13° anniversario del massacro alla moschea di Ibrahim, a Hebron. 'Punite le vittime e non il carnefice'.

Hebron – Infopal

Ieri, giovedì 27 settembre, era il 13° anniversario del massacro alla moschea di Ibrahim, nella città di Hebron, a sud della Cisgiordania, commesso dal colono israeliano Baruch Goldstein.

Durante la preghiera dell’alba, tredici anni fa, Goldstein scaricò la sua mitragliatrice contro i musulmani riuniti a pregare, uccidendone a decine, bambini compresi, e ferendone centinaia. L’efferato massacro sollevò la rabbia dei palestinesi: scoppiarono scontri in diverse aree.

Il governo israeliano, come consuetudine, punì la vittima e non il colpevole. Sugli abitanti di Hebron vennero imposte restrizioni e ulteriori vessazioni. Ai coloni venne semplificato e facilitato l’accesso alla città e la moschea di Ibrahim venne divisa a metà, e venne data loro la parte più grande. Ai musulmani, veri proprietari della moschea, venne lasciata la parte più piccola e a condizioni di accesso difficili e complesse.

Oltre a queste misure contro i fedeli e la moschea, venne chiuso l’importante mercato centrale ortofrutticolo e cacciati via i commercianti e gli abitanti. Le vie che conducono alla moschee furono chiuse, compresa la via principale, Ash-Shalalah. La Città Vecchia di Hebron, parte integrante della storia arabo-islamica, è stata svuotata dei suoi abitanti palestinesi e quasi paralizzata dalle continue violazioni dell’esercito di occupazione e dei suoi coloni.

Un testimone oculare

Shaikh Hatem Qfesha, attualmentee deputato presso il Consiglio Legislativo, era uno dei musulmani in preghiera che si sono salvati dal massacro nella moschea di Ibrahim. Egli vide con i propri occhi che Goldstein "gioiva ad ammazzare i musulmani inginocchiati per la preghiera".

Qfesha parla dell’anniversario del massacro come del giorno più difficile della sua vita, e la cosa che lo sconvolge ancora è che Israele ha punito le vittime e non il carnefice.

Ma il massacro non si ferma…..

Il presidente della provincia di Hebron, Hussein al-Aaraj, afferma: "Nei ricordi,nella mente e nei cuori dei palestinesi, le scene terribili del massacro alla moschea di Ibrahim sono vive, fresche", e ha sottolineato che le "punizioni" inflitte agli abitanti hanno reso spettrale la Città Vecchia, popolata ora da alcuni coloni estremisti che seminano disordini e impediscono il ritorno alla normalità.

Il presidente della provincia al-Aaraj ha spiegato: "Stiamo lavorando per riportare la vita nelle strade e nei mercati della Città Vecchia. Il Consiglio dei ministri palestinese ha deciso di sostenere i proprietari dei negozi e delle attività commerciali. Sono stati promossi programmi umanitari e attività di volontariato portati avanti da associazioni private e pubbliche".

Da parte sua, il giudice supremo Shaikh Taisir at-Tamimi, spiega che il massacro è stato commesso con l’obiettivo di "ebraicizzazre la città di Hebron attraverso punizioni collettive contro le vittime, a partire dalla divisione della moschea di Ibrahim, la limitazione del numero di musulmani che possono entrare a pregare e l’orario stesso di entrata. Agli ebrei, invece, è stata data libertà totale. E’ in atto un piano per trasformare il santuario islamico in una sinagoga ebraica".

At-Tamimi ha sottolineato che tale pratica rappresenta "una violazione dei diritti palestinesi a svolgere liberamente le proprie preghiere, e una violazione dei luoghi di culto, protetti in tutte le religioni".

Il giudice supremo ha aggiunto: "Dal giorno del massacro sono aumentate le aggressione israeliane contro la moschea: il governo israeliano ha fatto installare cancelli di ferro elettronici agli ingressi e sta portando avanti operazioni che ne cancellano la fisionomia islamica. Durante il mese di Ramadan, inoltre, la moschea è chiusa ai musulmani".

 

 

 

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