Think tank legato a Netanyahu promuove l’idea di una “opportunità unica” per una pulizia etnica di Gaza

Tel Aviv. Un think tank legato al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu promuove piani per la completa pulizia etnica di Gaza. L’Istituto Misgav per la sicurezza nazionale e la strategia sionista ha pubblicato un documento di posizione che sostiene il “trasferimento e la dislocazione definitivi dell’intera popolazione di Gaza”.

Il piano dettagliato, pubblicato originariamente in ebraico, è stato tradotto e condiviso da Mondoweiss. Il rapporto afferma di sfruttare la situazione attuale per realizzare l’obiettivo sionista, a lungo perseguito, di sfollare i palestinesi dalla terra della Palestina storica.

Il sottotitolo del rapporto rende chiara l’intenzione: “Esiste al momento un’opportunità unica e rara di evacuare l’intera Striscia di Gaza in coordinamento con il governo egiziano”.

Questo, si sostiene, si allinea strettamente con gli interessi geopolitici di attori chiave, tra cui Israele, Egitto, Stati Uniti e Arabia Saudita.

Il think tank ha spiegato che nel 2017 l’Egitto avrebbe avuto ben 10 milioni di unità abitative disponibili, di cui la metà già costruite e l’altra metà in varie fasi di sviluppo. In particolare, due delle più grandi città satellite del Cairo, “6 ottobre” e “Ramadan 10”, vantavano un gran numero di appartamenti completati ma non occupati, sia di proprietà governativa che privata, oltre a lotti liberi pronti per nuove costruzioni. Si stima che il surplus abitativo sia sufficiente per ospitare circa sei milioni di persone.

L’istituto ha anche condotto un’analisi dei costi: un trilocale medio di 95 metri quadrati, progettato per ospitare una famiglia media di Gaza di 5,14 persone, potrebbe essere acquistato in una delle due città egiziane per soli 19.000 dollari. Considerando che la popolazione della Striscia di Gaza è di circa in 2,2 milioni di persone, si stima che i fondi necessari per attuare questo ambizioso piano siano compresi tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari.

L’articolo prosegue affermando che l’iniezione di fondi così consistenti nell’economia egiziana fornirebbe un vantaggio significativo e immediato al presidente Abdel Fattah al-Sisi. Se confrontato con l’economia israeliana, l’investimento finanziario richiesto, anche nella parte alta della stima, rappresenta una somma relativamente modesta. La soluzione proposta, nonostante sia nell’ordine dei miliardi di dollari (potenzialmente tra i 20 e i 30 miliardi), offre un rimedio innovativo, economico e pratico per un problema di vecchia data, ha dichiarato l’organizzazione.

Secondo Mondoweiss, l’Istituto Misgav è diretto dall’ex-consigliere per la sicurezza nazionale di Netanyahu, Meir Ben Shabbat, che rimane influente negli ambienti della sicurezza israeliana.

Non sarebbe la prima volta che gli israeliani mettono sul tavolo la pulizia etnica come possibile soluzione per il “conflitto” dello Stato dell’Apartheid con i palestinesi. Analisti e politici israeliani hanno già avanzato proposte per quello che nella terminologia sionista viene definito “trasferimento” dei palestinesi. Durante la guerra del 2014 contro Gaza, Moshe Feiglin, del partito Likud, all’epoca vicepresidente della Knesset, avrebbe presentato pubblicamente una proposta in 7 punti per la pulizia etnica di Gaza. Ha ribadito questa posizione nel 2018.

In un recente programma sul canale televisivo israeliano Channel 14, gli israeliani hanno chiesto una strategia che ricordi il devastante bombardamento di Dresda della Seconda Guerra Mondiale, avvenuto nel febbraio 1945 e che costò la vita a circa 25 mila persone. Feiglin si è riferito al piano come a una “Dresda” a Gaza, esprimendo la necessità di una “tempesta di fuoco” che investa l’intera regione, con l’obiettivo di non lasciare “nemmeno una pietra su un’altra”. Ha sottolineato l’uso del “fuoco totale” e lo ha descritto come “la fine delle fini”.

(Fonte: MEMO e Mondoweiss).

Traduzione per InfoPal di F.H.L.