È morto Kissinger, il guerrafondaio da Premio Nobel per la Pace

InfoPal. Di Lorenzo Poli. La notizia che, alla veneranda età di 100 anni, Henry Kissinger se ne sia andato è stato un sospiro per tutti coloro che da anni criticano la violenza sistematica della politica estera USA oltre che della loro politica internazionale. L’uomo che lanciò Kissinger nella politica governativa fu il miliardario Nelson Rockfeller, persona di potere e di grande prestigio, repubblicano e collaboratore del presidente Eisenhower. L’incontro fra i due avvenne nel 1955, nel corso di un seminario che Rockefeller aveva organizzato a New York con istituti di cultura e organismi governativi per esaminare vari problemi di politica internazionale. Rockefeller offrì a Kissinger di lavorare alla Fondazione Rockfeller con il titolo di direttore degli studi speciali.

Cominciò una proficua collaborazione con la presidenza Eisenhower e fu anche l’inizio dei suoi rapporti di consulenza, per la politica estera, con i successivi presidenti degli Stati Uniti, Kennedy e Johnson. «Ciò che mi interessa è quello che si può fare con il potere», fu l’affermazione di Henry Kissinger durante un’intervista rilasciata a Oriana Fallaci[1] nel 1972. Nonostante la carriera politica e diplomatica, mai abbandonò il suo campo di studi, ovvero lo studio di strategie in politica internazionale.

La morte di Henry Kissinger porta una nuova attenzione globale alla lunga scia di documenti segreti che registrano le sue deliberazioni politiche, le sue conversazioni e le sue direttive su molte iniziative per le quali è diventato famoso. Questa documentazione storica dimostra anche il lato più oscuro del controverso mandato di Kissinger: il suo ruolo nel rovesciamento della democrazia e nell’ascesa della dittatura in Cile; il disprezzo per i diritti umani e il sostegno a guerre sporche e persino genocide all’estero; le campagne segrete di bombardamento nel Sud-Est asiatico; e il coinvolgimento negli abusi criminali dell’amministrazione Nixon.

Al-Jazeera ha pubblicato recentemente un resoconto dei 10 conflitti che definiscono l’eredità macchiata di sangue di Henry Kissinger. Secondo il sito arabo, “Il maestro della fredda realpolitik ha lasciato un’eredità di distruzione che si sta ancora consumando in tutto il mondo”. Ecco di seguito le responsabilità guerrafondaie di Kissinger nei seguenti conflitti.

Guerra in Vietnam.

Kissinger vinse il premio Nobel per la pace per aver negoziato il cessate il fuoco in Vietnam nel 1973. Ma quella guerra sarebbe potuta finire quattro anni prima se non avesse favorito il piano di Nixon di “scimmiottare” i negoziati di pace del presidente Lyndon B. Johnson. Nel 1969, Nixon fu eletto presidente e Kissinger fu promosso al ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale. La prolungata guerra costò la vita a milioni di vietnamiti, cambogiani e laotiani. In sostanza Kissinger sostenne la guerra del Vietnam con un massacro senza precedenti.

Guerra in Cambogia e il genocidio dei Khmer rossi.

L’espansione della guerra da parte di Kissinger creò lo scenario per il genocidio dei Khmer Rossi in Cambogia, che presero il potere da un regime militare sostenuto dagli Stati Uniti e uccisero un quinto della popolazione – due milioni di persone. I cambogiani erano stati spinti nelle mani del movimento comunista dalla campagna di bombardamenti a tappeto di Kissinger e Nixon che uccisero centinaia di migliaia di persone. Ancora oggi, le persone in Cambogia muoiono a causa di ordigni americani inesplosi.

Sostegno al massacro dei civili in Bangladesh nel 1970.

Nel 1970, i nazionalisti bangladeshi di quello che allora era conosciuto come Pakistan orientale vinsero le elezioni. Temendo una perdita di controllo, il governo militare del Pakistan occidentale lanciò una repressione omicida. Kissinger e Nixon si schierarono con fermezza a favore del massacro, scegliendo di non avvertire i generali di frenare. Motivato dall’utilità del Pakistan come contrappeso alla Cina e all’India di orientamento sovietico, Kissinger non si commosse di fronte all’uccisione di 300.000 o 3 milioni di persone[2]. In una registrazione segreta, ha espresso il suo disprezzo per le persone che “sanguinano” per “i bangladeshi morenti”.

Sostegno al golpe fascista di Pinochet in Cile.

