Senza giustizia, senza pace: l’ultimo atto di disumanità al posto di blocco israeliano di Qalandiya

Qalandiya – The Palestine Chronicle. Foto e testo di Tamar Fleishman. Mentre mi trovavo al posto di blocco militare israeliano di Qalandiya, ho visto arrivare un’ambulanza dalla Cisgiordania, con molte persone ammassate all’interno, a causa della cronica mancanza di veicoli in Cisgiordania.

I passeggeri erano due madri palestinesi con i loro due bambini piccoli, oltre ad un giovane appena operato alla gamba. Ahimè, l’intervento è stato un fallimento. Il suo piede era gonfio come un pallone ed è stato riportato di corsa in ospedale.

Insieme a diversi soccorritori, erano tutti diretti all’ospedale Maqassed, nella Gerusalemme Est occupata. A Qalandiya, tutti hanno dovuto sopportare la lunga attesa affinché un’altra ambulanza potesse prelevarli al posto di blocco.

Come scontato, l’attesa è stata molto lunga.

Tutte le strade, infatti, erano piene e le procedure per verificare l’identità dei pazienti e dei loro accompagnatori hanno richiesto un tempo irragionevole.

Questa è la sordida realtà che si vede ogni giorno proprio in questo posto: soldati israeliani, guardie di sicurezza e un sacco di armi.

Mentre i permessi dei figli erano tutti in regola, il giovane, con l’operazione mal riuscita, non aveva tutti i documenti necessari.

“Ma ho il mio permesso di transito [tasreeh]”, ha detto.

“Sì, ma non hai il tanseek, il documento di coordinamento”, ha risposto il soldato, dicendo che avrebbe dovuto attraversare il posto di blocco solo al cancello pedonale.

Chiaramente, l’uomo non poteva appoggiare il piede ferito. Questo non è sembrato importare ai soldati israeliani, che hanno fatto aspettare tutti i pazienti finché il documento non è stato rilasciato.

Dall’altra parte del checkpoint, un’ambulanza palestinese aspettava la sua controparte dalla Cisgiordania, bloccata nel traffico.

Quando finalmente è arrivata, ho visto il passeggero. Era un paziente cardiopatico inviato all’ospedale Maqassed per una procedura di cateterizzazione. È stato trasferito sull’altra ambulanza.

Ho augurato loro buona fortuna. Il paramedico palestinese mi ha detto: “Vorrei che tu fossi qui ogni volta che vengo a Qalandiya, perché la tua presenza rende le cose molto più agevoli”.

Entrambi abbiamo sorriso. Quella era l’unica forma di gentilezza umana in quel luogo oscuro e freddo.

Mentre me ne andavo, ho visto le decorazioni che le autorità israeliane hanno appeso per celebrare il nuovo anno. Ho riflettuto sul proverbio biblico che si riferisce ad “un anello d’oro nel muso di un maiale”. Ho sentito che era un paragone appropriato.

Sebbene abbia assistito e riportato numerose procedure a Qalandiya, credo ancora che sia mio dovere essere lì, diffondere la verità su questo luogo, pieno di leggi razziste, che non hanno nulla a che fare con la legge o la giustizia.