Le cose non sono cambiate dall’entrata in vigore della tregua tra l’occupazione israeliana e le fazioni palestinesi".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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