Nixon e Kissinger disapprovavano Salvador Allende, marxista, eletto democraticamente presidente del Cile nel 1970. Nei tre anni successivi, investirono milioni di dollari per fomentare un colpo di Stato. L’allora capo della CIA William Colby dichiarò in un’audizione segreta del 1974 della sottocommissione speciale sui servizi armati della Camera dei Rappresentanti che il governo statunitense aveva speso 11 milioni di dollari per “destabilizzare” il governo di Allende. Tra questi, 1,5 milioni di dollari che la CIA aveva versato al quotidiano El Mercurio di Santiago, che si opponeva ad Allende. Gli agenti della CIA strinsero anche legami con l’esercito cileno. Nel 1973, il generale Augusto Pinochet salì al potere con un colpo di stato militare. Durante i suoi 17 anni di governo, più di 3.000 persone furono fatte sparire o uccise e decine di migliaia di oppositori furono imprigionati. Come disse Kissinger a Nixon: “Non siamo stati noi. Voglio dire che li abbiamo aiutati”. Più di tre decenni dopo che Pinochet è stato costretto a lasciare il suo incarico, il Cile è ancora alle prese con l’eredità dell’ex dittatore favorita dagli Stati Uniti.

L’incoraggiamento alle violenze etniche a Cipro.

Sede di popolazioni greche e turche, Cipro è stata teatro di violenze etniche per tutti gli anni Sessanta. Nel 1974, dopo un colpo di Stato del governo militare greco, le truppe turche entrarono in scena. Kissinger incoraggiò di fatto una crisi tra i due alleati della NATO, consigliando al presidente Ford, appena insediato, di placare la Turchia. “La tattica turca è giusta: prendere ciò che vogliono e poi negoziare sulla base del possesso”, avrebbe detto. Insieme, il colpo di Stato greco e l’invasione turca provocarono migliaia di vittime.

Il sostegno al genocidio nel Timor Est, Indonesia.

Nel dicembre 1975, Kissinger diede il via libera all’invasione di Timor Est da parte del presidente indonesiano Suharto, ex colonia portoghese in via di indipendenza. Durante una visita a Giacarta, Kissinger e Ford dissero a Suharto, brutale dittatore e stretto alleato nella lotta contro il comunismo, che comprendevano le sue ragioni, consigliandogli di farla finita in fretta. Il giorno dopo, Suharto entrò in azione con il suo esercito equipaggiato dagli Stati Uniti, uccidendo 200.000 abitanti di Timor Est. L’invasione indonesiana e l’occupazione di 24 anni provocarono la morte di un numero di persone da 103.000 a 183.000.

Sostegno alla de-arabizzazione della Palestina.

Con lo scoppio della guerra d’ottobre del 1973, quando una coalizione di nazioni arabe guidate da Egitto e Siria attaccò Israele, Kissinger guidò la risposta dell’amministrazione Nixon. Egli si oppose ai tentativi del Pentagono di ritardare l’invio di armi a Israele, facendo passare in fretta e furia le armi[3] che aiutarono l’esercito israeliano a ribaltare le perdite iniziali e a raggiungere il Cairo a meno di 100 km (62 miglia). Ne seguì un cessate il fuoco. La sua diplomazia tra Egitto, altre nazioni arabe e Israele è spesso accreditata per aver spianato la strada alla firma degli accordi di Camp David nel 1978. A quel punto, Kissinger aveva lasciato l’incarico, ma nel 1981 spiegò che al centro della sua diplomazia in Medio Oriente c’era un semplice obiettivo politico: “isolare i palestinesi”[4] dai loro vicini e amici arabi.

Sostegno alla dittatura fascista del generale Jorge Rafael Videla in Argentina.

Non più in carica dopo che Jimmy Carter era succeduto a Ford come presidente nel 1976, Kissinger continuò ad appoggiare le politiche di genocidio, dando il suo sigillo di approvazione all’esercito neofascista argentino, che aveva rovesciato il governo della presidente Isabel Peron quello stesso anno. Il governo militare condusse una guerra sporca contro gli esponenti della sinistra, bollando i dissidenti come “terroristi”. Durante una visita in Argentina nel 1978, Kissinger adulò il dittatore Jorge Rafael Videla, lodandolo per i suoi sforzi nella lotta al “terrorismo”. Videla avrebbe supervisionato la scomparsa di fino a 30.000 oppositori, i famosi desaparecidos. Circa 10.000 persone morirono durante il governo militare, che durò fino al 1983. Nel 2001 il giudice argentino Rodolfo Corral emise nei suoi confronti un mandato di comparizione per la presunta complicità nell’Operazione Condor e dei suoi “gorilla”[5]. Nonostante quest’incriminazione e quella ricevuta dalla magistratura francese, ricevette altri incarichi nell’Amministrazione Bush.

Il sostegno al governo dell’apartheid razzista bianca in Sudafrica e alla repressione in Angola.

