Al Parlamento italiano nasce una lobby per la tutela degli interessi israeliani.

Attenzioni strategiche tra Italia e Israele

Di Matteo Mascia

L’attività delle società che si occupano di lobbying è in forte espansione anche nel nostro Paese. Certi commentatori salutano l’evento con grande favore forse perché contagiati dalla ormai pandemica ammirazione acritica per tutto quello che proviene dagli Stati Uniti. Il lobbying è un mezzo di rappresentanza politica di gruppi di potere capaci di organizzarsi per la difesa dei lori interessi, leciti o illeciti non fa nessuna differenza. I parlamentari dovrebbero rappresentare tutti i cittadini senza vincolo di mandato ma, nello scenario politico contemporaneo, questa può essere classificata solamente come una pia illusione. È noto a tutti che anche in Italia i veri poteri forti del Paese possano ottenere quello che più desiderano dal legislatore senza troppe difficoltà. Dopo le festività pasquali si è posta dunque la prima pietra per la costruzione di una rete di stampo lobbistico il cui unico scopo è quello di difendere gli interessi di Israele nel Belpaese. E’ stato inaugurato infatti il Knesset Christain Allies Caucus, il Comitato dei sostenitori di Israele all’interno del Parlamento italiano. L’organismo – indicato con l’acronimo di Kcac – è stato presentato mercoledì 7 aprile nella sala atti parlamentari della biblioteca del Senato, al termine di un incontro promosso dal segretario di presidenza di Palazzo Madama Lucio Malan al quale ha partecipato la delegazione del Knesset Christian Allies Caucus, guidata dal presidente David Rotem e composta dal direttore Josh Reinstein, da Orit Noked, vice ministro per l’Industria Commercio e Occupazione e dal rabbino Benny Elon, presidente della International Israel Allies Caucus Fundation. Ha preso parte ai lavori l’ambasciatore d’Israele in Italia, Gideon Meir. Costituitasi all’interno della Knesset nel 2004, il Knesset Christian Allies Caucus conta 17 deputati israeliani appartenenti a 5 differenti gruppi parlamentari. Attualmente l’organismo è presente con proprie sezioni in 13 Paesi e all’interno delle istituzioni dell’Unione europea. L’obiettivo del Christian Allies Caucus è quello di costruire linee dirette di comunicazione tra i componenti della Knesset e esponenti politici cristiani in tutto il mondo, allo scopo di sviluppare le relazioni giudaico-cristiane sulla base dei valori comuni e a sostegno dello Stato di Israele, luogo d’origine sia dell’Ebraismo, sia del Cristianesimo. Questa almeno è la mission da propagandare negli incontri con la stampa internazionale. Per gli animatori del gruppo è poi innegabile che “un sempre maggior numero di cristiani comprendano di avere un forte legame con Israele grazie alla lettura della Bibbia”. Oggi però il fil rouge non è da rintracciare nel credo religioso ma piuttosto negli interessi economici che intercorrono tra Tel Aviv e la maggior parte dei paesi del cosiddetto blocco occidentale. Un settore in cui la nuova associazione di parlamentari potrebbe favorire le convergenze è sicuramente quello del commercio di armi. L’Aeronautica militare italiana ha infatti in dotazione alcuni sistemi d’arma di costruzione israeliana, un equipaggiamento che in un futuro prossimo potrebbe crescere in nome della rinsaldata “amicizia”.
Sono anche gli italiani però a fare affari d’oro con l’esercito della stella di David. Se non ci fosse il conflitto arabo-israeliano tutte le aziende produttrici di armi – situate soprattutto nella zona di Brescia – dovrebbero fare fronte ad una decisa diminuzione della domanda. Dalla prossima settimana il Parlamento italiano potrebbe far finta di non sapere cosa succede in Israele, magari ci dovremo anche abituare a manifestazioni di apprezzamento per l’operato del Mossad in giro per il globo. Considerata la molto probabile adesione di rappresentanti dell’opposizione, non è un’ipotesi così fantasiosa.

08 Aprile 2010)

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=1469

 

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