Smarriti nell’Occupazione: come Google Maps sta cancellando la Palestina

Da InvictaPalestina.org. Un nuovo rapporto descrive in dettaglio i modi in cui il processo di mappatura di Google Maps nei Territori Occupati serve gli interessi del governo israeliano, mentre contraddice il dichiarato impegno dell’azienda nei confronti dei diritti umani.

972mag.com. Di Henriette Chacar. Quando Tariq Asedih  pianifica il percorso dal suo villaggio vicino a Nablus a Ramallah, Google Maps “non riesce a trovare un itinerario” per il viaggio di 36 chilometri. Deve spostarsi nel vicino insediamento ebraico, e anche allora, le rotte disponibili  indirizzano Asedih verso strade che i Palestinesi non sono autorizzati a usare.

Non solo Google Maps non riconosce la Palestina (il browser naviga in un’area senza denominazione) – ma la sua intera esperienza da  utente ignora la realtà dell’occupazione. In tal modo, secondo un nuovo rapporto di 7amleh, il Centro Arabo per l’Avanzamento dei Social Media, Google sta violando il suo impegno nei confronti dei diritti umani internazionali. Google sostiene che la sua missione è  “organizzare le informazioni del mondo” e renderle “utili”, ma il rapporto ha rilevato che Google Maps promuove gli interessi del governo israeliano e serve principalmente i cittadini israeliani.

Nel 2012, Lo Stato di Palestina è stato riconosciuto da 138 membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) su 193, ma non è mai stato classificato come tale su Google Maps. Israele invece non solo  è identificato come Paese , ma Gerusalemme, che ha ottenuto lo status internazionale nella risoluzione 181 dell’UNGA  ma con uno status finale ancora da definire , è contrassegnata come sua capitale. Mentre esiste una definizione di  “West Bank”, gli insediamenti appaiono come se fossero situati all’interno di Israele.

Nel frattempo, i villaggi palestinesi non riconosciuti da Israele, sia nei Territori Occupati che all’interno della Green Line, sono o travisati o del tutto esclusi, mentre i nomi e le posizioni degli insediamenti israeliani sono chiaramente indicati. Anche le comunità ebraico-israeliane relativamente piccole appaiono sulla mappa, ma i villaggi palestinesi sono visibili solo quando la mappa viene intenzionalmente di molto ingrandita.

A differenza di altre città o villaggi, le comunità beduine del Negev, che esistevano prima della nascita di Israele, sono contrassegnate con la loro designazione tribale, piuttosto che con i nomi effettivi dei loro villaggi.

Considerando che questi villaggi sono sotto la costante minaccia di demolizione da parte delle autorità israeliane, la loro falsa rappresentazione o omissione dalla mappa diventa “un metodo per  rafforzare lo sradicamento di villaggi palestinesi non riconosciuti”, sostiene il rapporto.

Un colono israeliano usa il suo cellulare per scattare foto mentre Palestinesi, Israeliani e attivisti internazionali bloccano la Road 60 durante una giornata di manifestazioni coordinate con il blocco delle strade nei Territori Occupati . Ein Yabrud, Cisgiordania, 14 novembre2012. (foto: Keren Manor / Activestills.org)

Oltre alla mappatura distorta, Google dà la priorità ai cittadini israeliani quando propone i percorsi. La mappa ignora il sistema stradale separato presente in Israele-Palestina e le conseguenti restrizioni di movimento, come i checkpoint e i blocchi stradali, che colpiscono i Palestinesi. Ad esempio, per andare da Betlemme a Ramallah, tutte le rotte suggerite da Google Maps richiedono l’attraversamento dalla West Bank a Gerusalemme, per poi tornare nei Territori Occupati. Questo è possibile solo per le persone con ID israeliane o passaporti stranieri. È illegale per i Palestinesi accedere a strade esclusivamente israeliane, che di solito collegano gli insediamenti, e le conseguenze di ciò possono includere arresti, ritardi, detenzioni e confische di automobili.

Nel 2016, un bug rimosse le etichette “West Bank” e “Gaza Strip” da Google Maps, scatenando  un dibattito online e richiamando l’attenzione sul fatto che l’azienda  aveva escluso la Palestina dalle sue mappe fin da quando il servizio era stato lanciato nel 2005. Il Forum di Giornalisti Palestinesi rilasciò una dichiarazione, definendo l’omissione “un crimine” e chiedendo alla compagnia di annullare la sua decisione e di scusarsi con il popolo palestinese.

Si presume che le mappe siano rappresentazioni accurate del mondo fisico, ma il pregiudizio politico è inevitabile, anche nelle mappe che sono geograficamente oggettive, ha affermato il professor Izhak Schnell, che insegna geografia all’Università di Tel Aviv. Le mappe hanno un ruolo importante nello sviluppo della coscienza nazionale, ha aggiunto, e più cartografi ammettono che l’esistenza di standard internazionali non garantisce l’obiettività nella mappatura.

Secondo il professor Schnell, ci sono contemporaneamente due guerre cartografiche  in atto in Israele-Palestina: una tra Israele e i Palestinesi, e un’altra tra la sinistra e la destra politica all’interno di Israele. È probabile che le mappe palestinesi evidenzino l’espansione ebraica nel tempo, mentre le mappe israeliane stanno sempre più rappresentando Israele e i Territori Palestinesi Occupati come un’area contigua.

Dal 1997, l’emendamento Kyl-Bingaman (KBA) alla Legge di autorizzazione alla Difesa Nazionale degli Stati Uniti ha limitato l’accesso del pubblico alle immagini satellitari ad alta risoluzione di Israele-Palestina, citando le preoccupazioni di sicurezza nazionale israeliane. Questa limitazione non si applica al resto del Medio Oriente e del Nord Africa, dove tali immagini, disponibili su piattaforme come Google Earth, sono utilizzate per supportare il lavoro di archeologi, geografi e operatori umanitari. Sfocando deliberatamente le immagini aeree, il KBA “pone seri ostacoli, non solo per la conservazione del patrimonio culturale, ma anche nel tenere sotto controllo Israele  riguardo alle appropriazioni di terra, le demolizioni di case e le  attività di insediamento”, secondo un recente rapporto di Al-Shabaka.

Il rapporto di 7amleh suggerisce diverse raccomandazioni che consentirebbero a Google di tener fede alle sue responsabilità e di  rispettare le norme internazionali e gli standard sui diritti umani. Ad esempio, nei Territori Occupati Google dovrebbe contrassegnare chiaramente le aree A, B e C e identificare gli insediamenti israeliani illegali, in conformità con le Convenzioni di Ginevra. Dovrebbe rappresentare i villaggi palestinesi con lo stesso livello di dettagli che applica agli insediamenti israeliani.

Google dovrebbe rispettare la decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2012 e riconoscere la Palestina come un Paese, riconoscendo così anche lo status speciale di Gerusalemme senza dichiararla capitale esclusiva di un’entità o di un’altra. Nella pianificazione del percorso, l’applicazione delle mappe dovrebbe identificare e mostrare chiaramente tutte le restrizioni di movimento per i Palestinesi, distinguere quali strade sono disponibili solo per i cittadini israeliani e offrire percorsi alternativi per i Palestinesi.

Traduzione per InvictaPalestina.org di Grazia Parolari.

Fonte: https://972mag.com/mapping-occupation-how-google-erases-palestine-from-its-maps/138008/

(Foto di copertina: soldati israeliani ispezionano auto palestinesi al posto di blocco di Beit Furik, vicino a Nablus, in Cisgiordania, il 27 maggio 2015. Ahmad Al-Bazz / Activestills.org)