Per la maggior parte del tempo trascorso nelle amministrazioni Nixon e Ford, Kissinger non sembrò aver pensato molto all’Africa. Ma nel 1976, mentre il suo mandato volgeva al termine, visitò il Sudafrica, conferendo legittimità politica al governo dell’apartheid razzista poco dopo la Rivolta di Soweto, che vide scolari neri e altre persone uccise dalla polizia. Se da un lato costrinse il primo ministro della Rhodesia Ian Smith ad accettare un governo a maggioranza nera, dall’altro si avvicinò al governo sudafricano dell’apartheid razzista bianca nel sostegno ai ribelli dell’Unita che combattevano contro il Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola, di matrice marxista-leninista.

In seguito alla dissoluzione dell’Impero coloniale portoghese (1974), insieme a Ford, Kissinger appoggiò le forze politico-militari anticomuniste sia in Angola sia in Mozambico contro la loro indipendenza. Quella guerra durò 27 anni, una delle più lunghe e brutali del secolo scorso. Inoltre va ricordato che Kissinger, all’epoca, era tra  gli oppositori di Nelson Mandela.

Il sostegno al massacro di Tienanmen in Cina.

Kissinger viene spesso elogiato per aver mediato la distensione tra Stati Uniti e Cina. Dopo una prima visita a Pechino nel 1972, contribuì a ristabilire i legami diplomatici nel 1979. Il presidente cinese Xi Jinping lo ha descritto come un “vecchio amico”. Tuttavia, i manifestanti che si accamparono in Piazza Tienanmen nel 1989 lo ricordano con meno affetto. All’indomani del massacro – che causò la morte di un numero di persone compreso tra diverse centinaia e diverse migliaia – egli offrì un assaggio della fredda e dura realpolitik che caratterizzava il suo approccio alla diplomazia. La repressione, disse, era “inevitabile”. “Nessun governo al mondo avrebbe tollerato che la piazza principale della sua capitale fosse occupata per otto settimane da decine di migliaia di manifestanti”, dichiarò. “La Cina – disse – ha bisogno degli Stati Uniti e gli Stati Uniti hanno bisogno della Cina”.

Le complicità con l’assassinio di Aldo Moro in Italia.

C’è un’ombra inquietante legata alle vicende politiche dell’Italia della prima metà degli anni ’70 nella biografia dell’ex segretario di Stato Usa. Fu il portavoce di Moro, Corrado Guerzoni, a raccontarla in una testimonianza giurata durante il processo alle Brigate Rosse. Riguarda i rapporti di Kissinger con Aldo Moro, lo statista democristiano che sosteneva una politica inclusiva delle forze politiche socialiste e comuniste, perseguita di pari passo con l’allora segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer, fautore del ‘compromesso storico’ tra le forze popolari antifasciste, progetto politico propugnato guarda caso proprio dopo il golpe in Cile. Quando il 25 settembre 1974 in qualità di ministro degli Esteri si presentò a Kissinger avrebbe ricevuto un avvertimento perentorio: “Onorevole lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o lei smette di fare queste cose o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere”. Una minaccia che assunse un tono torbido dopo il sequestro e l’assassinio di Moro nel maggio 1978 da parte dei terroristi delle Brigate Rosse. Corrado Guerzoni, portavoce di Aldo Moro, spiegò che Kissinger sostenne che l’allargamento della maggioranza di governo italiana a tutti i partiti non era per gli USA una strada praticabile. Anche la moglie di Aldo Moro, Eleonora Chiavarelli, testimoniò in tribunale che l’assassinio del marito fece seguito a serie minacce di morte. Eleonora Moro ribadì la stessa frase attribuita a Kissinger nella testimonianza giurata di Guerzoni: “O tu cessi la tua linea politica oppure pagherai a caro prezzo per questo”. Kissinger ha sempre smentito questa versione dei fatti.

In tutto ciò, nel 2002 il presidente George Bush lo nominò presidente della commissione incaricata di chiarire gli eventi dell’11 settembre 2001: questo suscitò aspre critiche da parte di coloro che lo accusavano di crimini di guerra; Kissinger si dimise dalla commissione il 13 dicembre 2002. Come disse Oscar Wilde: “Certi uomini migliorano il mondo solo lasciandolo”.

Il National Security Archive ha raccolto un piccolo e selezionato dossier di documenti declassificati che documentano le deliberazioni, le operazioni e le politiche TOP SECRET durante il periodo di Kissinger alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato. I testi completi sono stati pubblicati nella serie Digital National Security Archive di ProQuest.


[1] S. Karnow, Storia della guerra del Vietnam, p. 396, Rizzoli, 1985

[2] https://www.aljazeera.com/opinions/2019/12/16/remembering-the-war-of-1971-in-east-pakistan

[3] https://www.inss.org.il/strategic_assessment/the-middle-east-according-to-kissinger/

[4] https://merip.org/1981/05/kissinger-memorandum-to-isolate-the-palestinians/

[5] https://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/northamerica/usa/7579042/Henry-Kissinger-cancelled-warning-against-political-assassinations.html