Con la Cisgiordania in tumulto, l’incertezza sulla leadership palestinese si intensifica

Con la Cisgiordania in tumulto, l’incertezza sulla leadership palestinese si intensifica

Cisgiordania – MEMO. Secondo quanto riportato da Reuters, con la Cisgiordania occupata da Israele nuovamente in tumulto dopo gli ultimi bagni di sangue di questa settimana, l’incertezza si è approfondita sulla posizione del presidente palestinese di 87 anni, Mahmoud Abbas, ed una pace negoziata sembra ancora più improbabile.

Uno scontro a fuoco, lunedì, nel quale sette palestinesi sono stati uccisi e oltre 90 feriti, seguito, il giorno successivo, dall’uccisione di quattro israeliani e da un’invasione di coloni israeliani attraverso le città palestinesi, ha ancora una volta evidenziato l’instabilità della Cisgiordania.

Ha anche messo in evidenza la debolezza dell’Autorità Palestinese (ANP) di fronte alle centinaia di combattenti della resistenza palestinese in città critiche come Jenin e Nablus e all’espansione delle colonie israeliane che offuscano ulteriormente i sogni palestinesi di uno stato sulla terra che Israele ha occupato nella guerra del 1967.

Creata 30 anni fa come parte degli accordi di pace provvisori con Israele, ai quali Abbas ha contribuito, l’ANP ha visto diminuire la sua popolarità a causa delle accuse di corruzione e incompetenza e di accordi diffusamente odiati di cooperazione nella sicurezza con Israele.

Un discorso confuso alle Nazioni Unite, il mese scorso, ha generato una serie di meme sarcastiche su TikTok, dopo che Abbas ha ripetutamente chiesto al mondo di “Proteggerci!”

Il tema è tornato sui social media questa settimana quando l’ANP, che esercita un’autonomia limitata, si è dimostrata impotente mentre i coloni ebrei attaccavano le città palestinesi.

Conosciuto come Abu Mazen, Abbas ha sfidato le ripetute profezie sulla fine dei suoi due decenni al potere e ha rifiutato le crescenti richieste di dimissioni, anche se le prospettive di una pace duratura sembrano più lontane che mai.

Fumatore accanito che ha superato numerosi problemi di salute, ha assunto la carica di presidente palestinese quasi due decenni fa, dopo la morte di Yasser Arafat, l’iconico fondatore dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), e la sua partenza potrebbe scatenare una ristrutturazione di tutto il sistema politico palestinese.

Abbas, che unisce le posizioni di presidente dell’OLP e capo della sua fazione politica dominante, Fatah, non ha nominato un erede ed è rimasto al potere anche se il suo mandato è ufficialmente scaduto nel 2009.

Pressioni per dimettersi.

Quasi l’80% dei palestinesi vuole che lui si dimetta, secondo un sondaggio del Palestinian Centre for Policy and Survey Research, e con potenze internazionali, compresi gli Stati Uniti, che chiedono la ripresa dei negoziati di pace con Israele, bloccati dal 2014, la pressione è aumentata costantemente.

Negli ultimi mesi, le discussioni su ciò che seguirà ad Abbas sono state “più forti che mai”, ha detto un alto funzionario di Fatah che ha parlato in forma anonima, a causa della sensibilità della questione all’interno del partito.

Un’ampia gamma di leader di Fatah si sta contendendo le posizioni da mesi, in manovre dietro le quinte, rese più complicate dal fatto che non si tengono elezioni dal 2006 e non esiste un meccanismo chiaro per decidere la successione.

Tra i potenziali successori ci sono Hussein al-Sheikh, uno dei più stretti alleati di Abbas, o Marwan Barghouti, un leader dell’Intifada del 2000-2006 ed un eroe per molti palestinesi, imprigionato in Israele negli ultimi due decenni.

Molto dipenderà da ciò che Israele è disposta ad accettare, ma almeno pubblicamente ha evitato di prendere posizione.

“Israele non può scegliere la leadership dei palestinesi”, ha dichiarato un alto funzionario del governo israeliano.

Scenario caotico.

Pubblicamente, almeno, i leader di Fatah tendono generalmente a minimizzare le speculazioni, ma riconoscono che un dibattito sulla leadership è in corso all’interno del partito.

“C’è molta esagerazione”, ha affermato Mahmoud al-Alul, il vice-presidente di Fatah e uno dei potenziali successori.

“Si stanno discutendo molte questioni, compresa la leadership”, ha spiegato. “Si sta discutendo ciò, ma non ci sono preoccupazioni, a differenza di quello che alcuni cercano di insinuare”, ha aggiunto in commenti fatti prima degli ultimi eventi in Cisgiordania.

Tuttavia, molti osservatori temono che la partenza di Abbas possa innescare un periodo anarchico, che potrebbe portare a una forma di guerra civile o, almeno, alla “cantonalizzazione” tra leader, con diversi centri di potere in Cisgiordania.

È anche possibile un’espansione di Hamas, acerrimo nemico di Israele, al di fuori della sua base a Gaza.

“Esistono due alternative negative: il caos e l’ascesa di Hamas al potere in Cisgiordania e entrambe devono essere prevenute”, ha dichiarato il portavoce militare israeliano Daniel Hagari.

Per Hamas stessa, la partenza di Abbas presenterà un’opportunità, che Israele e i suoi alleati internazionali sono determinati a bloccare, ha affermato Bassem Naim, un alto funzionario di Hamas a Gaza.

“Credo che sia l’ultimo in Fatah che può ancora controllare quell’organizzazione”, ha detto. “Tutti gli altri non hanno il potere, la storia, il carisma, le connessioni per controllare l’organizzazione e la Cisgiordania”.

Hamas governa la Striscia di Gaza sotto blocco israeliano dopo aver vinto le elezioni palestinesi del 2006 e aver sconfitto Fatah in una breve guerra civile nel 2007.

Hamas sta ora estendendo la sua influenza in Cisgiordania, mettendo sempre più in discussione il partito di Abbas nel suo territorio di origine. Da tempo sostiene la necessità di elezioni per scegliere un nuovo leader palestinese, sicura di vincere come nel 2006.

“Crediamo che l’unico modo per unire politicamente i palestinesi sia attraverso le elezioni”, ha detto Naim. “Altrimenti nessuno avrebbe piena legittimità per rappresentare i palestinesi”.

(Foto: Palestinesi armati prendono di mira un veicolo blindato israeliano con esplosivi improvvisati mentre i soldati israeliani si ritirano dall’area dopo aver fatto irruzione a Jenin, in Cisgiordania, il 19 giugno 2023 [Nedal Eshtayah – Anadolu Agency]).